Donne musulmane, latinos, afroamericani. Sono già tanti i tweet raccolti nella pagina “Day 1 in Trump’s America” che denunciano aggressioni e intimidazioni ai danni delle cosiddette minoranze

Sono almeno un centinaio (finora) i tweet raccolti nella pagina twitter “Day 1 in Trump’s America” che denunciano aggressioni e intimidazioni ai danni delle cosiddette minoranze – musulmani (soprattutto donne), ispanici, afroamericani e omosessuali – giustificate dalla vittoria di Donald Trump, il difensore dei Wasp (White Anglo-Saxon Protestant) per eccellenza.

LE DONNE
Mentre The Donald faceva il suo primo ingresso alla Casa Bianca in compagnia del presidente uscente Barak Obama e le strade di molte città americane si riempivano di manifestazioni contro il nuovo presidente, alcuni elettori di Trump hanno infatti pensato di farsi giustizia da soli e di applicare le teorie razziste decantate durante la campagna elettorale dal nuovo presidente. Con attacchi a donne musulmane, innazitutto.

Uno dei primi post dice: «Avevo il velo in testa. Qualcuno mi è passato vicino sulla banchina alla stazione e mi ha detto: “Sei finita, ragazzina”» (di Mehereen Kasana). Mentre Sarah A. Harvard scrive: «Non sono passate nemmeno ventiquattro ore. La sorella di un mio amico, che è musulmana, è stata minacciata con un coltello da un sostenitore di Trump in un autobus che porta al campus UIUC».

Jannatin invece racconta con sgomento della madre (molto religiosa) che gli chiede di non portare il velo per strada: «Mia madre mi ha pregato “non metterti l’hijab, ti prego” e lei è la persona più religiosa della famiglia». Questo dunque sembrerebbe l’esordio di una parte di elettorato di Trump. Ragazze che hanno sempre portato il velo si presentano in classe senza, per la prima volta nella vita, per paura di essere insultate o maltrattate per strada.

 

I LATINOS
Di ricevere insulti e minacce come quelle rivolte a giovani latinos, che scontano invece il “muro” immaginato da Trump che li dovrebbe confinare per sempre dall’altra parte. «Qualcuno nelle strade di Los Angeles ha appena gridato a una delle mie colleghe latinoamericane “tornatene da dove sei venuta», scrive Alex Gale. Rio Oracion, giovane donna di origini messicane, racconta di essere stata aggredita da un uomo per strada con queste parole: «Non vedo l’ora che Trump ci chieda di stuprarvi tutte e vi rispedisca dietro a quel fottuto muro che stiamo per costruire. Tornatene nel tuo inferno».

Maria Sanchez pubblica poi due foto della sua stanza e le commenta: «Stamattina mi sono svegliata nella mia stanza e il mio cuore si è spaccato dal dolore», perché la sua compagna di stanza aveva costruito un “muro” di oggetti tra i loro letti e le ha lasciato un biglietto «Ciao Maria, Trump ha vinto quindi.. Questo è un piccolo anticipo del muro che sta per arrivare, Izzy». E ci auguriamo fosse uno scherzo.

 

GLI AFROAMERICANI
E poi un classico del razzismo americano: insulti e minacce rivolti agli afroamericani. Macchine imbrattate di scritte «Vaffanculo negro» firmato Trump, e revival degli slogan dell’apartheid nelle scuole: «Raccoglitore di cotone, tu sei un negro, Heil Hitler».

Una donna racconta di aver incontrato quattro uomini a una pompa di benzina e di aver ricevuto insulti e minacce da loro. Uno le avrebbe detto «Quanto sei spaventata, negra puttana? Dovrei ucciderti adesso, sei uno spreco d’aria». Mentre un altro, prima di andare via, avrebbe aggiunto: «Sei fortunata che ci siano le telecamere, altrimenti ti avrei uccisa adesso».

 

Mentre il nuovo presidente si affaccia alla Casa Bianca, tutti si chiedono come saranno i giorni due, tre e tutti quelli a venire. Quante delle promesse sbandierate in campagna elettorale si avvereranno – il muro con il Messico, l’abolizione dell’Obama Care e degli accordi sul clima, tra gli altri – e soprattutto si chiedono come si comporterà l’elettorato di Trump in futuro, visto lo spirito persecutorio del primo giorno, che ricorda lo stile del Ku Klux Klan.

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