Intervista esclusiva a Timochenko. Il leader delle Forze armate rivoluzionarie della Colombia parla con Left degli accordi di pace. E spiega come l’ex guerriglia colombiana diventerà forza politica: «Ci meritiamo una sorte migliore e siamo impegnati a costruirla».

Il processo di pace non si ferma in Colombia, nonostante lo stop decretato dal “plebiscito” del 2 ottobre scorso. All’Avana, nei giorni scorsi, è stato siglato un nuovo accordo che tiene conto delle perplessità espresse attraverso il voto. «È il trattato della fiducia», ha detto a caldo il negoziatore delle Farc, spiegando che il gruppo ex guerrigliero ha fatto ulteriori concessioni ma non da forza sconfitta con le armi. Da forza protagonista, anzi, tant’è che c’era stato, sempre dopo il referendum, chi aveva chiesto che il Nobel per la pace fosse attribuito alle Farc oltre che, come ha fatto l’Accademia di Svezia, al presidente della Colombia Manuel Santos. Quest’utimo dal canto suo, vuole ora che l’accordo passi al vaglio dell’opposizione politica e delle vittime delle Farc.

Dell’accordo e di come applicarlo abbiamo parlato, pochi giorni prima della nuova intesa, con Timoleón Jiménez “Timochenko”, leader della Farc-Ep, le Forze armate rivoluzionarie della Colombia – Esercito del popolo, secondo il quale l’accordo «contiene tutti gli elementi utili a gettare le basi per la costruzione di una pace stabile e duratura».

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L’intervista su Left in edicola dal 19 novembre

 

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