A Donald Trump non piacciono l’Europa, la Germania, gli immigrati, la Nato: “Ooops I did it again” (Ooops, l’ho fatto di nuovo) è una vecchia e brutta canzone di Britney Spears, che non è famosa per aver cambiato la storia della musica. Il titolo potrebbe essere rimaneggiato in “Ooops lo ha fatto di nuovo” e riferito a Donald Trump, che con tre interviste del weekend ha fatto nuove promesse difficili da rispettare e dato un altro colpo alla politica estera degli Stati Uniti – non a quella di Obama, ma a quella americana in generale.
Partiamo dalle prime due, concesse alla tedesca Bild e a Michael Gove del britannico Times, deputato conservatore campione della Brexit, che ha cercato invano di diventare premier per poi ritirarsi – un pessimo personaggio: era alleato di Cameron, prima di passare con Boris Johnson a guidare la campagna anti Ue e poi tradire anche lui, per cercare di prendersi il posto oggi di Theresa May. Nell’intervista il presidente eletto sostiene che «il Regno Unito ha fatto benissimo a uscire dall’Europa, divenuta un veicolo della Germania», promette un accordo commerciale bilaterale con Londra, spiega che l’uscita dall’Europa farà bene al Paese e dice di aspettarsi scelte simili da altri Paesi. In poche parole fa il tifo attivo per la dissoluzione dell’Unione europea.
Parlando di Merkel, il futuro presidente Usa ne critica la politica di apertura nei confronti dei migranti e richiedenti asilo. La risposta vale la pena di essere riportata tutta:«Penso che abbia fatto un errore catastrofico a prendere tutti questi clandestini, facendo entrare tutte quelle persone che nessuno sa ancora da dove vengano…La gente, i Paesi, vogliono difendere la propria identità e il Regno Unito hanno voluto tenersi la propria. Se non fossero stati costretti a prendere tutti quei profughi, con tutti i problemi che comportano, non ci sarebbe stata la Brexit». Trump scambia la realtà con le fake news in vario modo e prende a prestito gli argomenit della campagna per la Brexit: quelli entrati in Germania sono soprattutto siriani in fuga dalla guerra e non clandestini, lo spettro degli stranieri è stato l’argomento forte della campagna referendaria britannica, spesso fatta utilizzando numeri inventati, infine parla di identità, come la destra populista europea. E infatti il presidente eletto aggiunge che «non mi stupirei se altri Paesi lasciassero l’Europa presto». Un incoraggiamento suggellato dalle telefonate fatte a diversi leader Ue in queste settimane nelle quali l’argomento dell’uscita e la domanda «Chi è il prossimo?» è stata fatta a più riprese – lo ha rivelato l’ambasciatore americano a Bruxelles Gardner, dimissionario e molto critico: «Dovremmo fare di tutto per tenere l’Europa unita», ha detto.
Parlando di fiducia nei leader stranieri, Trump equipara il presidente russo Putin alla Cancelliera tedesca: «Comincio la presidenza fidandomi di entrambi, ma potrei presto perdere la fiducia». Poi critica la Nato che non fa la lotta al terrorismo e i cui membri non fanno la loro parte, minaccia le industrie tedesche di imporre dazi se le auto che vendono negli Usa non saranno costruite negli Usa. Dazi che vedrebbero una risposta tedesca immediata. Con conseguenze pericolose.
Quanto all’Europa, Trump ha anche detto che ci potrebero essere restrizioni ai viaggi dei cittadini Ue verso gli Usa: «Solo parte dell’Europa… c’è gente che entra e crea problemi, non li voglio».
Le interviste segnalano un approccio del presidente eletto identico a quello di Steve Bannon, suo stratega e membro dell’estrema destra americana in combutta con quella europea. In sueste settimane Trump ha incontrato il leader dell’Ukip Nigel Farage e Michael Gove, prima di vedere la premier Theresa May (che sarà a Washington molto presto). Due interviste nelle quali Trump mostra ancora una volta di non avere senso della diplomazia, in cui maltratta gli amici di sempre mettendoli sullo stesso piano di Paesi con cui gli Usa sono ai ferri corti, si intromette negli affari europei. Un pessimo, pessimo inizio.
Anche in casa le cose sono confuse. Parlando con il Washington Post Trump ha promesso una nuova legge slla sanità in poche settimane e capace di costare di meno e coprire il 99% dei cittadini Usa. Ora: nessuno sa cosa abbia in testa e lui non ha dato particolare – probabilmente non ne ha – ma di certo l’idea di una riforma nuova di zecca, capace di rimpiazzare in settimane quella Obama e di costare meno e anche coprire di più, sembra una cosa molto improbabile. Sul tema le tensioni con il Congresso a maggioranza repubblicana potrebbero essere enormi. Intanto in giro per gli Usa, nel weekend, migliaia di persone sono scese in piazza per difendere la rifroma sanitaria Obama e gli immigrati a rischio deportazione.
Trump è anche ai ferri corti con le agenzie di intelligence. Il capo della Cia uscente Brennan, che ha definito «oltraggioso» il paragone tra le agenzie di sicurezza e la Germania nazista fatto da Trump dopo che il dossier di dubbie origini sui suoi legami con la Russia è stato reso noto. «Non siamo stati noi a diffonderlo, era pubblico».
Oltra al fronte aperto con la comunità dell’intellgence, Trump ha anche ataccato John Lewis, rappresentante afroamericano, leader storico del movimento per i diritti civili e sodale di Luther King. Due giorni prima del Martin Luther King Day, Trump ha twittato che Lewis (che ha molto criticato la nomina del razzista Jeff Sessions a Segretario alla Giustizia) è uno che «sa solo parlare e non fa nulla». La reazione della comunità nera è stata furibonda: Lewis è uno che è stato picchiato e arrestato dalla polizia decine di volte negli anni 60 ed è una delle figure più rispettate del Congresso.
Anche per i suoi insulti a Lewis, una serie di membri del Congresso hanno annunciato che non saranno all’inaugurazione del 20. Il 21 a Washington si tiene la Women’s March (la stessa che c’è stata anche a Roma e in mille altre città del mondo) e, sembra di capire, sarà una delle più grandi manifestazioni di sempre. Donald Trump potrebbe arrivare a dire che il successo della manifestazione è merito suo. E in qualche senso avrebbe ragione.