Secondo la Corte suprema del Regno Unito, il Governo britannico non ha la l’autorità per procedere unilateralmente all’attivazione dell’articolo 50: ne consegue che il Parlamento dovrà esprimersi in merito e decretare l’effettiva uscita del Regno Unito dall’Unione europea.
La Corte suprema si è pronunciata in merito alle procedure legali previste per l’attivazione dell’articolo 50, la clausola del Trattato di Lisbona che disciplina l’uscita dei Paesi membri dall’Ue, questa mattina.
La sentenza rappresenta un colpo durissimo per il Primo ministro, Theresa May, che aveva fatto tutto il possibile per scongiurare una discussione e un voto parlamentare a Westminster.
Siobhan Fenton, su The Independent, riporta le motivazioni dei giudici della Corte suprema: «Il referendum detiene una grande rilevanza politica, ma l’atto parlamentare che ha autorizzato la consultazione popolare non ha definito gli scenari successivi al voto». Sono le parole di Lord Neuberger, il giudice della Corte che ha riportato al pubblico l’esito della riflessione giuridica.
I rappresentanti del Governo britannico che hanno difeso il ricorso dell’esecutivo di fronte alla Corte si sarebbero detti «delusi del risultato», ma avrebbero anche riconosciuto il significato profondo della sentenza: «I cittadini britannici sono fortunati a vivere in uno Stato di diritto, dove chiunque, anche il Governo, deve rispettare in primo luogo la legge».
Cosa accadrà ora? Il Governo dovrà portare in Parlamento un testo di legge che dovrà essere approvato dai deputati. Il primo dubbio riguarderà sicuramente la formulazione del testo stesso da far approvare al Parlamento.
In secondo luogo, si apriranno scenari politici sconosciuti: come voterà il Labour? Si spaccherà ancora di più ora che ha la possibilità di ribaltare l’esito referendario? Jeremy Corbyn ha da poco dato indicazione di votare a favore dell’uscita e quindi dell’attivazione dell’articolo 50. E il partito Conservatore è davvero unito dietro a Theresa May?
Insomma, la Brexit non è ancora scritta.
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