“Amore è… cambiare la costituzione per lei!”. Il vignettista azero Gunduz Agayev ha ripreso lo slogan di una famosa marca di chewingum per burlarsi di quella che di primo acchito sembra l’archetipo della notizia-bufala: la nomina a vice-presidentessa dell’Azerbaigian di Mehriban Aliyeva da parte di suo marito Ilham Aliyev. Quando si dice una coppia presidenziale! D’altronde la signora Aliyeva aveva già un ruolo di primo piano nella politica del Paese del Caspio: vice-presidentessa del New Azerbaijan Party, parlamentare da tre mandati e alla guida della Fondazione Heydar Aliyev. Da oggi può anche prendere ufficialmente il posto del marito nel caso questi sia forzato a dimettersi o sia temporaneamente impossibilitato a governare.
“Se lo merita e chi lo nega è cieco e serve gli interessi di paesi stranieri”, ha tuonato Malahat Ibrahimgizi, uno dei maggiorenti del partito di governo, interpellato dal network di giornalisti OCCRP. Amen.
Lungi da noi stare troppo a cavillare sul fatto che la first lady, ora vice del presidente Aliyev, sia veramente una campionessa di umanità e lealtà alla nazione, come sostengono in maniera appassionata i suoi sostenitori, però gesti del genere ci sembrano un favore servito su un piatto d’argento a coloro che sostengono che in Azerbaigian al potere ci sia una dinastia che tutto controlla e tutto decide. Insomma, una mossa del genere stride e non poco con il concetto e l’essenza stessa di democrazia. Specialmente in un Paese dove il risultato delle elezioni viene sistematicamente contestato dai partiti d’opposizione e dall’OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa), in prigione ci sono oltre 100 prigionieri politici e la stessa famiglia Aliyev – che, è bene ricordarlo, governa dal 1993, anno in cui fu eletto presidente il babbo di Ilham, Heydar – è stata pesantemente toccata dallo scandalo dei Panama Papers.
Non ce ne vogliano gli attivissimi esponenti della lobby pro-Azerbaigian, presenti un po’ ovunque, e quindi anche dalle nostre parti, ma anche noi ci accodiamo a tutti coloro – e non sono pochi – che hanno criticato aspramente le modifiche costituzionali introdotte sei mesi fa a Baku. La mossa di Aliyev è stata bollata come un tentativo assolutamente riuscito di rafforzare il regime, non certo a fornire quei giusti contrappesi che dovrebbero essere gli elementi fondamentali di ogni sana democrazia.
Chissà se il nostro silente presidente del Consiglio Paolo Gentiloni avrà mandato due righe di congratulazioni agli amici di Baku. Sì, perché all’Italia la dinastia Aliyev non dispiace affatto. Anzi, tra il petrolio che importiamo e il gas che vorremmo far arrivare in Salento tramite il TAP (se mai vedrà la luce, visto che i lavori languono e gli intoppi di natura amministrativa aumentano) siamo proprio ottimi alleati dell’Azerbaigian e della sua scintillante coppia presidenziale.