Oggi Donald Trump diventa ufficialmente presidente. I 538 eletti nell’electoral college che stanno votando per il nuovo presidente. Nelle ultime settimane si è molto parlato di come i grandi elettori potrebbero evitare di scegliere TheDonald e votare un altro candidato. Tre gli argomenti a favore di questa ipotesi: nel conto dei voti assoluti Hillary Clinton ha preso 2 milioni e 800mila preferenze in più del vincitore – Gore ne prese 500mila più di Bush; le notizie di un intervento russo nel tentativo di influenzare il voto degli americani sono entrate nel dibattito politico come argomento presidenziale e bipartisan – ne ha parlato Obama, ne parlano i senatori moderati repubblicani; in queste settimane Trump ha mostrato enormi limiti di preparazione e mille conflitti di interesse sono venuti a galla.
Per questo campagna hanno raccolto decine di migliaia di firme, i singoli grandi elettori sono stati contattati e alcuni hanno persino lanciato campagne per fare in modo che l’elezione ufficiale di Trump non avvenga. Ebbene? Ebbene niente. Come è abbastanza ovvio, e anche a causa di leggi di alcuni Stati che impediscono al grande elettore di non seguire il vincolo di mandato, quelli che cambieranno voto si conteranno sulle dita di una mano. O forse due. È comunque una pessima partenza per la presidenza Trump. Non è l’unica. Ecco alcune cose da sapere e ricordare ora che Trump diventa presidente. Tutte cose capitate dopo la sue elezione.
Il gradimento del presidente eletto
Dopo il voto, normalmente, il presidente eletto fa un salto in avanti nei sondaggi relativi al gradimento. Così è capitato anche a Trump. Qui sotto il grafico Gallup che segnala due cose: un piccolo salto c’è stato, questo si è bloccato. Pessimo segnale per due ragioni: normalmente nella fase in cui il presidente eletto costruisce il proprio staff il gradimento continua a crescere, per poi prendere a calare quando il presidente subentra alla Casa Bianca e comincia a lavorare; il 42% è molto, ma molto basso per qualcuno che ha appena vinto le elezioni.
Gli ultimi tre presidenti erano molto più in alto: nel 2008, Obama, a metà dicembre aveva il 75% di gradimento, nel 1992 Clinton aveva il 67% e nel 2000, Bush, che pure era stato eletto tra le polemiche, aveva il 65%. Trump entra alla Casa Bianca son il 58% di pareri negativi.
I conflitti di interesse
Per mesi il presidente eletto ha annunciato che avrebbe risolto i potenziali conflitti di interesse tra la sua attività di businessman e la presidenza passando la gestione dei suoi business ai figli. Non a un blind trust e neppure vendendo le sue società. Problema: i figli e il genero sono ampiamente coinvolti nelle sue attività politiche. Sia Ivanka che suo marito Jared Kushner stanno prendendo parte alla selezione degli uomini e delle donne dell’amministrazione e sembrano voler occupare un ruolo ufficiale nei prossimi quattro anni. Sarà per questo che la prevista e annunciata conferenza stampa sulla gestione del conflitto di interessi è stata rimandata a data da destinarsi. Ma quali sono i conflitti di interesse? Cominciamo con le cose piccole. In queste settimane Trump ha tenuto incontri in diversi luoghi di sua proprietà, ovunque campeggia la scritta TRUMP e gli alberghi e i resort hanno ottenuto enorme pubblicità gratuita. Il suo hotel appena aperto a Washington ha offerto prezzi speciali alle delegazioni straniere.
Basterebbe così. Già, ma la Deutsche Bank o gli affari nelle Filippine sono più controversi. E sono solo due esempi. Trump ha un debito di 364 milioni con la banca, che a sua volta è indagata per il ruolo nella crisi finanziaria del 2008 e rischia di venire sottoposta a una multa da 14 miliardi di dollari. Ora, il presidente miliardario potrebbe decidere di scambiare una cosa per l’altra. O qualcosa di simile. Quanto alla Trump Tower di Century City, appena inaugurata nelle Filippine, il partner d’affari legale del presidente è stato nominato inviato speciale del governo di Manila negli Stati Uniti. Ci sarà un legame tra le due cose?
