«Come sarà il mondo quando vi sveglierete e - se rimane lo stesso mondo delle 5.19 - scoprirete che ha vinto Trump?». Ci ha svegliato così Misha Iaccarino, nostra inviata nel mondo. E noi ci siamo svegliati e siamo corsi in redazione. È l’alba di mercoledì mattina e ieri sera abbiamo sbagliato la copertina. Il volto scelto era quello di Hillary Clinton e il senso era che aveva vinto “la meno peggio”. L’editoriale rifletteva sulla volta che abbiamo cominciato ad accontentarci del “meno peggio” e in uno dei passaggi diceva: «L’errore, quello che ha fatto la sinistra, è stato quello di cedere la prima volta - ormai troppo tempo fa - alla logica del meno peggio. Non ne è più uscita... e noi, elettori di sinistra, a furia di turarci il naso non respiriamo nemmeno più. Sopravviviamo. E invece dobbiamo trovare “il tempo per vivere”, come ci ha detto Pepe Mujica, “il nostro presidente del mondo”. Così, il progetto di una società giusta ha ceduto il passo al Tina (there is no alternative). Anche perché l’alternativa al nostro meglio era lo spauracchio del tanto peggio (qui da noi Berlusconi il tanto peggio e Prodi il meglio)... Abbiamo cominciato ad allearci tatticamente “contro” e non “per”, i nostri obiettivi si allontanavano mentre gli schieramenti opposti si avvicinavano. E abbiamo finito per perdere di vista che lo scopo non era governare l’esistente ma trasformarlo, che il modo in cui si fanno le cose è parte integrante del risultato che si vuole conseguire». E poi continuava: «Allora, di fronte a questo voto americano abbiamo pochi punti fermi da cui partire. Intanto, Trump ha riempito pericolosamente un vuoto politico di cui sono responsabili tanto i democratici ora ricompattati, quanto i repubblicati ormai ridotti a brandelli. In secondo luogo, Clinton ha tratto vantaggio dall’appoggio di Sanders e Warren ma la sua prospettiva non è quella di un cambiamento radicale. Aver lottato contro la povertà o essere sensibile al tema dei mutamenti climatici la rende migliore di Trump ma non colma le distanze con quello che per noi vuol dire essere sinistra». Ora, mentre scriviamo con gli occhi stanchi dalla redazione semivuota, possiamo solo aggiungere che nessun appoggio è bastato a Hillary. Che se il voto è contro il sistema e tu ne sei parte non c’è sinistra che ti possa miracolare. Non c’è il rifiuto per quel sistema. Non si sentiva e questo è il risultato. Michael Walzer dice «la nostalgia vale per tutti». Cosa intenda Trump per “far tornare grande l’America” lo capiremo nel tempo, ma gli Americani di quello che a noi appare un incubo, hanno fatto il loro sogno più forte. L’editoriale della copertina sbagliata che pensava alla vittoria di Hyllary “la meno peggio” finiva così: «A proposito di dinastie, neanche l’ipotesi provocatoria e romantica di Michelle Obama come futura presidente mi convince. Vorrei piuttosto una ragazza - o un ragazzo - che dalla periferia dell’impero abbia l’opportunità di prendere le redini del comando per le sue capacità e non per le sue buone relazioni. Magari grazie a un eterogeneo, vivace e innovativo movimento di cui è espressione. È chiedere toppo? Penso che noi abbiamo il diritto di chiedere il meglio, non il meno peggio. Anche perché, come abbiamo visto e pagato a caro prezzo, al meno peggio non c’è mai fine». Possiamo solo aggiungere, dopo questa nottataccia, che a forza di meno peggio si arriva al Peggiore. è inevitabile. La Storia lo insegna e noi lo abbiamo scritto tante volte. Occorre saper rifiutare il peggio e il meno peggio. E occorre indubbiamente cominciare a “chiedere troppo” e a “pretendere” il meglio. Senza paura. Un cambiamento radicale. «Vorrei piuttosto una ragazza che dalla periferia dell’impero...». [su_divider text="In edicola" style="dotted" divider_color="#d3cfcf"]

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«Come sarà il mondo quando vi sveglierete e – se rimane lo stesso mondo delle 5.19 – scoprirete che ha vinto Trump?». Ci ha svegliato così Misha Iaccarino, nostra inviata nel mondo. E noi ci siamo svegliati e siamo corsi in redazione. È l’alba di mercoledì mattina e ieri sera abbiamo sbagliato la copertina. Il volto scelto era quello di Hillary Clinton e il senso era che aveva vinto “la meno peggio”.

