“Sono compagni di classe, tifano per la stessa squadra, vanno a ballare insieme, però a 18 anni sai che succede? L’italiano va alla Motorizzazione a farsi la patente e il suo amico coetaneo va in Questura a farsi il permesso di soggiorno”. Kwanza Musi Dos Santos sorride amaramente mentre racconta la condizione di vita dei ragazzi nati o trasferiti in Italia da piccoli ma che non sono considerati cittadini italiani. Kwanza, di padre brasiliano e madre italiana, è la coordinatrice di Italiani senza cittadinanza (Isc) e dell’associazione Questa è Roma.
Il suo nome in Swahili significa “il primo raccolto, la primogenita”, ma poi negli anni Kwanza ha scoperto che è anche il nome della moneta e di un fiume dell’Angola e pure di una festa degli afroamericani in America. Il nome è importante così come la carta d’identità. Lei non ha avuto problemi per ottenere la cittadinanza italiana, perché la madre è italiana. Ma circa un milione di giovani, non solo minori, vive in una sorta di incubo kafkiano. Sentirsi italiani, vivere da italiani e non essere riconosciuti come italiani.
Il disegno di legge “Disposizioni in materia di cittadinanza”, che prevede la modifica della l. 92 del 1991, è fermo al Senato, in Commissione Affari costituzionali, dopo che nell’ottobre 2015 era stato votato alla Camera. Così, dopo mesi di silenzio la mobilitazione torna a farsi sentire, insieme alle voci dei giovani italiani non riconosciuti come cittadini. Domani, 28 febbraio, al Pantheon a Roma dalle 15,30 si terrà la manifestazione nazionale promossa dalle associazioni e da L’Italia sono anch’io.
“E’ un evento storico, è la prima volta che si scende in piazza su questo tema. Siamo riusciti a unire sia la società civile rappresentata da Italiani senza cittadinanza, sia l’Italia sono anch’io con tutti i partiti, sindacati e associazioni”, dice Kwanza. Sì, in passato c’era stata la grande campagna che aveva portato alla raccolta delle firme, una campagna, ricordiamo, che aveva visto in prima fila esponenti del Partito democratico come il ministro Graziano Delrio. Da quel fronte ora però tutto tace, dice Kwanza.
“Ma ora c’è un movimento di risveglio. A ottobre avevamo organizzato un flashmob , adesso la manifestazione. Vogliamo cercare di rompere questo immobilismo”. E dire appunto che Graziano Delrio, quando era all’Anci si era speso tantissimo per la legge sulla cittadinanza che era tra le norme da realizzare nei primi cento giorni di Italia bene comune, il programma del Pd guidato da Pierluigi Bersani.
“Pensavamo di essere in dirittura d’arrivo invece siamo solo all’inizio della battaglia. Adesso se non spingiamo, se non ci facciamo sentire c’è il rischio che non l’approvino, nonostante siamo a metà percorso”. Intanto sono state ideate varie iniziative, dal video con il rapper o le cartoline da inviare ai politici.
La situazione di stallo è dovuta principalmente al Pd che “sta paradossalmente oscurando e bloccando la riforma. E’ il Pd il responsabile dell’immobilismo”, sottolinea Kwanza. Il disegno di legge infatti non è ancora calendarizzato, si trova in Commissione Affari costituzionali senza che si conoscano, continua Kwanza, nemmeno il contenuto degli emendamenti – 8mila presentati dalla Lega -. La relatrice Lo Moro, aggiunge, si è espressa a favore della legge sui minori non accompagnati “e della nostra riforma non ha detto niente”. A ottobre la senatrice Finocchiaro, allora presidente della Commissione Affari costituzionali, aveva assicurato che subito dopo il referendum la legge sarebbe andata al voto. “E invece nulla, Finocchiaro è diventata ministro, manca il presidente della Commissione e utilizzano anche questo come alibi per non fare nulla”.
