Non che il Comune di Roma sia obbligato a rispondere. E non che la lettera dell’Unhcr verrà presa necessariamente sul serio da Virginia Raggi e la sua giunta. Ma l’agenzia per i rifugiati delle Nazioni Unite ha scritto al sindaco di Roma per esprimere allarme per le centinaia di migranti che dormono all’addiaccio per le strade della capitale, mentre altre migliaia di persone con lo status di rifugiato sono costrette a vivere in abitazioni di fortuna.
«Abbiamo segnalato il problema per mesi e le nostre preoccupazioni sono solo aumentate», ha detto Carlotta Sami, portavoce dell’Unhcr in Italia.
La protesta viene dopo la chiusura forzata del Baobab, il grande centro di accoglienza informale situato a via Cupa, nei pressi della stazione Tiburtina che ha avuto come conseguenza l’aumento esponenziale del numero dei migranti che dormono in strada o in campi di fortuna che vengono regolarmente smantellata dalle autorità – attività che rende tra l’altro più complicato intervenire e aiutare queste persone e persino (se parliamo di sicurezza) identificarle e tenerle sotto controllo.
Carlotta Sami, portavoce per l’Italia dell’Alto commissariato Onu, ha sostenuto che Roma potrebbe imparare da Milano, dove le autorità cittadine hanno aperto nei mesi passati un centro per migranti con il preciso scopo di tenere la gente lontana dai marciapiedi con l’arrivo dell’inverno. L’allestimento di un centro, va fatto notare, contribuisce anche alla diminuzione dell’allarme sociale.
«Abbiamo mandato 100 tende, e tra due dovremo fornirne altre 100», ha sostenuto Raggi. L’Unhcr dice invece che le autorità della capitale non possono chiudere gli occhi sulle condizioni dei rifugiati e delle persone ammesse legalmente a restare in Italia che vivono in campi informali. Raggi ha dichiarato in passato che la priorità della sua amministrazione in materia migranti è quello di fermare il flusso di migranti in città. Il problema non è quindi intervenire su un problema, ma ridurre il flusso a monte. Come si si trattasse di una materia di competenza comunale. L’unico modo per ottenere un risultato simile, viene da pensare, è quello di ridurre al minimo la capacità di accoglienza. La qual cosa presenta due ordini di problemi: quello morale e amministrativo, ovvero il fatto che un’amministrazione che si rispetti non lascia la gente a morire di freddo in strada per scelta – ma questa non è una peculiarità della giunta Raggi, Roma ha una lunga tradizione di mancata accoglienza; il secondo problema riguarda i flussi: Roma è un luogo di passaggio dal Nord a Sud, c’è la chiesa, con le sue istituzioni caritatevoli, ci sono grandi comunità immigrate e per questo pensare di ridurre i flussi che passano per la Capitale è una pia illusione.
Torniamo alla nota dell’Unhcr, dove leggiamo: «L’Agenzia per i Rifugiati evidenzia, inoltre, come anche molti rifugiati presenti da tempo nella città, compresi nuclei familiari con minori, si trovino a vivere in palazzi abbandonati o in insediamenti informali, in condizioni di grave disagio e marginalità. Questa realtà impone una necessaria riflessione sull’opportunità di sviluppare concrete politiche d’integrazione per i beneficiari di protezione internazionale che vivono nella città di Roma, anche attraverso una gestione trasparente e coordinata dei servizi dell’accoglienza dei richiedenti asilo, in linea con le esigenze del territorio». Appunto: politiche coordinate e accoglienza imprescindibile. Qualcuno lo spieghi a Virginia Raggi.