Quali sono stati i romanzi e i saggi più interessanti pubblicati nel 2016? Quelli assolutamente da non perdere? Ecco i libri consigliati dalle maggiori testate internazionali dal New York Times, al Guardian, da El Pais al New Yorker, dall'Express a Buzzfeed a molti altri. Buona lettura

Quali sono stati i romanzi e i saggi più interessanti pubblicati nel 2016? Quelli assolutamente da non perdere? Ecco i libri consigliati dalle maggiori testate internazionali dal New York Times, al Guardian, da El Pais al New Yorker, dall’Express a Buzzfeed a molti altri. Buona lettura.

Zadie Smith
Zadie Smith

 Swing Time di Zadie Smith. Il nuovo libro della scrittrice inglese arriva  a tre anni da NW (Mondadori, 2013), dove raccontava la vita in quartiere nel nord ovest di Londra, (lei stessa è cresciuta in quella zona). Il nuovo Swing time, in cui l’elemento di fantasia è maggiore, ha avuto recensioni entusiaste e in Gran Bretagna già si parla di un suo prossimo adattamento cinematografico.  L’autrice di Denti bianchi (Mondadori, 2001), che fu un caso letterario in tutto il mondo ha scritto un romanzo forte e convincente, che in maniera sotterranea, ma non per questo meno penetrante, parla del razzismo che ancora si respira perfino nella multietnica Londra. Il titolo fa riferimento agli anni Trenta e alle performances al cinema di  Fred Astaire e Ginger Rogers, di cui le due protagoniste, ballerine di tip tap, vanno matte. Ne esce un romanzo di formazione molto cinematagrafico ambientato in parte nella capitale britannica, in parte in Africa e altrove. Siamo tra gli anni Ottanta e Novanta e la storia racconta  i sogni di due ragazzine di colore cresciute in case popolari: una ha talento e sfrontatezza, l’altra è timida e tende a vivere di luce riflessa, per entrambe sarà una partita senza esclusione di colpi.  Nella traduzione di Silvia Pareschi e con il titolo Follie d’inverno il libro uscirà in Italia per Mondadori il 29 agosto 2017 ( Swing time è fra i best boooks 2016 del NYTimes,  BBC, The Atlantic, Washington post, Esquire, The Guardian).

 

Safran Foer
Safran Foer

 Eccomi  di Jonathan Safran Foer. Pubblicato in Italia da Guanda, è il romanzo con cui lo scrittore americano si è ripresentato al pubblico dopo un lungo silenzio durato undici anni. Marco Missiroli sul Corsera lo ha definito «opera-mondo che si insinua nelle fondamenta della società, e nei nostri amori»Eccomi fa incontrare la piccola realtà quotidiana di una famiglia di origini ebraiche a Washington con l’ampio scenario del Medio Oriente e dei conflitti che lo attraversano. Veniamo così catapultati nella vita di Nathan Englander, dei fratelli Singer, Isaac Bashevis e Israel Joshua. Le cose di ogni giorno – fra crisi adolescenziali, i tradimenti coniugali, liti, scontri – tratteggiano il progressivo sgretolamento di una famiglia a cui fa eco il collasso dello Stato ebraico.  «Questo non è un libro autobiografico, anche se è il mio romanzo più personale», ha detto Foer presentando il romanzo in Italia. E forse ha ragione, benché il protagonista sia fortemente radicato in una certa cultura ebraica americana,è un uomo qualunque che d’un tratto costretto a confrontarsi con la Storia. Ed è questo dramma, questa dinamica, a dare un respiro universale a questa saga familiare, di cui altrimenti avremmo anche potuto fare a meno. (Fra i miglior libri del 2016 per  Time, The Guardian, New York Times).

