E adesso? Il tweet dell’ex ambasciatore americano a Mosca Micheal McFaul dopo la vittoria di Trump diceva questo: «c’è un solo grande perdente nel mondo oggi ed è l’Ucraina». È finita la corsa, ha vinto quello ha confuso in diretta i Kurds, i curdi, con i Quds, la guardia iraniana, e ora conoscerà i codici dell’arma nucleare. E adesso? E adesso se lo chiedevano da Tallin a Kiev, da Kiev ad Aleppo. L’America che Trump vuole great, again quale sarà nel resto del mondo? Insieme alla moneta messicana, durante le ore di sfoglio dei voti, anche la grivna crollava. Ora la domanda non è più se l’Ucraina entrerà nella Nato, ma piuttosto che Nato sarà. Se con Trump l’America smetterà di essere antirussa, non è detto che smetterà di esserlo il Congresso e il partito Repubblicano. Eppure Trump viene continuamente paragonato a quel Regan che vinse la campagna presidenziale con lo spot elettorale There is a bear in the wood, c’è un orso nel bosco. Quell’orso per gli americani col dito sempre sul grilletto del fucile, erano i sovietici. Ma adesso? Adesso è la prima volta che un Presidente americano va più d’accordo col Presidente dell’Impero che da sempre chiamano nemico, che con il suo predecessore afroamericano. Quindi adesso? Adesso chi sarà il nuovo nemico? Lo scenario inedito, di convergenze di interessi senza precedenti, che gli esperti non hanno mai dovuto interpretare né ipotizzare prima, è quello che potrebbe venire a crearsi se le scelte geopolitiche promesse dal tycoon dai capelli grano divenissero realtà. Il Financial Time lo chiama già il grand bargain, il grande affare, un grande accordo tra Washington e Mosca, tra Trump e Putin, perché l’America non farà più lo sceriffo del mondo, non sarà più lo scudo dell’arena europea, come ha detto il repubblicano dai palchi elettorali d’America. Europa, Nato: “non tutti meritano di essere difesi, e se devono esserlo, che paghino”, mentre la Russia: “Russia, se mi stai ascoltando, trova quelle email che ha cancellato Hillary”, “Russia, beh, non sarebbe carino sconfiggere l’IS con la Russia?”. Trump non marcerà contro Assad in Siria, non vuole il TTIP con l’Europa. L’uomo che ha dichiarato che “non è importante conoscere la differenza tra Hamas e Hezbollah” cosa farà in Ucraina, in Siria, in Europa, lo saprà lui e lo sapremo noi, solo dopo il 20 gennaio. È la prima volta nella storia che gli Imperi che hanno diviso il mondo e il Novecento potrebbero andare d’accordo. Il primo vuole chiudere l’America nella sua vecchia casa, il secondo chiama casa quella che chiama sé stessa nuova Europa. Potrebbe essere la fine, la fine della guerra fredda o entrambe. Era il 2009, non era l’Ucraina ma l’Ossezia, quando Hillary regalò al Ministro degli Esteri russo Lavrov il tasto reset, per far ripartire i rapporti Usa-Russia. C’era scritto senza cirillico, ma in caratteri latini perezagruska, reset ma anche overload. Tra il riavvio e il sovraccarico quale sfumatura è stata prediletta di quella parola-bottone negli ultimi anni si è visto con il fuoco delle due propagande incrociate. La politica delle sanzioni voluta soprattutto dagli Stati Uniti contro la Russia dopo l’annessione della Crimea è una grande incognita da svelare. Trump quest’estate ha detto che avrebbe riconosciuto la Crimea perché “da quello che ho sentito, vogliono stare con i russi piuttosto che con chi erano”. Era ormai mesi fa, quando Poroshenko stringeva la mano di Hillary, mentre lui la stringeva all’egiziano Abdel Fatah Al Sisi. È stato il terzo leader da cui ha ricevuto le congratulazioni a telefono ieri il miliardario, dopo la premier britannica May e l’israeliano Netanyahu. È stato Raul, da Cuba, a nome dei Castro, l’ultimo a fare degli auguri a denti stretti al neoeletto. Putin no, non ha ancora chiamato. Il Cremlino ha sentito le chiacchiere, ora ci sarà il vaglio dei fatti. Se nella Piazza Rossa della Capitale forse si esulta non è perché ha vinto Trump, ma perché ha perso Clinton. E adesso? Adesso anche lontano da quella Mosca, che disse Obama nel 2014, “era dal lato sbagliato della storia”, si stanno chiedendo ormai quale sia quello giusto.

