«T2 Trainspotting fa riflettere su questo: fino a che punto le dipendenze bloccano l’evoluzione in adulti responsabili?». Il regista Danny Boyle torna dietro la macchina da presa per raccontare le nuove dipendenze

«Dopo la prima ho messo su il vinile dei Pink Floyd, The Wall. Un album affascinante, uno dei migliori in assoluto». Inizia così la nostra intervista al regista Danny Boyle, che in questi giorni presenta T2 Trainspotting, sequel atteso per più di vent’anni, in cui al centro permangono gli effetti delle droghe e delle dipendenze, e le conseguenti evoluzioni delle stesse. «La ricerca del passato è diventata la dipendenza più forte per Renton e compagni», ci confida Boyle. E forse la citazione del vinile è un effetto di quella dipendenza, dello spasmodico bisogno di un ritorno a un passato idealizzato, in cui si è certi di vivere meglio rispetto al presente.

Trainspotting affrontava con cinismo e razionalità la questione dell’abuso delle sostanze stupefacenti, in particolare dell’eroina, nelle giovani generazioni. Come sono cambiate quelle dipendenze?

Si può intuire già dal trailer del film, in cui il celebre discorso del protagonista, Mark Renton, interpretato da Ewan McGregor, cambia rispetto a Trainspotting: stila un elenco delle nuove dipendenze moderne, diverse da quelle che potevamo avere negli anni 90.

Sì, «Scegliete facebook, twitter, instagram, e sperate che, da qualche parte, a qualcuno, freghi qualcosa», dice Renton, i tempi sono cambiati. Ma la dipendenza consumistica del 1996 era diversa, per esempio spappolarsi il cervello davanti ai quiz in tv ingozzandosi di schifezze…

In T2 Trainspotting il passaggio a nuove dipendenze è rilevante ed evidente, non solo nel discorso motivazionale del protagonista, è qualcosa che percepiamo senza neanche accorgercene. Ci sono scene in cui vediamo gente seduta al ristorante che si comporta esattamente come noi, che non schiodiamo gli occhi dal cellulare neanche quando attraversiamo la strada, dipendenti da tutte queste informazioni che viaggiano veloci, e di cui non riusciamo a fare a meno.

Nel film l’eroina e gli effetti devastanti dell’Aids lasciano il posto a twitter e facebook, ok. Però c’è la cocaina, Sick Boy (Jonny Lee Miller) se ne fa ambasciatore anche se non è più lo stesso. Adesso la sua attenzione è canalizzata sul porno e, salvo una ricaduta in nome dei “bei vecchi tempi”, la droga della sua adolescenza, l’eroina, lascia il posto alla polvere bianca. Cosa è cambiato?

Il primo film è incentrato sulla sfida che rappresenta l’adolescenza, sullo sbeffeggiare le scelte che la vita apparentemente impone, in contrasto con la ricerca del piacere e dell’evasione che invece la droga, specialmente l’eroina, comporta per i protagonisti. A distanza di vent’anni, nel pieno di un periodo che dovrebbe comportare consapevolezza e responsabilità, quel discorso assume un ruolo diverso.

La lunga intervista a Danny Boyle e lo speciale sull’eroina lo trovate su Left in edicola dal 4 febbraio

 

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