Colson Whitehead
Colson Whitehead

Underground Railroad  di Colson Whitehead. Con una sapiente combinazione di fiction e documentazione Whitehead riesce a ricostruire un pezzo di storia che gli americani con grande facilità tendono a “dimenticare”. Lo scrittore narra la vicenda di alcuni schiavi  fra i quali la quindicenne Cora, che cercano una via di fuga da una piantagione di cotone della Georgia puntando a nord attraverso una ferrovia sotterranea. Termine che allude alla rete di rapporti solidali che gli schiavi utilizzavano per uscire dalle condizioni disumane in cui erano costretti dai latifondisti. Con un piccolo slittamento di prospettiva, il romanzo (che ha vinto il  National Book Award per la fiction) guida il lettore in una realtà mai vista prima nella letteratura che tratta il tema della segregazione razziale. Whitehead si è documentato su fonti storiche come Edward Baptist, Eric Foner e Michelle Alexander, ma per raccontare non solo i nudi fatti. Mostrando che lo sfruttamento dei neri è la voragine su cui poggia tutta la storia statunitense e che la storia degli schiavi è stata sottratta a chi l’ha subita essendo stata scritta da altri, nella versione imposta dalla supremazia bianca. (Segnalato da The Independent, The Guardian, NY Times, Washington post, Esquire).

Questo è Kafka
Questo è Kafka

Questo è Kafka? di Reiner Stach. Fra biografia, storia, racconto,  ciò che Stach racconta di Kafka, con grande fluidità narrativa,  è minuziosamente documentato. Il biografo tedesco ha trascorso diciotto anni sulle tracce dello scrittore ceco tuffandosi nel suo mondo, cercando di fare proprio il suo stile letterario, di capire la psicologia dell’autore de Il Processo e di tanti altri capolavori. Riuscendo così a tratteggiare un Franz Kafka fresco e umano; lontano da interpretazioni accademiche. Il tetntativo, scrive l’autore, era  di liberarlo da «un’immagine stereotipata, che riduce Kafka a una sorta di essere alieno: … un uomo inquietante che suscita cose inquietanti». Questo suo immane lavoro ha dato nuova vita a questo enigmatico e fondamentale scrittore del XX secolo. Reiner Stach ne ripercorre la vicenda attraverso novantanove “reperti” che corrispondono ad altrettanti momenti ed episodi raccontati attraverso testimonianze compresa quella della fidanzata Milena ( che alla morte dello scrittore annotò: «La sua era una coscienza tanto scrupolosa da rimanere vigile anche là dove gli altri, i sordi, già si sentivano al sicuro». Da questa monumentale opera emergono molti aspetti poco noti  di Kafka, come le sue frequentazioni in casinò e bordelli, le risate che non tratteneva di fronte a ingessati e prepotenti superiori. Torna qui la prima Lettera al padre, che cominciava con«Cari genitori» e momenti di vita vissuta come la pubblica lettura della Colonia penale in una galleria di Monaco, dove il pubblico non resse e  se ne andò, ma anche momenti tenerissimi come quando lo scrittore s’inventa una storia bellissima per consolare una bambina che, nel parco, piange a dirotto. (Segnalato da El Pais).

Elizabeth Strout
Elizabeth Strout

Mi chiamo Lucy Barton di Elizabeth Strout  Il precdente romanzo della scrittrice americana accennava a un rapporto difficile, scostante fra madre e figlia, in cui la figlia ad un certo punto dice fra sé e sé: «Nessuno conosce mai veramente qualcuno».  In certo modo  I ragazzi Burgess apriva la strada a questo nuovo romanzo della scrittrice statunitense basato sulle memorie d’infanzia che emergono nella protagonista mentre va a trovare la madre, da cui è da tempo lontana, in un ospedale a  Manhattan, quasi nell’imbarazzo di incontrare un’estranea. «Quegli imbarazzi che si creano perché è più facile non affrontare il passato irrisolto – ha scritto Paolo Giordano sul Corriere recensendo questo libro -. I rapporti umani inciampano sull’invisibile, s’incastrano, e molte volte ciò accade a dispetto delle migliori intenzioni». Ma è proprio da quelle vaghe memorie di bambina nell’Illinois povero e rurale che si apriranno nuove porte .«Strout si conferma una narratrice grandiosa di sfumate vicende famigliari, capace di tessere arazzi carichi di saggezza, compassione, profondità. Se non l’avesse già vinto con Olive Kitteridge, il Pulitzer dovrebbe essere suo per questo nuovo romanzo», scrive Hannah Beckerman, del Guardian. Anche questo nuovo romanzo di Strout è uscito in Italia nei Coralli di Einaudi (Fra i migliori libri del 2016 per The Spectator, BBC, Time, The Guardian).

