Le notizie non vengono mai sole. In quel che ha definito il primo giorno di presidenza (ufficialmente il quarto), Donald Trump ha firmato una serie di ordini esecutivi congelando le assunzioni nel pubblico impiego federale, cancellando i finanziamenti per le Ong che offrono anche l’aborto tra i servizi erogati, portando fuori gli Stati Uniti dalla Trans Pacific Partnership, il trattato commerciale fortemente voluto da Washington che crea una zona di libero scambio nel Pacifico. Misure che avranno effetti negativi sugli Stati Uniti, tutte. Della notizia falsa per cui il presidente eletto avrebbe «vinto il voto popolare nemmeno parliamo, se solo 5 milioni non avessero votato illegalmente», nemmeno parliamo. Non siamo nell’era della post-verità ma delle bugie clamorose.
Come mai? Ciascuna rientra nel disegno populista e di destra conservatrice di Trump. Il taglio delle assunzioni è un modo per dire: «Meno Stato». Peccato che il numero di impiegati federali sia più o meno lo stesso che ai tempi di Clinton, molto più basso che nell’epoca post-bellica e più basso degli anni del campione dello smantellamento del pubblico Ronald Reagan. Le assunzioni pubbliche hanno salvato l’economia dal collasso nel biennio 2009-2010 e poi il numero di impiegati è diminuito a causa dei tagli al bilancio federale voluti dai repubblicani in una serie di showdown con il presidente Obama sul tetto del deficit. Non c’è un’emergenza lavoro pubblico e congelando le assunzioni si rischia di non avere il personale per svolgere adeguatamente i servizi, se e quando fosse necessario.
Veniamo all’aborto. La scelta segnala come Trump sia ostaggio dell’ala religiosa e conservatrice del partito repubblicano. Una politica simile venne già messa in atto da George W. Bush (in quegli anni la prevenzione dell’Aids si faceva predicando l’astinenza) e produsse l’effetto contrario a quello voluto. Come mai? Perché le Ong che lavorano e offrono anche l’aborto sono le stesse che distribuiscono anticoncezionali e fanno educazione e prevenzione. Senza di loro in certi Paesi africani aumentano le gravidanze non volute e gli aborti praticati in condizioni non ottimali. Risultato finale: più aborti, più malattie sessualmente trasmissibili, aumento delle donne morte per parto. L’ordine esecutivo segnala tra l’altro la volontà di aprire un fronte “etico” che è proprio quello che ha portato milioni di donne a marciare nelle strade degli Stati Uniti lo scorso weekend. La preoccupazione è quella che questo sia solo il primo passo di un attacco ai diritti.
(Particolare sottolineato da molti in rete: l’ordine sull’aborto viene firmato in una stanza popolata da maschi bianchi, come mostra la foto qui sopra)
Infine il tema più controverso, quello dei trattati commerciali, una storica battaglia della sinistra divenuta bandiera della destra. Da un lato c’è la retorica isolazionista che sembra piacere molto anche in Italia ed Europa – gli elogi a Trump per il ritiro dal TTP fioccano – dall’altro c’è una mossa strategica che rischia di essere sbagliata. E infine c’è l’idea che Trump sia un campione dei lavoratori, perché punta a frenare l’emorragia di posti di lavoro che vengono trasferiti all’estero. Uscendo dal TTP, gli Stati Uniti fanno un piacere alla Cina, che si trova a essere il vero grande partner commerciale possibile per gli altri Paesi di Asia e Pacifico – Australia compresa. Il TTP sembrava pensato proprio per contenere la voracità dell’economia cinese. Tirandosi indietro, gli Usa di Trump danno un colpo basso ai loro alleati storici e fanno un favore a Pechino. Che al contempo indicano come il nemico numero uno. L’opposizione al TTP era forte tra i lavoratori e la sinistra (Bernie Sanders in testa) per ragioni che riguardano i comportamenti possibili delle multinazionali e l’abolizione delle regole. E non è Trump ad aver costruito le campagne contro quei trattati. Ritirandosi, però, il presidente Usa sceglie il protezionismo, che non equivale a più diritti per i lavoratori e non è affatto detto che sia una buona soluzione economica. Trump, tra l’altro, incontrando una serie di imprenditori ha parlato di dazi commerciali in entrata. Con il rischio di scatenare guerre commerciali con vecchi amici degli Usa (Europa, Giappone, ad esempio). Ora, i lavoratori americani guadagnano poco e spendono grazie al fatto di avere un’ampia offerta di merci a buon mercato.Importate. Senza quelle e una rivoluzione dell’organizzazione economica, le cose rischiano di peggiorare per il lavoratore medio. Infine, Trump finge di non sapere che il taglio dei posti di lavoro industriali, negli ultimi anni e molto di più in futuro, è prodotto dall’automazione e dall’introduzione dei robot. La sua preoccupazione, insomma, non sono le salvaguardie ambientali o i diritti dei lavoratori, ma la retorica patriottica.
Ma, abbiamo detto, le notizie non vengono mai sole. E allora ricordiamo nell’ordine che questa mattina Repubblica ci racconta di un sondaggio che indica come gli italiani vogliano un uomo forte. Che lo scorso weekend, mentre le donne marciavano su Washington, a Coblenza si teneva il raduno a porte chiuse della destra nazional-populista europea (Marine Le Pen, Geert Wilders, Matteo Salvini e Frauke Petry) che chiedono chiusura delle frontiere, ritorno della sovranità nazionale e meno immigrazione. Poi c’è Beppe Grillo: sul Journal de Dimanche ci ha spiegato che Trump è un moderato che ha detto alla Cina quel che doveva e che le imprese non andranno più in Messico. La Cina, il Messico (e la Romania, l’Albania e chissà chi altro in Europa) sono quindi i nemici del popolo. Non l’assenza di regole ambientali e di tutela dei diritti dei lavoratori nei trattati commerciali. E i leader che vogliamo sono forti – anche di questo parla Grillo e la copertina dell’account di Salvini è esplicita, oltre ai capi della destra europea e se stesso, ci sono infatti i ritratti di Trump e Putin. Il problema del Movimento 5 Stelle, meno di Salvini e della destra populista, è che le forze politiche, le idee, hanno un’ispirazione generale.
Facciamo un esempio sciocco: se qualcuno dice che “con Mussolini i treni arrivavano in orario” può darsi che dica una cosa vera. Il problema è che mentre alle stazioni erano tutti contenti e l’autarchia trionfava, l’Italia entrava in guerra, gli strumenti democratici venivano aboliti, gli oppositori finivano in galera, gli ebrei venivano mandati nei campi di sterminio. Per fare un elenco ridotto. Le politiche di un governo sono un po’ come un organismo: gli occhi, le orecchie, le mani e il fegato non lavorano ciascuno per conto proprio. Allo stesso modo l’animosità per il Messico e i suoi immigrati, il disprezzo per le donne e i loro diritti (volete la manicure gratis? ha twittato il figlio del consigliere per la sicurezza nazionale dopo la manifestazione), l’abolizione delle regole ambientali e le notizie false spacciate per vere fanno parte di un modo di concepire il governo e il proprio ruolo da parte di Trump e del suo staff ristretto. L’idea di mettere Prima l’America, America First è alla base di questa idea: nazionale, bianca Per tutte queste ragioni sarebbe più utile preoccuparsi del complesso delle cose che Trump sta facendo e non rallegrarsi del ritiro della firma da un trattato.