Le tribù native marceranno su Washington il 10 marzo. La senatrice Warren messa a tacere in aula durante la conferma di Jeff Session utilizzando una norma procedurale. Media, giudici e opposizione: l'amministrazione Trump ha uno strano concetto di equlibrio dei poteri

Una nuova giornata di montagne russe per la democrazia americana. Quanto sta succedendo è un attacco ai contropoteri americani: media e sistema giudiziario. E un uso delle regole che tende a silenziare il dissenso e sfidare la protesta. Ovvero un restringimento degli spazi democratici contro il quale i repubblicani non sembrano volersi ribellare. L’ultima notizia, in ordine di tempo, è che l’amministrazione ha dato il via libera all’oleodotto contestato dai Sioux e da tutte le tribù native americane con lunghi presidi al freddo di Standing Rock, nel Nord Dakota.
Il progetto attraversa quattro Stati e trasporterà il greggio dai giacimenti del Dakota alle reti di gasdotti e raffinerie nel Midwest. Gli oppositori hanno ribadito molte volte come questo sia dannoso per l’ambiente. Le tribù invece ricordano come quelli siano per loro terreni sacri. Immaginate un po’ che succederebbe se si decidesse di far passare un oleodotto per Gerusalemme. Aspettiamoci battaglie giudiziarie e una resistenza molto dura da parte dei nativi e degli ambientalisti. Una marcia su Washington è già stata convocata per il 10 marzo.

 

La seconda notizia è che, utilizzando una norma procedurale mai usata o quasi, il leader della maggioranza in Senato, Mitch McConnell, ha fatto togliere la parola alla senatrice del Massachussetts Elizabeth Warren. La paladina dell’ala liberal del partito stava parlando durante una maratona oratoria pensata per rallentare il processo di conferma del Segretario alla Giustizia Jeff Sessions, noto per le aver lavorato per disincentivare il voto afroamericano in Alabama, dove è stato Procuratore generale. Warren stava leggendo una lettera di Coretta Scott King, la vedova di Marthin Luther, che, nel 1986, chiedeva che Sessions non venisse confermato giudice federale – la nomina venne bocciata all’epoca. King scriveva: «Sessions ha utilizzato il suo ruolo istituzionale per frenare il libero esercizio di voto da parte dei cittadini neri». In precedenza, Warren ha letto anche le parole di Ted Kennedy, suo predecessore e membro del comitato che bocciò Sessions definito dal senatore «una vergogna per il Dipartimento di Giustizia che dovrebbe ritirare la sua nomina e dimettersi». La regola usata da McConnell indica che un senatore non può «imputare ad altri senatori comportamenti indegni o disdicevoli». McConnell ha detto: «Era stata avvisata, le è stata data una spiegazione ha insistito», diventato immediatamente uno slogan sui social network. A Warren è stata tolta la parola e lei, è uscita dall’aula e ha letto la lettera su facebook (il video qui sotto): visto da tre milioni di persone in poche ore. McConnell ha insomma elevato Warren alla faccia dell’opposizione a Trump.

Terza notizia: il Senato ha confermato l’improbabile nomina di Betsy DeVos a Segretario all’istruzione, con due voti contrari di senatori repubblicani e il voto determinante del vicepresidente Mike Pence. È la prima volta che succede per una nomina che il vice esprima il suo voto – che è quello determinante quando il Senato è diviso esattamente a metà. DeVos è impreparata come pochi al compito, ha una preferenza ideologica per le scuole private e, durante le audizioni, ha sostenuto che non si devono bandire le armi dalle scuole, utilizzando come spiegazione «In Wyoming potrebbero doversi difendere da un grizzlie».

Oggi è attesa la sentenza del tribunale che deve dirimere la questione dell’ordine esecutivo che vieta l’ingresso negli Stati Uniti ai musulmani di sette Paesi. L’amministrazione ha infatti portato in appello la sentenza del giudice di Seattle che lo invalidava. Se il tribunale dovesse decidere contro l’ordine di Trump, aspettiamoci un diluvio di tweet contro i giudici e i media. Ieri, i mezzi di informazioni sono stati presi di mira perché non raccontano di attentati perpetrati da musulmani nel mondo. L’amministrazione ha fornito un elenco di episodi mal riportati dai media. Ora, a parte che l’elenco è pieno di errori di grammatica, come nota Dana Milbank nella sua colonna, si tratta di una lista fuorviante: molti degli attentati sono finiti per giorni in prima pagina, altri non sono attentati terroristici. Nessuno vede vittime musulmane, che notoriamente sono la maggior parte dei morti negli attentati terribili che capitano in Iraq, Afghanistan, Siria.

Altre azioni dell’amministrazione in questa direzione prenderebbero troppe righe per essere ricostruite, ma gli elementi sono diversi, specie in materia di restringimento del diritto di voto. Poi c’è la politica estera da incubo. L’amministrazione Trump non ha ancora compiuto un mese.