Che ne è della potenza emergente che dava l’iniziale ai Brics? Della crescita costante e dei progressi sociali del Brasile degli ultimi vent’anni? Alle controverse vicende politiche si aggiunge ora una crisi profonda dell’economia, tale da spingere alcuni governatori degli Stati federali a dichiarare la “calamità finanziaria”, il dissesto delle casse pubbliche. Il governo di Rio ha provato a deliberare tagli ulteriori alle politiche sociali già smantellate: un piano di austerità che riduceva i fondi per le politiche di base, gli stipendi dei dipendenti pubblici e le pensioni del 30%. Il provvedimento è stato congelato solo grazie alla reazione della gente che ha assediato la sede dell’assemblea legislativa, l’Alerj.
Il 6 dicembre sindacati della scuola, studenti, vigili del fuoco, lavoratori del servizio pubblico e cittadini comuni hanno invaso le strade. La reazione non si è fatta attendere: incaricati di difendere l’assemblea, gli agenti di polizia hanno invaso la vicina chiesa di San Giuseppe, da dove hanno cominciato a sparare gas lacrimogeni e proiettili di gomma sulla folla. «Gli spari non si sono fermati neanche quando sono arrivati gli operatori delle tv, dopo che tanti abitanti del quartiere e noi che eravamo in piazza avevamo filmato la scena condividendola in Rete. Quelle immagini hanno fatto il giro del Brasile», racconta un gruppo di studenti che dentro la Marè, una delle zone più povere e violente della città, ha messo in piedi un collettivo con l’obiettivo di favorire processi partecipati e migliorare le loro condizioni di vita.
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