Il 29 giugno 2009 a Viareggio sulla ferrovia divampa un incendio che inghiotte un quartiere e uccide 32 persone. Oggi la sentenza di primo grado che dovrebbe ristabilire quella verità che le vittime e le istituzioni locali chiedono da 7 anni

Non fu tragica fatalità, ma ha dei precisi responsabili, l’inferno di via Ponchielli che 7 anni fa causò la morte di 32 persone.

Arriva dopo 7 anni la sentenza di primo grado sulla strage di Viareggio. Sette anni di reclusione per Mauro Moretti, ex amministratore delegato di Rfi e poi ad di Fs. E, fino a oggi, amministratore delegato di Finmeccanica. Sette anni e mezzo per gli altri dirigenti di Ferrovie e Rete ferroviaria: Michele Mario Elia, allora direttore tecnico della Rfi, e Vincenzo Soprano, ex ad di Trenitalia e di Fs Logistica. Condannate dal giudice anche le società Rete Ferroviaria Italiana e Trenitalia, mentre sono state assolte Ferrovie e Fs Logistica.

In tutto, sono 33 gli imputati nel processo, con accuse di vario titolo che vanno da disastro ferroviario a omicidio colposo plurimo, incendio colposo e lesioni colpose per i quali i pm avevano chiesto 260 anni di reclusione complessiva. dieci dei quali sono stati assolti.

Ad accogliere la sentenza nell’aula del tribunale di Lucca, i familiari delle vittime e 32 sedie vuote con le foto delle vittime del disastro ferroviario. Presenti anche sindaci e rappresentanti delle istituzioni. «Sono stati individuati tutti i maggiori responsabili, ma più di questo non abbiamo capito – rispondono i parenti delle vittime, ancora storditi e confusi dalla complicato dispositivo pronunciato dai giudici. «Dai 16 anni richiesti dai pm ai 7, perché? I nostri avvocati ci spiegheranno», dichiarano a caldo ai giornalisti. «Siamo solo familiari», ribadisce Marco Piagentini, che nella strage perse moglie e due figli: «La sicurezza non funziona. Questo l’abbiamo capito. E abbiamo iniziato a dirlo 7 anni fa». Ma per ulteriori dichiarazioni, il portavoce dell’associazione delle vittime del 29 giugno, Il mondo che vorrei, dà appuntamento a domani alle 11 per una conferenza stampa.

I familiari delle 32 vittime della strage di Viareggio in attesa della sentenza al processo a Lucca, 31 gennaio 2017.ANSA/RICCARDO DALLE LUCHE

Quella notte del 29 giugno 2009
Fiamme, fiamme, fiamme. Ce le ricordiamo tutti, quelle immagini. Sono le 23:48 del 29 giugno 2009, e a Viareggio sulla ferrovia divampa un incendio che inghiotte un quartiere intero, il Terminetto, uccidendo 32 persone. Bambini, donne e uomini che dormivano nelle loro case. Molte di loro moriranno solo dopo giorni di agonia. Decine di altre vittime riporteranno ustioni gravissime, altri dovranno convivere con la morte di uno o più familiari.

Le testimonianze raccolte durante le oltre 140 udienze sono agghiaccianti. Oggi, è arrivata la sentenza di primo grado a ristabilire una verità che le vittime e le istituzioni locali chiedono – e sostengono – da 7 anni. Il processo è iniziato il 13 novembre 2013.

Ma cosa è successo? Un treno merci, il 50325 Trecate-Gricignano, che trasporta 14 cisterne contenenti ciascuna 40mila litri di gpl di proprietà della austriaca Gatx, deraglia. Una delle cisterne sbatta con violenza tale – il treno viaggiava alla velocità di 90km/h – da rompersi. L’esplosione inghiotte le case di via Ponchielli, ma per fortuna non coinvolge le altre cisterne. Ma perché è deragliato? E su cosa è andato a sbattere esattamente?

A cercare di ricostruire ogni tassello della vicenda, la  procura di Lucca. I pm Giuseppe Amodeo e Salvatore Giannino aprono immediatamente l’inchiesta. Per loro si è trattato di «superficialità, macchinari obsoleti e controlli non corretti. In poche parole, la banalità del male». Per questo vogliono risalire fino al più alto grado di responsabilità di quella che avrebbe potuta essere una vera e propria apocalisse. Sono 33 gli imputati nel processo, più sette società, per disastro ferroviario colposo, omicidio colposo plurimo, incendio colposo e lesioni personali colpose. 260 gli anni di reclusione complessivi richiesti.

Prima di tutto per Mauro Moretti, prima a capo di Rfi (Rete Ferroviaria Italiana) e poi della Holding Ferrovie dello Stato, per il quale l’accusa ha chiesto 16 anni, mentre 15 anni sono stati chiesti per Mario Michele Elia, alla direzione tecnica delle Rete ferroviaria italiana al tempo dei fatti.

Prima della sentenza, i familiari delle vittime hanno sfilato davanti al tribunale di Lucca. Il sindaco di Viareggio Giorgio Del Ghingaro: «La città chiede da tanti anni che giustizia venga fatta, e con il massimo rispetto delle istituzioni della magistratura e dei giudici, credo – ha detto prima di entrare – che le famiglie e la stessa città di Viareggio abbiano diritto ad avere risposte».

L’arrivo del corteo dei familiari delle vittime della strage di Viareggio al Polo fieristico, dove si e’ aperta la 145/a udienza del processo per il disastro avvenuto alla stazione della cittadina della Versilia il 29 giugno del 2009 che costò la vita a 32 persone, Lucca, 31 gennaio 2017. ‘Viareggio 29-6-2009 niente sarà più come prima’ è lo striscione con le foto di tutte le vittime che apre il corteo silenzioso dei familiari. Con loro anche una rappresentanza dei macchinisti delle Ferrovie, una bandiera del gruppo delle ‘Tartarughe lente’, alcuni rappresentanti dei No Tav. ANSA/ RICCARDO DALLE LUCHE

Tra i comitati arrivati al Polo fieristico dove è in corso l’udienza finale, anche i familiari delle vittime del Moby Prince, No Eternit da Casale Monferrato, i No Tav, i macchinisti di ‘In marcia’, etanti altri gruppi di sostegno di Viareggio e Lucca.

Impicciarsi di come funzionano le cose, è più forte di lei. Sarà per questo - o forse per l'insanabile e irrispettosa irriverenza - che da piccola la chiamavano “bertuccia”. Dal Fatto Quotidiano, passando per Narcomafie, Linkiesta, Lettera43 e l'Espresso, approda a Left. Dove si occupa di quelle cose pallosissime che, con suo estremo entusiasmo invece, le sbolognano sempre: inchieste e mafia. E grillini, grillini, grillini. Dalla sua amata Emilia-Romagna, torna mestamente a Roma, dove attualmente vive.