“Ci vuole un pezzo. Decidi tu chi e come”.
“La terra ti sia lieve” hanno scritto tra i commenti al nostro saluto di ieri. La terra ti sia lieve.
Non c’erano molte cose lievi per Massimo Fagioli, forse l’amore per gli esseri umani. Quello era veloce e solido. Non mancava mai.
“Ci vuole un pezzo. Decidi tu chi e come” mi ha detto il condirettore di Left.
Io un pezzo non ci riesco a scriverlo, ho la testa pesante e gli occhi pieni. Agli undici anni di collaborazione con Left si aggiunge una vita, la mia, fatta del suo affetto, della sua intelligenza, della sua generosità stramba. Era strambo Massimo Fagioli, non pensava mai le cose che ti saresti aspettato, ti correva veloce a fianco e si fermava solo – ogni volta – che gli chiedevi di capire.
Perché la rubrica di uno psichiatra su un settimanale generalista come Left? Ce l’hanno chiesto per undici anni. Forse la spiegazione migliore me l’ha data un giorno il commercialista, quello che ci faceva le buste paga e non solo, insospettabile… mi disse «e poi c’è la rubrica di Massimo Fagioli, per me “è la porta nel linguaggio dei sogni”».
Per noi di Left è stata la porta nella lunga e difficile ricerca del professor Massimo Fagioli di cui oggi leggerete sui quotidiani che per anni lo hanno guardato da lontano. A volte con rispetto a volte no. Noi invece ce la siamo andati a cercare. E gli abbiamo chiesto di darci un’occasione. Un’occasione difficile.
Perché su Left? Basterebbero poche pochissime sue frasi a spiegarlo: “Un uomo sano non può non essere di sinistra”, “Una rivoluzione senza armi, solo di pensiero e parola”; “La libertà è il dovere di essere esseri umani”; “Io vorrei un partito rivoluzionario che faccia ricerca sulla realtà umana”.
“Ilaria, lo vedi, cosa fa stare male le persone lo abbiamo capito, ora dobbiamo capire cosa le fa stare bene. Lì è la sinistra”. In una delle ultime interviste che mi ha concesso mi disse così e poi mi parlò della polpetta avvelenata degli 80 euro. Si indignava, e ogni volta mi ripeteva “La sinistra non sta nella soddisfazione dei bisogni, sacrosanta. Ma nella realizzazione delle esigenze”. Me lo ripeteva e me lo ripeteva. Finché non faranno una ricerca sulla realtà umana non razionale, non capiranno. Scrivilo e scrivilo.
A volte irrompeva, a volte arrivava silenzioso. Così faceva Massimo Fagioli. A volte irrompeva nella mia mattina, mi chiamava e mi diceva “hai letto?” con tutta quell’urgenza di capire e far capire. E io correvo ai ripari, scorrevo veloce quello di cui mi parlava oppure avevo un tonfo di soddisfazione perché avevo letto in effetti, ed avevo reagito in effetti. E quella reazione la dovevo a tutti quegli anni passati a ragionare e studiare con lui. Il più delle volte arrivava silenzioso, con le sue due pagine, senza aver la più pallida idea di cosa ci fosse nelle altre novanta… nel più totale rispetto delle reciproche libertà. Era impressionante.
“Ci vuole un pezzo. Decidi tu chi e come”.
Io posso scrivere solo un ricordo troppo fresco. Posso riavvolgere il filo e raccontarvi di quando siamo andati in tre, più Sofia mia figlia che aveva poco più di un anno nel 2006, a chiedergli di scrivere per noi. Ci manca la T, partiamo dalle tre idee della Rivoluzione francese, Libertà Eguaglianza e Fraternità e aggiungiamo la T, e con quella T costruiamo quella Sinistra di cui discutiamo da anni. Ma quella T sta per cosa? Per Teoria, per Tempo…
Per Trasformazione disse. La T sta per Trasformazione. Partiamo da Marx e dalla sua volontà di trasformare il mondo e raccontiamo che per farlo bisogna prima trasformare noi stessi, ci ha detto Massimo Fagioli. Partiamo dal comunismo e superiamolo. E poi ci ha chiesto Libertà. Assoluta libertà. Nessun intervento, nessuna riscrittura… come si fa solitamente sui pezzi dei collaboratori. Uno spazio, la libertà assoluta e lui. Puntuale. Silenzioso o rumoroso. Ogni settimana. In piena libertà. Ma non si capisce niente, la protesta di tanti. “Io scrivo così”, la sua risposta. Non è importante capire, l’importante è sentire. Ripeteva. Difficile essere i suoi editori. Lo capimmo subito.
Sentire e reagire, la capacità di reagire era il fondamento di tutto. L’indignazione di Massimo Fagioli di fronte alle “non” reazioni rimarrà per me la cosa più indimenticabile di tutte. Quella capacità di rifiutare il brutto per tirarti fuori il meglio sarà forse la cosa di cui farò più fatica a fare a meno. L’indignazione di fronte al non riconoscimento di “pari umanità” per i migranti, per quel modo di pensare stolido e anaffettivo, per quel fare “pezzi” di vite umane. Non esistono razze per gli esseri umani, mi diceva di continuo. Esistono per i cani, ma non per gli esseri umani, l’uguaglianza della nascita umana è assoluta. Bambino, donna e trasformazione dell’uomo, uno dei suoi titoli più celebri. Più cari per me.
Così ci lascia, e la terra gli sia lieve, certo. Dei tanti libri, della sua rivoluzione teorica, dello scontro con la teoria freudiana che voleva il bambino polimorfo e perverso sin dalla nascita avete letto e leggerete, delle sue ricerche sono popolati ben 23 libri. Della sua indignazione intelligente, un’indignazione creativa, noi continueremo a far tesoro. Perché «abbiamo un altro modo di pensare che ci permette, anzi, ci costringe a denunciare assurdità mentali e di comportamento», così scriveva qualche anno fa Massimo Fagioli. Poi molto altro.
“Ci vuole un pezzo. Decidi tu chi e come”. Questa mattina ci vuole un pezzo mi ha detto il condirettore di Left. Eccomi. Io riesco a scrivere solo questo.