tejuIl punto d’ombra di Teju Cole è una straordinaria e, per certi versi, inaspettata raccolta di saggi pubblicata da Contrasto. Non una comune raccolta di saggi, ma un libro d’arte, caratterizzato da una raffinata impaginazione di testi letterari e fotografie, evocative, poetiche, quanto la prosa. L’intensità, l’attenzione che lo scrittore americano  di origini nigeriane mette in ciò che guarda  rende la pagina “radiante”. In questa raccolta, più di quanto accadesse nei suoi precedenti romanzi – Open City  e Every Day Is for the Thief – Cole si lascia andare, segue il filo di una narrazione interiore, apparentemente divagando come un moderno  flâneur, fra fotografia, musica e geopolitica.  Nelle tre sezioni del libro intitolate Reading Things, Seeing Things e Being There, Teju Cole intreccia riflessioni, denuncia, abbozzando scenari possibili, nuove idee. “Death in the Browser Tab”, in particolare, ci parla della brutalità della polizia verso le persone di colore, denunciando episodi di razzismo neanche troppo mascherato.  Ma non  c’è rabbia, semmai l’urgenza di cambiare le cose, mista una struggente nostalgia e un pathos contagioso. (Nella top ten di The Atlantic e BBC)

Il Ritorno di Matar
Il Ritorno di Matar

Il ritorno di Hisham Matar. Dopo libri toccanti e profondi come Anatomia di una scomparsa e Nessuno al mondo (pubblicati  in Italia da Einaudi, come The return di prossima uscita in Italia) lo scrittore libanese racconta il  viaggio di ritorno nel Paese dove è nato e dal quale lo separano 33 anni di esilio. La sua famiglia aveva lasciato Tripoli nel 1979 . Suo padre, Jaballa Matar, è stato l’ eroe della Resistenza all’occupazione italiana, ma anche un uomo molto vicino a re Idris, tanto che nel 1969  dopo il colpo di Stato di Gheddafi è rientrato da Londra per lottare contro il regime, ma è stato sequestrato  e ucciso dopo una lunga prigionia. «Quando Gheddafi ha preso mio padre», scrive Matar (che all’epoca aveva venticinque anni mente Jaballa cinquantasette), «mi ha confinato a un luogo non molto più grande della sua cella. Per anni ho camminato avanti e indietro, rabbia in una direzione, odio nell’altra». Poi la rabbia si è trasformata in disperazione e in un attivismo forsennato, con organizzazioni che lottano per i diritti umani, cercando al contempo di liberare gli zii e i cugini imprigionati per più di vent’anni anni ad Abu Salim, e scampati per miracolo al massacro del giugno 1996, quando 1.270 prigionieri furono trucidati in poche ore. Di suo padre, Hisham Matar non ha saputo nulla se non che è stato ucciso proprio mentre lui era alla National Gallery di Londra e guardava l’assassinio dell’imperatore Massimiliano dipinto da Manet, lo stesso che ora campeggia in copertina de Il ritorno. (Segnalato da NW times e Time, Financial Time, Washington post, Newstatesman).

 

 bernieOur revolution di Bernie Sanders è il libro da leggere per conoscere più da vicino i contenuti che hanno innervato la campagnia di questo insolito democratico che ha osato candidarsi alla Casa Bianca dicendosi socialista. Ma in Italia circolano anche il suo Quando è troppo è troppo pubblicato da Castelvecchi e Un socialista alla Casa Bianca?  edito da Jaca Book, con uno scritto di Marco D’Eramo. Come è noto,”Bernie” è stato il primo candidato nella storia Usa a rifiutare i finanziamenti dei grandi donatori, delle lobby e di Wall Street, presentando un programma di cambiamento radicale, stando dalla parte dei giovani, dei disoccupati, dei lavoratori, della classe media impoverita dalla crisi. Nel libro, attraverso una selezione dei suoi maggiori discorsi, si ritrova, con chiarezza, il suo pensiero politico. (Consigliato da The Independent).

