Il 25 e 26 novembre le donne di 22 Paesi scendono in piazza, contro il femminicidio e contro ogni tipo di violenza. Ma non si fermano qui. Dall'Argentina arriva appello: l'8 marzo sciopero mondiale

Ci siamo. Mancano poche ore e – il 25 e 26 novembre – le donne di 22 Paesi del mondo manifesteranno, ognuna a suo modo: assemblee, scioperi, cortei, lezioni. In Italia, a Roma, con un corteo che attraverserà la Capitale a partire dalle ore 14 di sabato e domenica con un’assemblea per scrivere insieme un Piano antiviolenza nazionale. La chiamata italiana – #NonUnaDiMeno – è figlia di un percorso tra diverse realtà femminili e femministe, promosso dalla rete romana Io Decido, dall’Udi e dalla rete Dire, e che ha registrato migliaia di adesioni da tutta Italia..

#NiUnaMenos hanno urlato le donne argentine e quelle parole hanno preso la forma di decine di lingue: da San Paolo del Brasile a Hong Kong, da Gerusalemme a Berlino, da Buenos Aires a Seul, a Mosca. Le lingue si intrecciano e le frontiere non esistono più: «Contro la violenza, contro la femminilizzazione della povertà, contro il razzismo, contro l’assenza di rappresentazione politica, contro il tentativo di confinare le donne e le ragazze nello spazio domestico, contro i dogmi religiosi che si appropriano dei nostri corpi e delle nostre vite, contro la maternità come obbligo e contro la criminalizzazione dell’aborto, contro le nuove forme di sfruttamento capitalistico e la precarizzazione delle nostre esistenze». Tante e tali sono state le adesioni e le reazioni di questi mesi che le donne argentine hanno deciso di scrivere al mondo un appello, per comunicare al mondo che è nata la prima Internazionale femminista. E che non finisce qui, perché l’8 marzo hanno in mente uno sciopero globale: che le donne di tutto il mondo si uniscano e incrocino le braccia, «perché né la terra né i nostri corpi sono territorio di conquista».

È nata la prima Internazionale Femminista. Le donne di 22 Paesi del mondo si uniscono al grido di #NiUnaMenos

Il 25 novembre noi donne rivendicheremo il nostro tempo, smetteremo di fare ciò che ci viene imposto per dedicarci a quel che desideriamo fare: incontrarci, pensare assieme, prendere parola, occupare le strade, le piazze, appropriarci dello spazio pubblico e trasformarlo in uno spazio di accoglienza e di libertà di movimento per tutte. Metteremo in pratica la nostra utopia antipatriarcale. Per scongiurare la paura, per rendere visibile ciò che non siamo più disposte a sopportare e potenziare la nostra forza in ogni territorio. Per creare legami di solidarietà, reti di autotutela e cura tra di noi. Non vediamo nell’altra accanto a noi una rivale, come vorrebbe il patriarcato, ma piuttosto una compagna: diventiamo complici l’un l’altra creando una insolita alleanza.

Noi ci organizziamo: per questo il 25 novembre, qui e in tutto il mondo, ci riuniremo ed organizzeremo in molteplici e differenti forme: assemblee popolari, radio aperte, escraches, lezioni pubbliche, interruzione delle attività nei luoghi di lavoro, interventi artistici e politici nello spazio urbano.

Noi ci organizziamo e la nostra organizzazione è globale. Il 25 novembre confluiremo tutte assieme in una mobilitazione che connette Ciudad Juarez con Mosca, Guayaquil con Belfast, Buenos Aires con Seul e Roma. Questa articolazione nasce con lo sciopero delle donne, inaugura il nostro ottobre rivoluzionario e si proietta verso lo sciopero globale delle donne del prossimo 8 marzo.

Intrecciando lingue e superando frontiere, come fanno le donne migranti che sfidano l’illegalizzazione della nostra mobilità, emerge la ribellione contro la violenza, contro la femminilizzazione della povertà, contro il razzismo, contro l’assenza di rappresentazione politica, contro il tentativo di confinare le donne e le ragazze nello spazio domestico, contro i dogmi religiosi che si appropriano dei nostri corpi e delle nostre vite, contro la maternità come obbligo e contro la criminalizzazione dell’aborto, contro le nuove forme di sfruttamento capitalistico e la precarizzazione delle nostre esistenze. Contro le spoliazioni che avvengono su molteplici livelli, perché né la terra né i nostri corpi sono territorio di conquista.

In tutto il mondo, ci organizziamo con uno slogan comune: #NiUnaMenos #VivasNosQueremos #NosMueveElDeseo