Sono più di 250 mila i bambini che nel mondo arruolati nelle guerre. Un crimine che li distrugge fisicamente e psichicamente. Gli adulti li usano come soldati, ma anche come spie, corrieri, messaggeri. Spesso si tratta di bambini violentati, abusati, rubati o venduti dalle loro stesse famiglie. «Parliamo di 250 mila bambini soldato ma non abbiamo unnumero preciso, il fenomeno è sfuggente e difficile da mappare», dice Andrea Iacomini, presidente Unicef Italia. Le aree di guerra in cui i bambini soldato sono più numerosi sono la Siria e lo Yemen, «dove solo nel 2016 si sono registrati mille casi di bambini reclutati come soldati». In Sud Sudan, in Centrafrica e in Myanmar si ha notizia di quasi 10 mila bambini reclutati come soldati. Ogni anno l’Unicef riesce a far liberare 200-300 bambini, poi comincia la ricerca dei loro familiari mentre i bambini fanno terapie psicologiche che puntano anche a liberarli dalle ideologie religiose che sono state loro imposte nell’addestramento.
Racconta la storia di Pratheepa, ex bambina-soldato tamil, il libro La bambina con il fucile, scritto da Susanna De Ciechi a partire dalla testimonianza della ragazza, una delle migliaia di bambini sfruttati nella guerra civile in Sri Lanka. Il medico Massimiliano Fanni Canelles, presidente di Auxilia onlus, l’ha incontrata quando è andato nel Sud-Est asiatico, per aiutare la popolazione locale, dopo lo Tsunami
«L’incontro con Pratheepa è uno di quelli che lasciano il segno» dice Susanna De Ciechi che per conto dell’associazione Auxilia ha raccontato la sua storia in un libro. «Io sono una “ghost writer “e scrivo le storie che gli altri mi raccontano, scelgo quelle che mi piacciono. Per scrivere in forma narrativa le vicende di Pratheepa, la bambina soldato, ho trascorso molti mesi raccogliendo le loro testimonianze e documentandomi. Così ho scoperto l’agghiacciante realtà dei “soldatini per forza”, le violenze sulle piccole vittime, le conseguenze di una guerra poco nota, durata ventisei anni, e le responsabilità dell’Occidente che gode dei propri privilegi sempre a spese dei più deboli. Ho anche avuto la prova di ciò che poche persone possono riuscire a fare, sia pure con scarsissimi mezzi, per aiutare le vittime della violenza». Un’esperienza che, dice la scrittrice, sotto molti aspetti, le ha cambiato la vita.
«Quando ho iniziato a scrivere ho cercato di assumere lo sguardo dei miei protagonisti, come faccio sempre. Attraversare la vita di Pratheepa è stato sconvolgente, come immagino possa essere per il lettore sapere, pagina dopo pagina, che il libro racconta una storia vera che supera i limiti consentiti dall’immaginazione». Ma La bambina con il fucile è anche «una testimonianza di grande coraggio e di impegno civile e ci dice che non possiamo continauare a far finta di niente nei confronti di chi subisce violenza, ciascuno di noi può contribuire a cambiare le cose anche attraverso dei piccoli gesti. Dobbiamo passare dal pensiero all’azione».