Mercoledì 15 novembre, il premio Nobel all’economia, Joseph Stiglitz, e Mark Pieth, esperto svizzero in anti-corruzione, presenteranno alla Commissione d’inchiesta sul caso “Panama Papers” del Parlamento europeo un rapporto sui paradisi fiscali globali.
Lo studio, che si intitola Overcoming the shadow economy (“Sconfiggere l’economia sommersa”, ndt.) è reperibile sul sito della Friedrich Ebert Stiftung e rappresenta una chiamata alle armi mondiale contro i paradisi fiscali.
Il documento ha un peso particolare visto che, proprio Stiglitz e Pieth, avevano lasciato la Commissione d’inchiesta istituita dallo stesso governo di Panama dopo lo scandalo, sbattendo la porta e accusando le istituzioni di non garantire un lavoro trasparente.
Le conclusioni dello studio ribadiscono innanzitutto che «esiste un consenso globale» secondo il quale «i paradisi fiscali favoriscono il crimine e producono livelli di disuguaglianza di ricchezza inaccettabili». Ma arrivano anche parole pesanti per gli Stati Uniti e per l’Unione europea: «Sebbene i leader delle economie statunitense ed europea abbiano gli strumenti adatti per obbligare i centri finanziari a rispettare le regole sulla trasparenza, non lo fanno. Ciò testimonia il potere degli interessi di coloro che guadagnano dalla segretezza delle transazioni finanziarie».
Stiglitz e Pieth sostengono che «serve un sistema di trasparenza globale. Gli Stati Uniti e l’Ue sono attori chiave per il raggiungimento di tale obiettivo […] Servono leader che propongano modelli alternativi per la crescita e lo sviluppo economico».
In fine, i due autori lanciano un invito generale: «I poteri esecutivi devono agire in maniera proattiva. Non basta rispettare i standard minimi in vigore. Al contrario, i governi dovrebbero mettere al centro della riflessione i loro modelli di sviluppo per farne esempi di avanguardia nella trasformazione degli standard stessi».
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