I giovani italiani senza cittadinanza attendono da 24 anni, la legge attualmente in vigore, che è appunto del ’92, ormai è obsoleta, non corrisponde più ai tempi, ai rapporti sociali dell’Italia del 2017. Adesso, ricordiamo, il figlio nato da genitori stranieri in Italia può richiedere – non ottenere – la cittadinanza al compimento del diciottesimo anno d’età. “Una cosa assurda, perché 18 anni sono tanti, in più durante l’adolescenza e l’infanzia sei uno straniero in Paese di cui ti senti parte”.
I problemi possono nascere da un momento all’altro e hanno ripercussioni anche a livello psicologico. Per esempio, può accadere che non si possa partecipare ai campi scuola all’estero. “Dipende dai rapporti del tuo Paese d’origine con i Paesi stranieri. Se i genitori vengono dalla Palestina e il ragazzo vuole fare il campo scuola a Londra, ecco, visto che le relazioni diplomatiche tra i due Paesi non sono buone, se non hai il permesso di soggiorno non parti. Nonostante sia italiano”, spiega Kwanza. “Già è un trauma non partire e poi non sai perché e comunque non ti senti uguale agli altri”. La stessa cosa vale per Erasmus, mentre le discriminazioni ci sono anche per le tasse universitarie che in alcuni Paesi per i non Ue sono il triplo più alte.
La coordinatrice di Isc racconta i normali intoppi burocratici che però pesano quando si tratta di un problema delicato come quello della cittadinanza. Intanto, dopo la richiesta, bisogna subito recarsi in Questura per fare il permesso di soggiorno, da rinnovare poi nel caso di un’attesa lunga. “Io non capisco come non ci si renda conto dell’assurdità di questa legge. Ti ritrovi catapultato in una realtà paradossale. Il problema poi è che c’è gente che aspetta per 4 anni e non sai perché. Ci sono requisiti da possedere che non tengono conto della realtà, come il reddito dei genitori, o la residenza, che deve essere continuata. Se per caso anche solo per un mese i genitori hanno perso il lavoro e quindi anche la casa, non risulta dove stavi in quel mese. E nonostante tu andassi a scuola, testimonato dalle pagelle, dai documenti…, hai un buco e quindi salta la residenza continuata e ininterrotta”, spiega Kwanza. La residenza continuata è richiesta anche nella nuova legge ma gli anni considerati sono la metà di quelli attuali: dai 10 ai 5-6 a seconda dell’età. “C’è un tetto al reddito, i genitori devono aver versato i contributi. A una mia amica è successo che mancava un documento del reddito del padre e quindi lei ha dovuto aspettare 4 anni, ignara, tra l’altro, del fatto che mancasse”. Poi, una volta arrivata la tanto attesa lettera di convocazione per il giuramento, è come una festa, come fosse una laurea.
Una legge che sancisca il diritto alla cittadinanza in questo momento storico ha un significato enorme, e forse, proprio per questo motivo, stenta a decollare. In tempi di populismi e di ricorsi frettolosi alla chiusura potrebbe far cambiare il pensiero comune sul fenomeno dell’immigrazione e non solo rispetto ai deliri dei razzisti di turno. Potrebbe contribuire ad allargare la mente anche a quei settori “progressisti” che sull’arrivo dei migranti talvolta si mostrano troppo prudenti o addirittura propongono operazioni securitarie e di chiusura, rincorrendo i vari Salvini. C’è dunque un lavoro soprattutto culturale da fare, lento, sotterraneo, ma che può dare dei frutti. L’associazione Questa è Roma, racconta Kwanza, “apartitica ma molto politica”, ha invitato qualche tempo fa a un incontro pubblico i rappresentanti delle sezioni giovanili di tutti i partiti, scoprendo così che sono molto più avanti dei politici “adulti”. Il pensiero nuovo sugli stranieri parte anche da qui.