Quello qui sotto è il testo della lettera pubblicata da The Guardian e scritta da Chelsea Manning alle persone con cui ha passato sei anni in carcere. Manning, perdonata dal presidente Obama con uno degli ultimi atti della sua presidenza, uscirà di galera a maggio. Qui la sua storia.
A coloro che mi hanno tenuto in vita negli ultimi sei anni: pochi minuti dopo l’annuncio del presidente Obama sulla commutazione di mia pena, le autorità carcerarie mi hanno separato dal resto della popolazione carceraria, mettendomi in un’area speciale dove mi trovo adesso. So che stiamo fisicamente separati, ma ci sarà mai lontani e mai soli. Recentemente, uno di voi mi ha chiesto «Ti ricorderai di me?» Mi ricorderò. Come potrei dimenticare? Mi avete insegnato cose che non avrei mai imparato altrimenti.
Quando avevo paura, mi avete insegnato ad andare avanti. Quando ero persa, mi avete indicato una strada. Quando ero intorpidita, mi avete insegnato a sentire. Quando ero arrabbiata, mi avete insegnato come calmarmi. Quando provavo odio, mi avete insegnato ad avere compassione. Quando ero distante, mi avete fatto tornare in me. Quando mi comportavo in maniera egoista, a condividere.
A volte, mi ci è voluto un po’ per imparare. In altre occasioni, dimenticavo, e mi aiutavate a ricordare.
Siamo stati amici in un modo che pochi possono capire. Non c’era spazio per la superficialità e ci si è messi a nudo. Potevamo nascondere quel che provavamo alle nostre famiglie e al mondo esterno, ma non avremmo mai potuto nascondere gli uni dagli altri.
Abbiamo discusso e abbiamo litigato. A volte su nulla di importante. Ma siamo stati sempre uniti.
Quando il carcere se l’è presa con qualcuno tra noi, tutti ci siamo alzati per difenderlo. Quando hanno cercato di dividerci e siamo stati discriminati in maniera sistematica, abbiamo riconosciuto la nostra diversità e respinto quei tentativi. Ho anche imparato da tutti voi quando scegliere di combattere (e quando no). Sono cresciuta grazie alla comunità che ho trovato.
Fuori del carcere è difficile credere che dentro ci comportiamo come esseri umani. Ma è naturale che sia così e che ci costruiamo reti per sopravvivere.
Non ce l’avrei mai fatta senza di voi. Non solo mi avete insegnato queste lezioni importanti, ma avete fatto in modo che mi sentissi accudita. Siete le persone che mi hanno aiutato ad affrontare il trauma del taglio dei capelli. Che mi hanno tenuta d’occhio dopo ho cercato di togliermi la vita. Siete quelli che avete scherzato e che mi hanno augurato buon compleanno, quelli con cui ho celebrato le feste. Sarete sempre la mia famiglia.
Molti di voi sono già liberi di vivere fuori delle mura del carcere. Altri torneranno a casa presto. Alcuni di voi hanno ancora molti anni di pena da scontare.
La cosa più importante che mi avete insegnato è come scrivere e parlare con la mia voce. Prima sapevo solo scrivere rapporti. Ora, scrivo come un essere umano, di sogni, desideri e le relazioni. Non ce l’avrei fatta senza di voi.
Da dove sono ora, continuo a pensarvi. Quando lascerò questo luogo a maggio, continuerò a farlo. E a tutti coloro che si sentono soli dietro le sbarre: sappiate che c’è gente fuori che vi pensa. E che non vi dimenticheranno.