image The Association of Small Bombs di Karan Mahajan. Nell’affollatissimo mercato di Lajpat Nagar, a New Delhi devono fare una commissione e tornare a casa. D’un tratto un’esplosione,  una bomba  li uccide sul colpo.  Il romanzo di Karan Mahajan racconta gli effetti devastanti di quella “piccola” bomba sulle vite di chi resta.  Raccontando come quell’attentato cambia per sempre le vicende, non solo dei genitori dei ragazzi uccisi, ma anche di  Mansoor, che dall’attentato si è salvato per un soffio. In parallelo racconta del terrorista Shockie, attivista per l’indipendenza del Kashmir, che alla causa della regione montuosa contesa da India e Pakistan ha sacrificato tutto. La forza dell’affabulazione, l’ntrospezione dei personaggi, l’abilità nel costruire l’intreccio fanno di questo nuovo lavoro di Karan Mahajan un piccolo grande capolavoro secondo i critici del New York Times. Facendo  entrare il lettore all’interno le loro contraddizioni. Al contempo l’autore obbliga ad  esaminare il”fascino” pericoloso che possono esercitare gli estremismi su fasce di persone giovani, in un aree del mondo oppresse.  Nato negli Stati Uniti dove attualmente vive, dopo essere cresciuto a New Delhi, Mahajan  esce – dopo il successo de La moglie sbagliata  -con un’opera ancora più matura.  The Association of Small Bombs sarà pubblicato il 26 gennaio 2017  in italia da Garzanti ( come il suo precedente romanzo) con il titolo Erano solo ragazzi . (Fra i migliori libri del 2016 per il  NY Times, Financial Times, Time, Esquire, Guardian)

 

 

Paul Beatty, Man Booker Prize 2016
Paul Beatty, Man Booker Prize 2016

Lo schiavista di Paul Beatty. Se ne è parlato molto anche in Italia, non solo perché con questo romanzo lo scrittore Paul beatty ha vinto il Men Booker Prize, per la prima volta nella storia del prestigioso premio inglese assegnato a uno scrittore americano. Ma perché questo romanzo utilizza uno spiazzante ribaltamento per far riemergere una tremenda verità della storia statunitense. Beatty indaga l’eredità profonda dello schiavismo che ancora intossica la cultura americana. Mette alla gogna il razzismo costruendo una satira imprevedibile in cui un nero, dopo una vita di vessazioni, iniziate da ragazzino, impazzisce, diventando come i bianchi che pensano che sia giusto segregare, sfruttare, opprimere altri esseri umani, perché hanno un diverso colore della pelle.  Così decide di recintare un intero quartiere per ristabilire una forma di segregazione. E lo fa con successo. Ma non si tratta solo di un romanzo che porta il lettore, non senza una certa dose di humour , sul terreno di una distopia magistrale, la forza de Lo schiavista risiede soprattutto nel suo sapiente alludere al presente. Diventato presto un best seller ha avuto anche il merito di segnalare il lavoro creativo e di scouting di case editrici americane che non sono dei colossi editoriali. In Italia è pubblicato da Fazi. (segnalato fra i migliori romanzi del 2016 da The Guardian, Financial Times, New York times). Qui l’intervista di Left

Julian Barnes
Julian Barnes

Il rumore del tempo di Julian Barnes.  «Venivano sempre a prenderti nel cuore della notte. E, dunque, piuttosto che farsi trascinare fuori dall’appartemento in pigiama, o essere costretto a vestirsi sotto lo sguardo sprezzante e imperturbabile di un agente della Nkvd preferiva coricarsi vestito sopra le coperte con la  valigetta pronta». Così la voce narrante di questo nuovo romanzo di Barnes racconta la vita di Dmitrij Šostakovič , dopo che – il 29 gennaio del 1936 – la Pravda l’aveva attaccato definendo  la sua Lady Macbeth nel distretto di Mcensk  «un caos anziché musica». L’autore de Il pappagallo di Flaubert e del toccante Il senso di una fine  traccia un elegante ritratto del compositore russo sotto Stalin. «Un capolavoro intenso che tratteggia la vita di un uomo attraverso la lotta della sua coscienza e della sua arte con le pretese impossibili del totalitarismo», ha  scritto Alex Preston sul Guardian, che lo consiglia fra i libri dell’anno, insieme alla redazione della BBC.