E adesso? Il tweet dell’ex ambasciatore americano a Mosca Micheal McFaul dopo la vittoria di Trump diceva questo: «c’è un solo grande perdente nel mondo oggi ed è l’Ucraina». È finita la corsa, ha vinto quello ha confuso in diretta i Kurds, i curdi, con i Quds, la guardia iraniana, e ora conoscerà i codici dell’arma nucleare. E adesso? E adesso se lo chiedevano da Tallin a Kiev, da Kiev ad Aleppo. L’America che Trump vuole great, again quale sarà nel resto del mondo? Insieme alla moneta messicana, durante le ore di sfoglio dei voti, anche la grivna crollava. Ora la domanda non è più se l’Ucraina entrerà nella Nato, ma piuttosto che Nato sarà.

Se con Trump l’America smetterà di essere antirussa, non è detto che smetterà di esserlo il Congresso e il partito Repubblicano. Eppure Trump viene continuamente paragonato a quel Regan che vinse la campagna presidenziale con lo spot elettorale There is a bear in the wood, c’è un orso nel bosco. Quell’orso per gli americani col dito sempre sul grilletto del fucile, erano i sovietici. Ma adesso? Adesso è la prima volta che un Presidente americano va più d’accordo col Presidente dell’Impero che da sempre chiamano nemico, che con il suo predecessore afroamericano. Quindi adesso? Adesso chi sarà il nuovo nemico?

Lo scenario inedito, di convergenze di interessi senza precedenti, che gli esperti non hanno mai dovuto interpretare né ipotizzare prima, è quello che potrebbe venire a crearsi se le scelte geopolitiche promesse dal tycoon dai capelli grano divenissero realtà. Il Financial Time lo chiama già il grand bargain, il grande affare, un grande accordo tra Washington e Mosca, tra Trump e Putin, perché l’America non farà più lo sceriffo del mondo, non sarà più lo scudo dell’arena europea, come ha detto il repubblicano dai palchi elettorali d’America. Europa, Nato: “non tutti meritano di essere difesi, e se devono esserlo, che paghino”, mentre la Russia: “Russia, se mi stai ascoltando, trova quelle email che ha cancellato Hillary”, “Russia, beh, non sarebbe carino sconfiggere l’IS con la Russia?”.

Trump non marcerà contro Assad in Siria, non vuole il TTIP con l’Europa. L’uomo che ha dichiarato che “non è importante conoscere la differenza tra Hamas e Hezbollah” cosa farà in Ucraina, in Siria, in Europa, lo saprà lui e lo sapremo noi, solo dopo il 20 gennaio. È la prima volta nella storia che gli Imperi che hanno diviso il mondo e il Novecento potrebbero andare d’accordo. Il primo vuole chiudere l’America nella sua vecchia casa, il secondo chiama casa quella che chiama sé stessa nuova Europa. Potrebbe essere la fine, la fine della guerra fredda o entrambe.

Era il 2009, non era l’Ucraina ma l’Ossezia, quando Hillary regalò al Ministro degli Esteri russo Lavrov il tasto reset, per far ripartire i rapporti Usa-Russia. C’era scritto senza cirillico, ma in caratteri latini perezagruska, reset ma anche overload. Tra il riavvio e il sovraccarico quale sfumatura è stata prediletta di quella parola-bottone negli ultimi anni si è visto con il fuoco delle due propagande incrociate.

La politica delle sanzioni voluta soprattutto dagli Stati Uniti contro la Russia dopo l’annessione della Crimea è una grande incognita da svelare. Trump quest’estate ha detto che avrebbe riconosciuto la Crimea perché “da quello che ho sentito, vogliono stare con i russi piuttosto che con chi erano”. Era ormai mesi fa, quando Poroshenko stringeva la mano di Hillary, mentre lui la stringeva all’egiziano Abdel Fatah Al Sisi. È stato il terzo leader da cui ha ricevuto le congratulazioni a telefono ieri il miliardario, dopo la premier britannica May e l’israeliano Netanyahu. È stato Raul, da Cuba, a nome dei Castro, l’ultimo a fare degli auguri a denti stretti al neoeletto. Putin no, non ha ancora chiamato. Il Cremlino ha sentito le chiacchiere, ora ci sarà il vaglio dei fatti. Se nella Piazza Rossa della Capitale forse si esulta non è perché ha vinto Trump, ma perché ha perso Clinton.
E adesso? Adesso anche lontano da quella Mosca, che disse Obama nel 2014, “era dal lato sbagliato della storia”, si stanno chiedendo ormai quale sia quello giusto.