Di sinistra o "trasversali"? Ci eravamo chiesti alla vigilia di questo congresso. Alla fine ha vinto la linea di Pablo Iglesias. «Un mandato di unità e umiltà», la definisce così la sua rielezione a segretario generale del partito

MADRID. Di sinistra o “trasversali”? Ci eravamo chiesti alla vigilia di questo congresso. Alla fine ha vinto la linea di Pablo Iglesias. «Un mandato di unità e umiltà», lo definisce nella sua rielezione il segretario generale del partito. È domenica, il secondo e ultimo giorno di lavori per il congresso di Podemos e i risultati non si sono fatti attendere. Con largo anticipo dal palco del Palacio di Vistalegre, intorno a mezzogiorno, Pablo Echenique ha cominciato a leggere i risultati ufficiali. Hanno votato più di 150mila persone. El coleta ha fatto il pieno: oltre il 50% dei voti per il suo documento politico “Podemos para dotas”, 37 consiglieri su 62 nel Consejo Ciudadano Estatal (cioè una maggioranza del 60% nella direzione del partito) e l’89% (con 128.700 preferenze) per l’elezione diretta come leader del partito. Si ferma a poco più del 30% il documento di Inigo Errejon, “Recuperar la ilusion”, a poco più del 10% invece “Podemos en movimiento2, di Miguel Urban e Teresa Rodriguez.

Anche oggi il refrain dentro il Palazzetto è stato “Unidad!”. La platea dei militanti intensifica l’applauso quando Iglesias abbraccia un Errejon che appare frastornato. Podemos, assicura Iglesias nel suo discorso d’investitura, sarà un partito «unitario, fraterno e unito» concentrato sull’obiettivo delle elezioni del 2020: battere i popolari di Mariano Rajoy. Dopo gli annunci e gli applausi è il momento dei progetti. Sul palco si succedono alcuni esponenti delle principali battaglie che Podemos ha portato avanti in questi due anni. Sul palco e fuori, il palazzetto è un mosaico di battaglie per il lavoro, lotte territoriali e rivendicazioni che sono giunte a Madrid da tutta la Spagna. Le abbiamo ascoltate, e ve le racconteremo con calma sul prossimo numero di Left. Intanto, a Vistalegre cala il sipario, mentre si intona “L’estaca”, la canzone catalana che è ormai divenuta un po’ l’inno del partito. La folla canta, si abbraccia. Il pericolo di divisioni è scongiurato, almeno per ora. Quando si spegneranno i riflettori chi si è battuto duramente in questi giorni riuscirà a lavorare fianco a fianco? Qui se lo augurano tutti.