E niente, anche volendo mettercela tutta per rispettare un po’ di spirito nazionalistico beneaugurante per questo governo che è il percolato del governo precedente non si riesce ad uscirne. Dico, uno ci si mette di piglio a scovare cose buone per immaginare una bandiera non troppo ammuffita ed ecco che ne esce una al giorno. Ogni giorno. Anche il primo giorno.
Valeria Fedeli, ministra all’istruzione, una speranza per chi ancora non si vergogna a professarsi di sinistra; vuoi vedere finalmente che abbiamo una ministra che la smette di inseguire i medievalisti paracattolici? Uno ci spera. E poi? E poi si scopre che la ministra dei laureandi e laureati ha una laurea finta. Anzi, peggio: il suo staff “conferma, ma spiega che si è trattato soltanto di un infortunio lessicale su cui ora qualcuno sta speculando”. Infatti, avvertono, nella biografia è specificato che il “diploma di laurea” in questione è stato conseguito all’Unsas,che è una Scuola per assistenti sociali con sede a Milano e non un’università, a riprova, quindi, della buona fede del ministro. In pratica la ministra ha una laurea di cartone che rivende per vera.
Non male la laurea finta per chi occupa un ministero che si dovrebbe occupare di gente obbligata a esibire curriculum pesati al centesimo: il controllore è un abusivo come nei peggiori film neorealisti.
E allora sorge una domanda. Una domanda cattiva, appuntita e nauseata: ma possibile che questa classe dirigente assomigli sempre allo strato peggiore dei cittadini che rappresenta? È possibile che nel Paese che non perdona un errore centesimale nel calcolo della mensa un infortunio lessicale non sia ostativo per diventare ministra? Ma perché ogni santa volta abbiamo la sensazione che venga scelto qualcuno che nel mondo reale sarebbe deriso nei cessi della scuola?
Un “infortunio lessicale” è la nuova prescrizione per i bugiardi smutandati. Mandatela a casa, per favore. Andate a casa tutti. Ma basta. Per davvero.
Buon mercoledì.