 

Sarah Bakewell
Sarah Bakewell

Il caffè degli esistenzialisti di Sarah Bakewell. Già autrice di una biografia di Montaigne che aveva il dono della leggerezza, senza perdere di profondità, Bakewell ha compiuto un’altra impresa, riuscendo ad affrescare una biografia collettiva, polifonica e insieme limpidissima della generazione degli esistenzialisti francesi, a cominciare da Sartre e Beauvoir, raccontando come l’insoddisfazione di studenti obbligati a studiare l’idealismo di Hegel e a confromarsi alle fredde geometrie kantiane, fra un aperitivo e l’altro, scoprirono una nuova maniera di fare filosofia, rendendola più vicina alla vita. Ad aprire loro gli occhi, racconta Sarah Bakewell (che viene da studi filosofici), fu in particolare la fenomenologia di Husserl. Sartre, Beauvoir, Camus, Aragon, Merleau-Ponty ne furono profondamente influenzati. La scrittrice inglese racconta il formarsi del loro pensiero, mescolando biografia, storia, riflessioni. Lo fa in maniera coinvolgente e insieme lucida. Lasciando emergere dalla trama quasi romanzesca degli eventi, le contraddizioni che minavano alla base l’esistenzialismo sartriano, basato sull'”essere per la morte” di Martin Heidegger. Tanto che l’autore de La nausea decise di lasciare Parigi per trasferirsi in Germania in un anno fatidico, il 1933, quando Hitler prendeva il potere e Heidegger pronunciava il famigerato discorso all’università tedesca in cui faceva aperta professione di nazismo. (Segnalato fra i migliori libri dell’anno dal New york Yimes e The Telegraph. Qui l’intervista di Left a Bakewell)

 

Elena Ferrante
Elena Ferrante

La trilogia di Elena Ferrante  ha avuto un successo senza pari nei  Paesi anglosassoni e in Francia, tanto che la prestigiosa rivista Lire, che assegna venti palmarès scegliendo fra i libri dell’anno,  segnala in vetta  i suoi romanzi pubblicati Oltralpe da Gallimard. Il settimanale L’express  accenna che forse gli ultimi lavori non entusiasmano come L’amore molesto ma definisce irresistibile tutta questa saga di lungo corso, in cui  emergono soprattutto i personaggi di Lila ed Elena, le due bambine della periferia popolare  napoletana che resistono alle durezze della vita con una disperata, disarmante, vitalità.  Il settimanale francesecritica apertamente i media italiani che nel 2016 hanno cercato di violare la scelta di anonimato dell’autrice e omaggia la scelta di Elena Ferrante riconoscendole di  voler così rivendicare una assoluta libertà nell’esplorare anche in modo crudo, senza infingimenti, la complessità dei sentimenti delle sue protagoniste. Intanto in Italia le Edizioni e/o che l’hanno scoperta pubblicano La frantumaglia  in cui Ferrante racconta la propria esperienza di scrittrice (segnalato da L’express e dal Guardian).

Svetalana Aleksievic
Svetalana Aleksievic

Tempo di seconda mano di Svetlana Alexievich, che in Italia è stato pubblicato nel 2013  da Bompiani,  è stato pubblicato nel 2016 nei Paesi anglosassoni. Anche in questo caso il merito va alle Edizioni e/o che hanno scelto coraggiosamente di pubblicare i libri della giornalista russa già nei primi anni Novanta e soprattutto ha avuto il merito di tenerli in catalogo nonostante le scarsissime vendite, che poi hanno avuto un’impennata nel 2015 quando Svetlana Alexievich ha vinto il premio Nobel. In questo libro, che nella traduzione inglese s’intitola Secondhand Time, la scrittrice racconta il crollo dell’Urss, attraverso interviste e testimonianze orchestrate in maniera narrativa. Ne emerge un impressionante affresco, costruito sulla storia orale e coraggiosamente lontano dalla retorica di regime. ( Consigliato da Buzzfeed, BBC, Time).

