La rete non è solo un posto per troll e haters, qualcuno se lo ricorda e la rende un luogo migliore

Questo è stato l’anno dei “cattivisti” (non a caso fra i nuovi lemmi dello Zanichelli 2017), soprattutto dei cattivisti su internet. Ma c’è stato un tempo – eravamo nel lontano 2004 quandoTim O’Reilly coniava il termine “web 2.0” – in cui l’evoluzione della rete sembrava promettere: più collaborazione, più uguaglianza, potere alle intelligenze collettive e lunga vita all’open source. Un mondo migliore, etico. Un mondo di cui qualcuno ancora non si è dimenticato e sul quale cerca di investire. A maggio del 2008 per esempio in Italia è stato lanciato CriticalCity Upload, un social game che attraverso una piattaforma online recluta persone per compiere missioni etiche nella propria città. Si va dal “fai sorridere un passante” al “pianta dei fiori nell’aiuola della tua città” o “realizza un orto di quartiere”. Piccole follie quotidiane che hanno lo scopo di migliorare la vita urbana e permettere alle persone di fare rete con altri giocatori.
Il risultato? 1.092 ore di “rivoluzione urbana”, 21.064 missioni svolte, 13.901 giocatori. «CriticalCity Upload è riuscito ad aggregare attorno al tema della trasformazione creativa urbana e dell’attivismo civico una community determinata, giovane e intraprendente, libera e auto-organizzata» spiegano gli ideatori. «Non sappiamo come evolverà, abbiamo risvegliato la meraviglia dentro di noi e ne abbiamo sperimentato la forza. Non ci fermeremo certo qui».
Web 2.0 è anche sinonimo di incontro.
È il caso per esempio di www.alvearechedicesi.it in cui produttori e consumatori si incontrano e danno vita a una comunità per vendere e acquistare prodotti a km zero. Stesso concetto per www.kalulu.it, gruppo d’acquisto 2.0 che funziona come un social network. «Spero che Kalulu – spiega il fondatore Emanuel Sabene – possa permettere a tutti i cittadini del pianeta di mangiare cibo buono e sano senza distruggere l’ambiente». Schierati sul fronte della moda etica troviamo invece Cecilia Frajoli Gualdi e Fabio Pulsinelli, ideatori di Dress The Change, un progetto finanziabile su produzionidalbasso.com. L’obiettivo della piattaforma sarà aiutare il consumatore nella scelta e nell’acquisto di abbigliamento etico, perché spesso i nostri vestiti raccontano di abusi, sfruttamento, violenza, delitti e inquinamento. Secondo Zanichelli c’è un’altra parola che, a buon diritto, è tra le più rappresentative dell’anno: cambiamento. Ecco, se cambiamento deve essere, allora facciamo sì che sia nel verso giusto. Sui social, ma non solo.

L’approfondimento su Left in edicola dal 23 dicembre

 

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