Julian Assange aveva detto che avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di non vedere Hillary Clinton alla Casa Bianca. Salvo poi spiegare che il materiale diffuso dalla sua Wikileaks non è frutto dell’hackeraggio russo. L’essersi prestato a un’operazione di manipolazione fatta da una potenza straniera contro gli Stati Uniti non sarebbe infatti buona propaganda per il libertario fondatore dell’organizzazione che mette in rete materiali hackerato. E che Clinton non avrebbe mai perdonato.
E nessuno avrebbe mai immaginato che, in questi anni strani da leggere, il presidente eletto repubblicano formasse una strana alleanza con Assange. Eppure, Trump, con l’ennesimo tweet ha sostenuto quel che sostiene il fondatore di Wikileaks che ha sempre negato che a passargli le migliaia di e-mail rubate dai server del partito democratico non siano stati hacker russi. «Assange … dice che i russi non gli ha dato le informazioni!» twitta Trump, che ieri ha anche parlato (scritto) del rinvio del briefing delle agenzie di intelligence sulla vicenda del tentativo russo di influenzare il voto americano. In quel caso “briefing” e “intelligence” erano scritti tra virgolette, come dire, sono tutte balle, aggiungendo «Forse hanno bisogno di più tempo per montare il caso». Un modo di relazionarsi con le agenzie che è inusuale per un presidente e rischioso: i conflitti con le agenzie vanno trattati con le pinze, i direttori cambiano, ma gli agenti che lavorano rimangono dove sono. Tra l’altro, i funzionari dell’intelligence Usa incaricati delle indagini hanno insistito non vi è stato alcun ritardo nel calendario del briefing.
Altro aspetto singolare, che non muta, nonostante l’avvicinarsi dell’inaugurazione (il 20 gennaio) è la voglia di Trump di commentare e intervenire direttamente sulle notizie sui social. In campagna elettorale funziona, da presidente può generare problemi e crisi diplomatiche, come è già capitato in questi mesi con la Cina.
Lo spin di Trump punta a fare due cose: depotenziare la mina russa, che se fosse dimostrato l’hackeraggio sarebbe un grosso problema di immagine per lui e complicherebbe il riavvicinamento con Putin e a dare la colpa dell’eventuale hackeraggio ai democratici. Il tweet del presidente dice infatti: «Assange dice che anche un bambino avrebbe potuto entrare nel server democratico». La colpa, insomma, è la loro.