In Polonia è in corso un durissimo braccio di ferro tra il governo populista di Legge e Giustizia e le opposizioni, che accusano la maggioranza di attentare agli equilibri costituzionali. L’ultima occasione, che ha generato proteste nella capitale a Varsavia per tre giorni consecutivi, sono i piani del governo per limitare l’accesso in Parlamento ai giornalisti.
I manifestanti si sono riuniti di nuovo domenica davanti al palazzo che ospita l’Assemblea elettiva dove i deputati dell’opposizione sono in sit-in da venerdì scorso. Sabato la manifestazione era stata dispersa con i lacrimogeni dalla polizia. Il precedente immediato riguarda la scelta di votare la legge di bilancio in un’aula minore del Parlamento mentre le opposizioni cercavano di impedirne il passaggio bloccando i lavori. Il presidente del parlamento ha quindi convocato l’assemblea in un’aula diversa, sostenuto che il quorum di 237 deputati era presente e fatto votare il bilancio per alzata di mano. Intanto la polizia bloccava l’accesso ai parlamentari dell’opposizione. Anche i giornalisti sono preoccupati per le scelte governative e una loro delegazione si è incontrata con il presidente del Parlamento senza ottenere risultati.
Il presidente polacco Andrzej Duda – espresso dalla maggioranza – si è offerto di mediare e ha incontrato le opposizioni – ma il capogruppo della Camera di Legge e Giustizia ha definito le proteste «ridicole».
La crisi politica e istituzionale in Polonia sembra essere arrivata a un nuovo salto di qualità. Nei mesi scorsi avevamo avuto la protesta in nero delle donne contro la cancellazione del limitato diritto all’aborto (protesta vittoriosa: il governo ha ritirato la legge), l’occupazione dei media di Stato, la nomina di giudici amici alla corte costituzionale e una purga di dirigenti nelle imprese di proprietà pubblica. Non solo leggi sbagliate ma un lavoro alla trasformazione del sistema istituzionale e democratico polacco. La commissione europea, con un atto senza precedenti nella sua timida storia (quando non si tratta di bilanci), ha aperto una procedura di infrazione delle regole contro il Paese e in un’intervista con Politico.eu Lech Walesa, l’ex leader di Solidarnosc, il sindacato che guidò le proteste che portarono alla caduta del regime di Jaruzelski, chiede all’Ue che minacci la Polonia di espulsione se il partito guidato da Jarosław Kaczyński non smetterà di modificare le regole della democrazia a proprio piacimento. Anche Donald Tusk, leader della centrista Piattaforma civica e premier fino al 2014 e attuale presidente del Consiglio europeo, ha chiesto al governo di rispettare la costituzione.
Il problema per Walesa e per l’opposizione è che Legge e Giustizia resta molto popolare nonostante le leggi che limitano la libertà e le entrate a gamba tesa su alcuni temi etico-morali – oltre al tentativo di restringere il diritto all’aborto ci sono stati interventi per limitare l’insegnamento dell’evoluzionismo e smettere di parlare di cambiamento climatico e di introdurre più ore di lezione di “storia della patria”. Sono poi stati introdotte limitazioni alla fecondazione in vitro e nelle scuole si insegna che l’uso del preservativo aumenta il rischio di cancro. Così Legge e Giustizia ripaga la sua base conservatrice. Aprendo continui scontri con l’Europa, il partito ripaga chi vede in Bruxelles il nemico. Infine, forse la mossa più populista e più importante, il governo ha abbassato l’età pensionabile (60 per le donne e 65 per gli uomini) e aumentato i trasferimenti alle famiglie numerose. Un disastro per la casse dello Stato, una politica di welfare conservatrice, ma comunque popolare.
Il presidente della corte costituzionale ha parlato di transizione verso l’autocrazia. Ma il suo mandato scade in questi giorni.