No alla richiesta di patteggiamento. Il Gip del tribunale di Milano, Maria Vicidomini, ha ritenuto «incongrue» le pene concordate dalla procura meneghina con i difensori di Adriano, Fabio e Nicola Riva, indagati per il fallimento del gruppo Riva Fire (oggi Partecipazioni industriali) che controllava l’Ilva di Taranto.
Pene troppo basse dunque, secondo il Gip, rispetto ai reati commessi. Le contestazioni che i pm hanno mosso ad Adriano Riva, per il quale era prevista una condanna a 2 anni e 6 mesi di reclusione riguardano infatti le accuse di bancarotta, truffa ai danni dello Stato e trasferimenti fittizio di valori. Tra i 4 e i 5 anni, invece, la condanna patteggiata per Fabio Riva, nipote di Adriano, in continuazione con un’altra condanna definitiva. Fabio e l’altro nipote di Adriano Riva, Nicola (per il quale la pena concordata era inferiore ai due anni), sono entrambi accusati di bancarotta.
I pubblici ministeri avevano dato il loro placet alle pene ridotte dopo che la famiglia Riva aveva annunciato di voler far rientrare in Italia 1,3 miliardi confiscati per destinarli alla decontaminazione e alla riqualificazione dello stabilimento siderurgico (una parte, 230 milioni, sono destinati alla gestione corrente), come stabilito da un emendamento all’ultima legge di Stabilità.
Il rientro della somma è peraltro ancora sub iudice: il Tribunale federale di Losanna proprio ieri ha rinviato la decisione al 31 marzo facendo saltare i piani dell’azienda che prevedeva l’arrivo dei fondi entro febbraio. Secondo i pm, la somma depositata in sette trust sull’isola di Jersey nel 2009 sarebbe stata scudata “in maniera ingiustificata” rimanendo presso la banca Ubs. Ora i giudici svizzeri motivano lo slittamento della pronuncia con la mancata risposta all’istanza di sblocco dei fondi depositati nei trust: l’udienza davanti alla Corte dell’isola di Jersey sarebbe saltata per l’indisponibilità di un giudice.
Ora si temono ripercussioni sulla prosecuzione di un altro processo collegato, quello con 47 rinviati a giudizio per disastro ambientale in corso davanti alla Corte d’Assise di Taranto. L’avvocato dei Riva, infatti, aveva già ottenuto un rinvio al primo marzo della prossima udienza proprio in vista degli esiti del patteggiamento. E la preoccupazione per gli esiti del processo Ambiente svenduto va di pari passo con quella espressa dal fronte ambientalista: l’attenzione per la ripresa della produzione e la gestione ambientale è di gran lunga superiore alla messa in sicurezza e alla tutela della salute di operai e cittadini.