L’ambiente legato alla famiglia Kennedy, da decenni al centro della vita politica americana, un tempo era denominato scherzosamente Camelot, la capitale del regno di re Artù. Uno sfarzoso centro di potere. Se nei prossimi anni dovessimo cercare un nome a quanto sta costruendo attorno a sè Donald Trump, probabilmente potremo chiamarlo Disneyworld: altrettanto sfarzoso visto da lontano, appiccicaticcio e pacchiano da vicino.
L’ultimo acquisto di Disneyworld è Jared Kushner, il 36enne genero del presidente eletto, che tra 10 giorni giurerà sul mall di Washington. Il marito della figlia Ivanka è una delle persone di cui Trump si fida davvero, costruttore miliardario anche lui, sarà consigliere del presidente per una vasta gamma di temi e svolgerà un ruolo cruciale in politica estera: in questi giorni ha incontrato il capo del Foreign Office britannico, Boris Johnson assieme a Steve Bannon, l’estremista di destra stratega di Trump. Kushner è anche uno che ha investito in insediamenti nei territori occupati da Israele, non proprio una figura neutrale in quel conflitto.
Kushner è un ebreo ortodosso, a 25 anni ha comprato il New York Observer, giornale che durante la campagna elettorale ha schierato in maniera truce contro Clinton (la più corrotta e ricca candidata di sempre), è entrato ad Harvard grazie a una donazione milionaria di suo padre, sopravvissuto all’Olocausto e fondatore dell’impresa che oggi guida Jared, passato al volante a soli 25 anni, ha trasferito il family business dal New Jersey a Manhattan. Come aveva fatto Donald Trump, sbarcando da Queens.
Jared diventa capo dell’impresa di famiglia così giovane è semplice: il padre Charles è stato condannato per frode fiscale e deve cedere il passo per ragioni legali. A promuovere il caso contro Kushner padre fu l’allora procuratore generale del New Jersey e oggi governatore dello Stato, Chris Christie, uno dei primi alleati pesanti di Trump, fatto fuori dall’amministrazione proprio su richiesta del neo-consigliere del presidente. Anche in questo, Jared è simile a Trump: vendicativo – i media sono pieni di storie simili legate ai suoi affari. E leale, come piace a Donald, che si è fatto guidare e sostenere dal genero in più di un’occasione durante la campagna elettorale: Kushner ha difeso la controversa scelta di Bannon, ripetuto in maniera ossessiva a Trump di fidarsi del suo istinto e non stare a sentire quel che gli alleati dei circoli repubblicani dicevano preoccupati. In campagna elettorale hanno avuto ragione Bannon, Kushner e la stratega Conway, anche lei destinata a un posto nell’amministrazione.
La nomina di Kusnher pone però un problema, l’ennesimo, di conflitto di interesse. Come Trump, il genero si occuperà di avere a che fare con capi di Stato e businessman con i quali ha potenziali interessi confliggenti con quelli del Paese che rappresenta – o più banalmente interesse a vedere favoriti i propri investimenti. Non solo: anni dopo che Kennedy nominò il fratello Bob al Dipartimento di Giustizia, il Congresso approvò una legge sul nepotismo. I democratici sostengono che il profilo di Jared sia esattamente ciò che quella legge bandisce dalle amministrazioni in carica. L’avvocato di Kushner, invece, annuncia che il genero si dimetterà da ogni incarico nelle sue imprese, che il lavoro da consiglere sarà a titolo gratutito e sostiene che la legge sul nepotismo non vada applicata in caso di staff della casa Bianca – ma solo per i posti nell’amministrazione. C’è il precedente di Hillary, nominata da Bill presidente della commissione che avrebbe dovuto lavorare alla riforma sanitaria. Non è proprio la stessa cosa.
Vedremo: in questi giorni cominciano anche le audizioni in Senato per la conferma dei ruoli cruciali dell’amministrazione Trump. Ci sono diversi segretari con problemi nel curriculm, il Segretario nominato alla Giustizia Sessions è un razzista patentato e quello al Tesoro ha gestito alcune operazioni speculative sulle quali i senatori democratici cercheranno di fare luce in diretta Tv. Che riescano davvero a mettere Trump in difficoltà con la guerriglia in Senato è difficile da credere: come ha sempre suggerito Kushner, Trump andrà avanti per la sua strada, infischiandosene delle regole non scritte della democrazia. Se e quando dovrà affrontare una crisi vera, cominceranno i problemi.
Intanto, la nomina di Jared è costata il posto a Ivanka, sua moglie. Anche lei è una della figure chiave del clan Trump, ma due parenti stretti su due sarebbe stato troppo. Persino per lui.