Una flotta ingenosa e creativa, con tante piccole navi, snelle e veloci nel fiutare i nuovi telenti, più di quanto non lo siano i colossi editoriali, che comprano i diritti nelle aste internazionali puntando solo sui best seller, sui grandi numeri. In Italia sono 4516 le case editrici piccole e medie, secondo l’indagine dell’Associazione italiana editori (Aie) presentata alla fiera Più libri più liberi in corso fino a domenica 11 nel Palazzo dei Congressi dell’Eur. Si tratta, tecnicamente, di marchi editoriali indipendenti “con un venduto a prezzo di copertina sotto i 16milioni di euro annui”.
I piccoli editori nel 2016, secondo i dati annuali della indagine Nilsen segnano “un più 7,6% a valore e un più 5,9% a copie (la media è +1,9% a fatturato e -0,8% a copie)”. A benediciarne sono diversi settori settori: la fiction italiana (+16,4% a copie e +18,3% a fatturato) e straniera (+13,2% a copie e +19,3% a fatturato). L’unico segmento che diminuisce, a sorpresa, è quello dei bambini e ragazzi (-1,2% a copie e -1,6% a fatturato).
Il merito delle case editrici piccole e medie, e la loro marcia in più, è fare scouting, anche se poi – ed è un fenomeno che non riguarda solo l’Italia ( qui il pezzo del Guardian) – aiutano ad emergere talenti che poi diventano firme delle majors. Ma tant’è. Dalla propria parte hanno la fiducia dei lettori forti che leggono più di 12 libri l’anno. Il dato nuovo e incoraggiante è che progressivamente stanno coinvolgendo lettori che leggono poco meno di dieci libri all’anno e chi legge gli ebook, un pubblico del quale si immagina una prossima crescita grazie al recenteabbassamento dell’IVA. Parliamo di un pubblico curioso e fedele, così lo descrive la ricerca Nilsen in fiera, il 41% degli intervistati dice di amare la fiera per seguire gli incontri con gli autori. Ma anche per fare regali. Per il resto acquista libri online ( il 30,8% degli intervistati) e preferisce le catene alle librerie indipendenti, per la maggiore offerta. Secondo la ricerca diffusa dall’Aie questo stesso pubblico di lettori forti che ama la carta e non disdegna il digitale, si informa attraverso siti e social (il 29,3% degli intervistati) e molto meno da media più tradizionali come pubblicità alla radio (2,8%) e dai giornali (5,8%).
Infine un dato incoraggiante per i piccoli editori: quella fetta di pubblico che acquista dai 12 ai 30 libri l’anno passa dal 51,1% degli intervistati al 64,4%. Ma c’è anche un 6,2% che è fatto da deboli e occasionali acquirenti.
Lo studio Nilsen ha preso in esame 199 bilanci di piccoli editori riguardanti il 2015 e leggendoli in parallelo con i dati del 2013. Quasi la metà (il 48,9%) ha resistito alle trasformazioni e sta ulteriormente migliorando, mentre nel 2013 ce la faceva il 43%. Va meglio della media il 18,2% (era il 15% nel 2013) perché ha ha saputo raggiungere lettori medio-forti lettori cavalcando le trasformazioni che sono avvenute nel pubblico della piccola editoria. Tuttavia il 26,6% del campione (era il 28% nel 2013) risulta ancora in difficoltà, seppur mostrando timidi segni di ripresa miglioramento.
Mentre ad essere davvero in crisi, secondo i dati Nilsen, è la grande distribuzione, nei primi 10 mesi dell’anno a fronte di un più 0,2% a valore si è registrato un meno 3,2% a volume.