Non importa se fossero duecentomila o centomila. Erano tante, tantissime e tutte insieme: roba che di questi tempi di divisioni patologiche risulta essere una rivoluzione. E poi erano dense di temi. Temi politici, quelli alti che stanno nella quotidianità delle persone e che condizionano il loro, la salute, la famiglia. In piazza a Roma per dire “non una di meno” c’è stato un capitolo intero di un programma politico.
E invece niente. Niente prime pagine sui giornaloni nazionali, niente aperture dei telegiornali e nemmeno un po’ di sana strumentalizzazione per estorcere consenso. Duecentomila donne in piazza nell’economia dell’informazione nostrana pesano meno della caduta su una buca a Roma di Grillo, meno di una bugia detta in grande stile della Boschi, meno di una provocazione dei soliti noti del Sì, meno di qualche parolaccia di qualcuno del No, meno dell’endorsement di qualche attore dimenticato, meno di qualche litigio da reality, meno della cena di un qualche ministro con qualche decina di imprenditori.
La violenza ha molte forme: la mancanza di attenzione forse è la più perdurante e sottile ma finisce comunque per procurare appassimento. Ho provato a cercare dappertutto, a capirne il senso e a leggere le giustificazioni ma non ho trovato nulla di logico e interessante: ancora si crede che la violenza contro le donne sia una questione femminile e gli uomini, se possono e vogliono, trovano un minuto per scriverne. Fate così, niente buongiorno oggi, andatevi a leggere (qui, qui, qui, qui) il senso di quella piazza. Lasciate perdere il buongiorno, va.
Buon lunedì.