 Hanya Yanagihara
Hanya Yanagihara

A Little Life di Hanya Yanagihara. Negli Stati Uniti è stato uno dei casi editoriali dell’anno ed ha avuto riscontri anche in Italia dove il romanzo è stato pubblicato da Sellerio, con il titolo Una vita come tante, grazie a uno dei migliori editor e traduttori dall’americano in circolazione, Luca Briasco ( ha scoperto anche Le ragazze di Emma Cline). L’intreccio dei percorsi di quattro amici che si sono conosciuti al College e il modo in cui reagiscono alla disperazione in cui cade uno di loro è alla base di questo corposo romanzo che racconta in chiave intimista dolorosi spaccati di vita della nostra epoca. Negli Stati Uniti ha venduto molto e raccolto molti premi. Un esordio di alta qualità letteraria, così è stato definito da The Atlantic, che lo segnala insieme a The Literary Hub.

 

rawimage The way to the Spring. Life and Death in Palestine di Ben Ehrenreich. Attraverso la storia di una famiglia palestinese, Ehrenreich racconta quel che accade oggi. All’indomani della presa di posizione degli Usa contro gli insediamenti dei coloni israeliani, che Obama lascia in eredità al nuovo presidente Trump, questo libro inchiesta aiuta a capire cosa accade quotidianamente nelle zone di maggiore tensione, raccontando le dinamiche che fomentano la rabbia e il modo in cui l’esercito israeliano  provoca reazioni violente. Emblematica, per esempio, la conversazione che l’autore riporta nel libro, in cui l’ex soldato israeliano Eran Efrati gli permette di capire come funziona l’occupazione. Ehrenreich lo incontrò a Gerusalemme «all’inizio di una guerra su Gaza che avrebbe lasciato più di 2.000 Palestinesi morti». Efrati aveva lasciato l’esercito da tempo ed era diventato un attivista contro l’occupazione, ma aveva passato la maggior parte degli anni 2006 e 2007 prestando servizio nella città di Hebron nella Cisgiordania meridionale. «Aveva 19 anni quando arrivò, e all’epoca non vedeva motivi per mettere in questione la presenza militare di Israele nella città. Alla sua prima sessione di istruzione, ricorda che un ufficiale chiese ai soldati che cosa avrebbero fatto se avessero visto un Palestinese attaccare un colono con un coltello. Naturalmente la risposta fu che gli avrebbero sparato addosso. Poi l’ufficiale pose la domanda al contrario: e se fosse il colono ad avere il coltello? “E la risposta fu che non puoi fare nulla. Il più che puoi fare è chiamare la polizia, ma non hai il diritto di toccare i coloni. Dal primo giorno l’ordine fu: “non puoi toccare i coloni”. Questo mi sembrò sensato, disse Efrati. I Palestinesi erano il nemico. I coloni sembravano un po’ matti, ma erano ebrei». Un brano di Ben Ehrenreich si può leggere su Assopacepalestina . (Segnalato fra i migliori libri dell’anno dall‘Economist)

delilloZero K di Don DeLillo, last but not least segnaliamo l’ultimo romanzo dell’autore di Underworld, Rumore bianco e Cosmopolis, pubblicato da Einaudi nella traduzione di Federica Aceto. Zero K è uscito negli Stati Uniti lo scorso maggio ed è il sedicesimo romanzo di DeLillo, che insieme a Thomas Pynchon ha saputo raccontare la deriva dell’America postmoderna, fra solitudini abissali e miraggi di felicità  fabbricati dal consumismo. Il titolo di Zero K è preso in prestito dallo 0 kelvin, lo zero assoluto, la temperatura più bassa che si possa ottenere. I due protagonisti  credono che facendo congelare e conservare a i propri corpi, in futuro potranno tornare a vivere, grazie a nuove scoperte scientifiche. Positivismo e religione si scambiano le parti in questa nuova opera di DeLillo che non manca di rimarcare che anche l’eternità costa e solo i pochi se la possono permettere. (Segnalato dal Guardian).

Per continuare il viaggio:

The books we loved in 2016 New Yorker

tutti i libri segnalati dal New York Times ,

Ten books that will make you a better person in 2017, The Independent

The best fiction 2016 The Guardian

Los 10 mejores libros de 2016 El Pais

The best books of 2016  The Economist

Hera are the best books of 2016 so far Time

Les 20 meilleurs livres de 2016 L’Express

The ten best books  BBC