L’editoriale rifletteva sulla volta che abbiamo cominciato ad accontentarci del “meno peggio” e in uno dei passaggi diceva: «L’errore, quello che ha fatto la sinistra, è stato quello di cedere la prima volta – ormai troppo tempo fa – alla logica del meno peggio. Non ne è più uscita… e noi, elettori di sinistra, a furia di turarci il naso non respiriamo nemmeno più. Sopravviviamo. E invece dobbiamo trovare “il tempo per vivere”, come ci ha detto Pepe Mujica, “il nostro presidente del mondo”. Così, il progetto di una società giusta ha ceduto il passo al Tina (there is no alternative). Anche perché l’alternativa al nostro meglio era lo spauracchio del tanto peggio (qui da noi Berlusconi il tanto peggio e Prodi il meglio)… Abbiamo cominciato ad allearci tatticamente “contro” e non “per”, i nostri obiettivi si allontanavano mentre gli schieramenti opposti si avvicinavano. E abbiamo finito per perdere di vista che lo scopo non era governare l’esistente ma trasformarlo, che il modo in cui si fanno le cose è parte integrante del risultato che si vuole conseguire».

E poi continuava: «Allora, di fronte a questo voto americano abbiamo pochi punti fermi da cui partire. Intanto, Trump ha riempito pericolosamente un vuoto politico di cui sono responsabili tanto i democratici ora ricompattati, quanto i repubblicati ormai ridotti a brandelli. In secondo luogo, Clinton ha tratto vantaggio dall’appoggio di Sanders e Warren ma la sua prospettiva non è quella di un cambiamento radicale. Aver lottato contro la povertà o essere sensibile al tema dei mutamenti climatici la rende migliore di Trump ma non colma le distanze con quello che per noi vuol dire essere sinistra».

Ora, mentre scriviamo con gli occhi stanchi dalla redazione semivuota, possiamo solo aggiungere che nessun appoggio è bastato a Hillary. Che se il voto è contro il sistema e tu ne sei parte non c’è sinistra che ti possa miracolare. Non c’è il rifiuto per quel sistema. Non si sentiva e questo è il risultato. Michael Walzer dice «la nostalgia vale per tutti». Cosa intenda Trump per “far tornare grande l’America” lo capiremo nel tempo, ma gli Americani di quello che a noi appare un incubo, hanno fatto il loro sogno più forte. L’editoriale della copertina sbagliata che pensava alla vittoria di Hyllary “la meno peggio” finiva così: «A proposito di dinastie, neanche l’ipotesi provocatoria e romantica di Michelle Obama come futura presidente mi convince. Vorrei piuttosto una ragazza – o un ragazzo – che dalla periferia dell’impero abbia l’opportunità di prendere le redini del comando per le sue capacità e non per le sue buone relazioni. Magari grazie a un eterogeneo, vivace e innovativo movimento di cui è espressione. È chiedere toppo? Penso che noi abbiamo il diritto di chiedere il meglio, non il meno peggio. Anche perché, come abbiamo visto e pagato a caro prezzo, al meno peggio non c’è mai fine».

Possiamo solo aggiungere, dopo questa nottataccia, che a forza di meno peggio si arriva al Peggiore. è inevitabile. La Storia lo insegna e noi lo abbiamo scritto tante volte. Occorre saper rifiutare il peggio e il meno peggio. E occorre indubbiamente cominciare a “chiedere troppo” e a “pretendere” il meglio. Senza paura. Un cambiamento radicale.
«Vorrei piuttosto una ragazza che dalla periferia dell’impero…».

Ne parliamo su Left in edicola dal 12 novembre

 

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