Elezioni subito? Non così in fretta. C'è una legge di bilancio da concludere e una legge elettorale da riscrivere. Ma intanto, Renzi, si prepara a una nuova partita, per ora interna ai dem. E ricomincia la campagna elettorale

«Non mollo la guida del partito», ha detto. Matteo Renzi, che ieri ha formalizzato le sue dimissioni al Quirinale, non ha intenzione di lasciare la presa dal suo Pd. E domani, alla direzione dem, spiegherà perché. «Mercoledì dirò che resto segretario – annuncia – ma solo a patto di ottenere un mandato pieno dalla direzione».

Per ora, in realtà, non lascia nemmeno Palazzo Chigi: «Sergio Mattarella mi ha chiesto di rimanere fino all’approvazione della legge di Bilancio e io non potevo comportarmi come il bambino che fa i capricci e si porta via il pallone perché ha perso la partita». C’è chi ci aveva scommesso. E’ un fatto di responsabilità. Vero: c’è la legge di stabilità da portare a termine, e c’è, soprattutto, una riforma elettorale fatta a metà – per chi non lo ricordasse, la legge del Senato non è stata cambiata perché il Senato, con la riforma costituzionale bocciata dal referendum, cessava di essere eletto.

Ma il premier dice di voler chiudere tutto rapidamente. «Appena approvata la manovra, però, me ne vado. Non so se accadrà venerdì o martedì prossimo». Per poi, probabilmente, prepararsi al nuovo voto. Quello che, per la prima volta, lo vedrà sottoporsi a un’elezione. Alfano fa sapere che il timing dovrebbe essere gennaio o febbraio. Prestissimo. «Non lascio la bandiera delle elezioni anticipate a Grillo e agli altri. Se lo facciamo il Pd è morto, fa la fine che ha fatto dopo aver appoggiato il governo Monti», annuncia Renzi.

Una fretta che però non vedrebbe il presidente della Repubblica concorde. Né i tempi tecnici. Come per esempio quelli che saranno, probabilmente, necessari a riscrivere parte della legge elettorale dopo il pronunciamento della Consulta, oppure a scriverne una che sia buona per Camera e Senato e consenta di eleggere un Parlamento che esprima maggioranze simili – allo stato attuale avremmo l’Italicum rivisto in un ramo e la vecchia legge nell’altro, con l’effetto di avere Camere con maggioranze diverse. Che sia l’attuale governo a trovare la quadra della nuova legge, in un quadro tanto instabile, è improbabile. Servirà un governo che si occupi delle formalità quali l’accoglienza dei prossimi vertici europei e riesca a mettere d’accordo partiti che, allo stato attuale, hanno interessi diversi tra loro su quale sistema adottare.

Intanto, in vista del congresso del Pd che potrebbe nuovamente trasformarsi in occasione di primarie, si intravede già la strategia dalla quale il dimissionario presidente del Consiglio si prepara a ripartire:  «Tutto è iniziato col 40% nel 2012. Abbiamo vinto col 40% nel 2014. Ripartiamo dal 40% di ieri!». E’ il twitt di ieri pomeriggio di Luca Lotti. E l’inizio di una nuova campagna elettorale.

 

Impicciarsi di come funzionano le cose, è più forte di lei. Sarà per questo - o forse per l'insanabile e irrispettosa irriverenza - che da piccola la chiamavano “bertuccia”. Dal Fatto Quotidiano, passando per Narcomafie, Linkiesta, Lettera43 e l'Espresso, approda a Left. Dove si occupa di quelle cose pallosissime che, con suo estremo entusiasmo invece, le sbolognano sempre: inchieste e mafia. E grillini, grillini, grillini. Dalla sua amata Emilia-Romagna, torna mestamente a Roma, dove attualmente vive.