Sono tutti leoni da tastiera, un po’ come i troll che capita di vedere su Facebook. E appena hanno qualcosa su cui gettarsi, ci si gettano. Mentre il governo tedesco invita alla cautela e per ore non ha neppure parlato di attentato terroristico, i vari leader dei partiti xenofobi parlavano. Sapevano già chi era stato e meditavano reazioni muscolari. Primo tra tutti Matteo Salvini, che reagiva all’attentato contro l’ambasciatore di Mosca ad Ankara e alla strage di Berlino con due tweet.
Un maledetto terrorista islamico ha ucciso l’ambasciatore russo in Turchia per “vendicare i morti in Siria”. pic.twitter.com/T7djREfOkm
— Matteo Salvini (@matteosalvinimi) 19 dicembre 2016
#Terrore a #Berlino, 9 morti e 50 feriti ai mercatini di #Natale.
Chi sarà stato?
Preghiere non bastano più, occorre reagire con la forza.— Matteo Salvini (@matteosalvinimi) 19 dicembre 2016
Non sappiamo se chi ha ucciso fosse un terrorista islamico, o meglio sappiamo che fosse musulmano, ma vista la tensione con la Russia e il nazionalismo turco, molto forte nelle gerarchie della sicurezza, non potevamo, ieri, dire che si trattasse di attentatore salafita o estremista islamico. La cosa, naturalmente, per Salvini non conta. Quanto alla reazione, Salvini ci spieghi qual è. Se vuole organizzare dei raid, lo dica in maniera esplicita. Così è troppo facile: soffiare sul fuoco e poi, quando succederà qualcosa, dire, “io non ho incitato all’odio”.
Stesso tono per Giorgia Meloni, che però almeno ha un che di spiritoso. Detesta così tanto la sinistra che deve per forza prendersela con i pacifisti. Sono quasi peggio dei terroristi.
Ancora sangue innocente su strade d'Europa. Il #terrorismoislamico odia la ns libertà. Siamo in guerra: chi lo nega è complice #Berlino ST pic.twitter.com/VcdobN0RFE
— Giorgia Meloni ن (@GiorgiaMeloni) 19 dicembre 2016
L’AfD, il partito xenofobo tedesco si è affrettato a dire, prima che ci fosse la certezza che la strage al mercato di Natale berlinese fosse un attentato, che la colpa di tutto questo sono le politiche di apertura di Angela Merkel. «Questi sono morti di Merkel» è un tweet di Markus Pretzell. Bassa cucina elettorale. Buona notizia: la frase è stata rilanciata 1000 volte ma ha ottenuto 1800 risposte, moltissime che insultano Pretzell. Ovvero c’è più gente sui social disgustata dalla reazione che non fan.
Wann schlägt der deutsche Rechtsstaat zurück? Wann hört diese verfluchte Heuchelei endlich auf? Es sind Merkels Tote!#Nizza#Berlin
— Marcus Pretzell (@MarcusPretzell) 19 dicembre 2016
Lo stesso argomento anti politica dell’accoglienza lo usa il leader dell’Ukip britannico, Nigel Farage, con il tweet qui sotto: «Terribile notizia, ma nessuna sorpresa. Questa è l’eredità che lascia Merkel».
Terrible news from Berlin but no surprise. Events like these will be the Merkel legacy.
— Nigel Farage (@Nigel_Farage) 20 dicembre 2016
Diversa la reazione del Front national francese. Che siccome prova davvero a eleggere marine Le Pen presidente mantiene un profilo più serio. Marine, poi, è in vacanza elettorale nella Guyana francese, difficile avere il polso della situazione. Per ora segnaliamo due tweet di cordoglio, uno di Marine e uno di Marion (con versione anche in tedesco) e quello più politico dello stratega Florian Philippot: «Fino a quando rifiuteremo le frontiere nazionali? E fino a quando questa accoglienza irresponsabile agli immigrati?».
Jusqu’à quand refusera-t-on d’avoir des frontières nationales et jusqu’à quand cet accueil irresponsable de migrants ? https://t.co/YdCabuUirE
— Florian Philippot (@f_philippot) 20 dicembre 2016
Il tema è per tutti lo stesso. E a nessuno viene in mente che commandos terroristici possono passare le frontiere in mille modi, che quelli dell’11 settembre non erano immigrati e che gli attentati, ad esmepio di Parigi, sono stati commessi da persone nate in Europa che nessuna legge può spedire in Paesi dove non sono nati e non hanno vissuto. La verità è che queste cose, i leader della destra xenofoba le sanno benissimo. Ma non è con la razionalità che si nutrono le paure della gente, le stesse paure che generano consensi per i loro partiti.