La cyber guerra e i rapporti con la Russia
Il conflitto di interessi più clamoroso, di questi tempi, è quello che coinvolge Rex Tillerson, ex amministratore delegato di ExxonMobil. Il prossimo Segretario di Stato vanta un lungo rapporto con Vladimir Putin, è fondatore di una compagnia petrolifera russo-americana con sede alla Bahamas e nel 2013 è stato insignito dell’Ordine di amicizia della Russia e si è opposto alle sanzioni – che danneggiano pesantemente la ExxonMobil. In questo contesto, le notizie confermate da Cia ed Fbi sul tentativo di Mosca di condizionare il voto americano, sono un problema. Quando i risultati dell’inchiesta del Senato e di quella della Casa Bianca di Obama verranno diffusi Trump, che in campagna elettorale ha elogiato Putin e promesso di rasserenare il clima con la Russia, che ha scelto diversi amici di Mosca nella sua amministrazione, si troverà in grande imbarazzo. La relazione con Putin è già stata oggetto dell’ultima comparsata di Alec Baldwin/Trump al Saturday Night Life (qui sotto)
L’account Twitter e la guerra con i media
Nei giorni scorsi Vanity Fair ha giudicato il Trump Grill, il bar ristorante alla Trump Tower come il peggior ristorante d’America. La risposta? Affidata a twitter: Visti i pessimi numeri di Vanity Fair, crollano…hanno grandi problemi, il direttore Graydon Carter non ha talento”. Poco presidenziale, sebbene siano i modi che hanno pagato.
Has anyone looked at the really poor numbers of @VanityFair Magazine. Way down, big trouble, dead! Graydon Carter, no talent, will be out!
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) 15 dicembre 2016
Gli stessi usati per parlare di MSNBC, CNN e dell’imitazione a se stesso. I due tweet qui sotto parlano di quanto sia pessima la sua imitazione fatta da Baldwin (un trionfo di critica) e di come la copertura del suo lavoro da parte dei due canali all news sia “di parte, pessima” e così via.Il problema di questi toni? Che hanno funzionato ottimamente in campagna elettorale ma che sono imbarazzanti per un presidente. Ma il punto potrebbe non essere quello, chi se ne frega del politically correct e delle istituzioni, si potrbbe pensare. Il problema è che, come dicevamo all’inizio, Trump è gradito da una minoranza ristretta degli americani. Partire picchiando duro chiunque non sia d’accordo con te (o attaccare un piccolo sindacalista metalmeccanico, o la Boeing che costruisce l’Air Force One) è una pessima idea per guadagnare consensi. Altro aspetto è l’assenza di interazione: solo interviste uno a uno, niente conferenze stampa. Mai. In confronto Hillary Clinton era trasparente.
Just watched @NBCNightlyNews – So biased, inaccurate and bad, point after point. Just can’t get much worse, although @CNN is right up there!
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) 12 dicembre 2016
Just tried watching Saturday Night Live – unwatchable! Totally biased, not funny and the Baldwin impersonation just can’t get any worse. Sad
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) 4 dicembre 2016
Le nomine improbabili
I nomi improbabili sono tanti, ne abbiamo già parlato. Vale solo la pena di segnalare, per ricordare come e quanto la futura amministrazione sarà figlia dell’ala più destra e conservatrice del partito repubblicano, due aspetti minori.Il capo dell’Agenzia di protezione dell’ambiente Scott Pruitt, è stato procuratore dell’Oklahoma e come tale ha fatto causa al governo federale che cerca di imporre limiti alle emissioni. L’altro è Rick Perry, futuro Segretario dell’Energia, che nel 2012, quando correva per le primarie repubblicane, una gaffe che gli costò la carriera politica: durante un dibattito promise di abolire tre agenzie federali, ma una non se la ricordava. Tra queste c’era però quella che oggi viene chiamato a guidare. Imbarazzante. Nel complesso, i rappresentanti di Big Oil, ovvero i giganti petroliferi che in teoria sono in ritirata e sono l’economia di ieri e non quella di domani, sono rappresentati come non mai in questa amministrazione. Dal Segretario di Stato in giù.