È tornato nelle librerie l’anno scorso il Mein Kampf di Adolf Hitler e non senza suscitare polemiche. Duemila pagine, 5mila note a margine, un prezzo di copertina di 59 euro, a pubblicare l’edizione “critica” del manifesto dell’ideologia nazista era stato l’Istituto di Storia Contemporanea di Monaco di Baviera (IfZ), sfruttando il fatto che, essendo passati 70 anni dalla morte dell’autore (Hitler si suicidò a Berlino il 30 aprile 1945 per evitare la cattura). L’obiettivo secondo l’istituto era fare i conti con il passato del popolo tedesco e decostruire la propaganda del dittatore in maniera duratura. La notizia un anno dopo è che le copie vendute sono state 85mila, facendo del libro, a quanto sostiene l’editore in Germania, un vero e proprio bestseller. Le ristampe della prima riedizione dal dopo guerra sono andate esaurite in pochissimo tanto che, dopo una prima tiratura di 4mila copie l’IfZ ha provveduto a produrre altre ristampe, ad un anno esatto siamo giunti addirittura alla sesta. Ma la riedizione del Mein Kampf ha contribuito a fare tornare in voga l'ideologia nazista? A quanto pare no, anzi. L’Istituto, ben lontano dal desiderio di promuovere l’estremismo politico di destra, ha anche organizzato nel corso dell’anno una serie di presentazioni, in Germania e in Europa, per spiegare il senso dell’operazione e un’analisi critica del testo di Hitler. «L’idea che ripubblicare il libro avrebbe promosso l’ideologia del dittatore o reso anche solo più socialmente accettabili le sue sue tesi dando ai neo-nazisti nuovo spazio di propaganda si è dimostrata del tutto infondata» ha spiegato Andreas Wirsching, direttore dell’istituto di Storia Contemporanea di Monaco, al The Guardian. «Al contrario - ha continuato Wirsching - il dibattito che si è sviluppato attorno alla visione del mondo promossa da Hitler nel Mein Kampf e il suo approccio alla propaganda offrono l’opportunità di riflettere sulle cause e sulle conseguenze delle ideologie totalitarie in un periodo storico in cui visioni politiche autoritarie e slogan estremisti di destra sembrano prendere di nuovo piede».

«Si tratta di un'occasione per riflettere sulle cause e sulle conseguenze delle ideologie totalitarie in un periodo storico in cui visioni politiche autoritarie e slogan estremisti di destra sembrano prendere di nuovo piede»


Anche i dati di vendita forniti dai librai sembrano confermare la tesi del direttore dell’IfZ. Chi compra il Mein Kampf infatti è generalmente un cliente interessato a temi storici e politici e ben istruito, non un un reazionario, radicale di destra. Può sembrare banale, ma in tempi in cui il fascismo più o meno camuffato sembra fare di nuovo la sua comparsa nel mondo, avere una chiara conoscenza del “nemico” (quello vero antidemocratico e antiliberale, non quello su cui i populisti puntano il dito per far piacere alla pancia del Paese) e di quello che hanno significato e innescato storicamente determinate affermazioni e visioni del mondo, può essere una via efficace per non ricadere negli errori del passato.

È tornato nelle librerie l’anno scorso il Mein Kampf di Adolf Hitler e non senza suscitare polemiche. Duemila pagine, 5mila note a margine, un prezzo di copertina di 59 euro, a pubblicare l’edizione “critica” del manifesto dell’ideologia nazista era stato l’Istituto di Storia Contemporanea di Monaco di Baviera (IfZ), sfruttando il fatto che, essendo passati 70 anni dalla morte dell’autore (Hitler si suicidò a Berlino il 30 aprile 1945 per evitare la cattura). L’obiettivo secondo l’istituto era fare i conti con il passato del popolo tedesco e decostruire la propaganda del dittatore in maniera duratura. La notizia un anno dopo è che le copie vendute sono state 85mila, facendo del libro, a quanto sostiene l’editore in Germania, un vero e proprio bestseller. Le ristampe della prima riedizione dal dopo guerra sono andate esaurite in pochissimo tanto che, dopo una prima tiratura di 4mila copie l’IfZ ha provveduto a produrre altre ristampe, ad un anno esatto siamo giunti addirittura alla sesta.

Ma la riedizione del Mein Kampf ha contribuito a fare tornare in voga l’ideologia nazista?
A quanto pare no, anzi. L’Istituto, ben lontano dal desiderio di promuovere l’estremismo politico di destra, ha anche organizzato nel corso dell’anno una serie di presentazioni, in Germania e in Europa, per spiegare il senso dell’operazione e un’analisi critica del testo di Hitler. «L’idea che ripubblicare il libro avrebbe promosso l’ideologia del dittatore o reso anche solo più socialmente accettabili le sue sue tesi dando ai neo-nazisti nuovo spazio di propaganda si è dimostrata del tutto infondata» ha spiegato Andreas Wirsching, direttore dell’istituto di Storia Contemporanea di Monaco, al The Guardian. «Al contrario – ha continuato Wirsching – il dibattito che si è sviluppato attorno alla visione del mondo promossa da Hitler nel Mein Kampf e il suo approccio alla propaganda offrono l’opportunità di riflettere sulle cause e sulle conseguenze delle ideologie totalitarie in un periodo storico in cui visioni politiche autoritarie e slogan estremisti di destra sembrano prendere di nuovo piede».


«Si tratta di un’occasione per riflettere sulle cause e sulle conseguenze delle ideologie totalitarie in un periodo storico in cui visioni politiche autoritarie e slogan estremisti di destra sembrano prendere di nuovo piede»


Anche i dati di vendita forniti dai librai sembrano confermare la tesi del direttore dell’IfZ. Chi compra il Mein Kampf infatti è generalmente un cliente interessato a temi storici e politici e ben istruito, non un un reazionario, radicale di destra. Può sembrare banale, ma in tempi in cui il fascismo più o meno camuffato sembra fare di nuovo la sua comparsa nel mondo, avere una chiara conoscenza del “nemico” (quello vero antidemocratico e antiliberale, non quello su cui i populisti puntano il dito per far piacere alla pancia del Paese) e di quello che hanno significato e innescato storicamente determinate affermazioni e visioni del mondo, può essere una via efficace per non ricadere negli errori del passato.