«Podemos deve uscire da Vistalegre II (il nome della seconda assemblea nazionale del partito, ndr) con un immagine migliore di quella che ha mostrato ultimamente». Sono le parole di Pablo Iglesias, fondatore e leader di Podemos, durante un’intervista con ElPais, pubblicata stamani. Il messaggio di Iglesias è chiaro: «Dobbiamo superare alcuni elementi del nostro Dna». Quali? Innanzitutto, «dobbiamo smettere di essere il partito dei professori della Complutense (nome dell’università di Madrid in cui è nato il movimento che ha portato alla creazione di Podemos, ndr)».
E Iglesias non usa certo mezzi termini nel descrivere il valore strategico della prossima assemblea: «In ballo non c’è in soltanto il mio futuro personale, bensì quello di Podemos». In effetti la base sarà chiamata a decidere la strategia politica del partito per i prossimi anni: da una parte c’è Pablo Iglesias, dall’altra, Íñigo Errejón, il numero due di Podemos. Iglesias si candida con una politica radicale ancorata nella società civile e nei movimenti, il secondo con un programma più moderato che guarda, soprattutto, alle evoluzioni del sistema partitico e ad un’alleanza con il Partito socialista (Psoe) di oggi.
Durante l’intervista, Iglesias ha messo in chiaro che si dimetterebbe in caso dovesse «uscire sconfitto dal congresso». Anche perché, secondo il leader di Podemos, in politica si «deve andare dritti per una strada», senza «confondere l’elettorato» e le persone a cui si chiede il voto.
Approfondendo la sua visione per il futuro di Podemos, Iglesias ha specificato che il partito si trova in una fase storica in cui deve «essere trasversale», senza però «normalizzarsi», senza «parlare alla stregua della politica di sempre», bensì «continuando a seguire la società civile». Per Iglesias è «una questione di coerenza».
Parlando delle trasformazioni politiche del sistema spagnolo, il leader di Podemos ha sottolineato che, sulla scia dei movimenti del 15-M (abbreviazione che indica una serie di proteste civili nate il 15 maggio del 2011 e che hanno dato vita a un vero e proprio movimento civile e politico, ndr.), è in corso una «trasformazione del sistema partitico» e del «linguaggio» richiesto dalla classe popolare e media. Allo stesso modo, secondo Iglesias, sta avvenendo un cambiamento di preferenze politiche a livello generazionale: «Non è casuale che Podemos sia una forza maggioritaria tra i under 45 e nei territori più sviluppati», per esempio nelle città.
Ma come si arriva al potere per realizzare il cambiamento? Iglesias sostiene che, in futuro, l’unica prospettiva realistica è quella di «trovare un’intesa con il Psoe». Ma cosa cambia rispetto alla posizione di Errejón allora? Che sta al Partito socialista, in primo luogo, cambiare il suo atteggiamento e il suo modo di fare politica. In altri termini, non è Podemos che deve diventare una sorta di «Psoe 2.0».
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