Lunedì scorso la Russia e la Cina, membri permanenti del consiglio di sicurezza Onu con diritto di veto, hanno bloccato una risoluzione che chiedeva una tregua di sette giorni ad Aleppo. Oggi i ribelli siriani hanno abbandonato le ultime aree hanno che occupavano nella città vecchia e che avevano occupato quattro anni fa. Così capiamo perché Mosca e Pechino, per la sesta volta dal 2011 a oggi, abbiano scelto di fermare un testo blando che non proponeva ipotesi future ma semplicemente uno stop. E se in passato le risoluzioni erano più orientate e condannavano il regime di Assad, stavolta si trattava solo di fare arrivare aiuti umanitari. L'esercito regolare siriano, a questo punto, ha in mano circa il 75% di Aleppo orientale e sta cercando di prenderla tutta. Le aree controllate dai ribelli sono divise, il che rende più facile colpirli. Le aree  nel sud-est della città sono sotto il fuoco dell'artiglieria pesante. Decine di migliaia di civili sono ancora intrappolati nei distretti in mano ai ribelli e i morti tra i non combattenti, secondo l'Osservatorio per i diritti umani, sarebbero 341 nelle zone controllate dai ribelli e 81 in quelle controllate dall'esercito. I bambini uccisi, da entrambi i lati, sono 77. Settantasette. Chi è tornata a farsi sentire è Bana, la bambina che twittava da Aleppo e che ora, per sua fortuna, è uscita dalla città. Il Washington Post l'ha paragonata ad Anna Frank, per l'aver raccontato la quotidianità dell'orrore con occhi diversi. Assad, invece, ha sempre parlato di propaganda, stesso termine usato per le foto della bambina coperta di polvere e sangue seduta in un'ambulanza. Il clima in consiglio di sicurezza è avvelenato: i russi e cinesi accusano gli Stati Uniti di aver avvelenato il clima e che il voto avrebbe dovuto essere rimandato, gli americani viceversa parlano di scuse e alibi. A prescindere da quel che si pensa sulla vicenda siriana, in effetti sembrano aver ragione gli ultimi - che in Siria hanno sbagliato tutto, mentre i russi, dal loro punto di vista, le hanno azzeccate tutte. La guerra di Siria prosegue anche altrove, le bombe russe e siriane cadute su Idlib in questi giorni hanno fatto un centinaio di morti. E se il ministro degli Esteri russo Lavrov parla di colloqui a Ginevra per negoziare la fuoriuscita dei ribelli dalla città più importante della Siria, altre fonti smentiscono. I ribelli promettono di combattere fino all'ultimo, ma chiedono di consentire l'uscita dalla città di 500 persone ferite o malate che hanno urgente bisogno di cure. In questo contesto l'Europa, l'Italia e tutte gli altri che potrebbero premere sulla Russia (e sull'Iran) scelgono di non farlo: gli europei tacciono, gli Usa sono smarriti e pronti a negoziare con Putin. I diritti umani e le convenzioni internazionali sono carta straccia.    

Lunedì scorso la Russia e la Cina, membri permanenti del consiglio di sicurezza Onu con diritto di veto, hanno bloccato una risoluzione che chiedeva una tregua di sette giorni ad Aleppo. Oggi i ribelli siriani hanno abbandonato le ultime aree hanno che occupavano nella città vecchia e che avevano occupato quattro anni fa. Così capiamo perché Mosca e Pechino, per la sesta volta dal 2011 a oggi, abbiano scelto di fermare un testo blando che non proponeva ipotesi future ma semplicemente uno stop. E se in passato le risoluzioni erano più orientate e condannavano il regime di Assad, stavolta si trattava solo di fare arrivare aiuti umanitari.

L’esercito regolare siriano, a questo punto, ha in mano circa il 75% di Aleppo orientale e sta cercando di prenderla tutta. Le aree controllate dai ribelli sono divise, il che rende più facile colpirli. Le aree  nel sud-est della città sono sotto il fuoco dell’artiglieria pesante. Decine di migliaia di civili sono ancora intrappolati nei distretti in mano ai ribelli e i morti tra i non combattenti, secondo l’Osservatorio per i diritti umani, sarebbero 341 nelle zone controllate dai ribelli e 81 in quelle controllate dall’esercito. I bambini uccisi, da entrambi i lati, sono 77. Settantasette.

Chi è tornata a farsi sentire è Bana, la bambina che twittava da Aleppo e che ora, per sua fortuna, è uscita dalla città. Il Washington Post l’ha paragonata ad Anna Frank, per l’aver raccontato la quotidianità dell’orrore con occhi diversi. Assad, invece, ha sempre parlato di propaganda, stesso termine usato per le foto della bambina coperta di polvere e sangue seduta in un’ambulanza.

Il clima in consiglio di sicurezza è avvelenato: i russi e cinesi accusano gli Stati Uniti di aver avvelenato il clima e che il voto avrebbe dovuto essere rimandato, gli americani viceversa parlano di scuse e alibi. A prescindere da quel che si pensa sulla vicenda siriana, in effetti sembrano aver ragione gli ultimi – che in Siria hanno sbagliato tutto, mentre i russi, dal loro punto di vista, le hanno azzeccate tutte.

La guerra di Siria prosegue anche altrove, le bombe russe e siriane cadute su Idlib in questi giorni hanno fatto un centinaio di morti. E se il ministro degli Esteri russo Lavrov parla di colloqui a Ginevra per negoziare la fuoriuscita dei ribelli dalla città più importante della Siria, altre fonti smentiscono. I ribelli promettono di combattere fino all’ultimo, ma chiedono di consentire l’uscita dalla città di 500 persone ferite o malate che hanno urgente bisogno di cure.

In questo contesto l’Europa, l’Italia e tutte gli altri che potrebbero premere sulla Russia (e sull’Iran) scelgono di non farlo: gli europei tacciono, gli Usa sono smarriti e pronti a negoziare con Putin. I diritti umani e le convenzioni internazionali sono carta straccia.