Non colpisce anche voi che Romeo - ed è cosa certa - finanziasse tanto il centrosinistra e la fondazione di Matteo Renzi che il centrodestra, con la fondazione di Quagliariello?

Non so come andrà a finire l’inchiesta (anche se precedenti e Diritto inviterebbero a maggior prudenza). Non so quanto delle accuse troverà conferma, né sono riuscito a capire l’efficacia dello stesso reato di traffico di influenze, i cui confini mi sembrano però poco netti. Non so neanche se Renzi abbia “rottamato” il padre, come dice Grillo: fatti loro. Non so poi, anzi non credo, che Luca Lotti si debba dimettere, non fino a sentenza, ma penso sia ovviamente lecito tentare, dopo questo ennesimo caso e dopo tre anni e più, un bilancio dell’esperienza dei rottamatori alle prese col potere.

Quello che però so, sulla vicenda Consip, è che ancora un volta escono fuori i limiti e i rischi del sistema di finanziamento della politica che abbiamo scelto. Non colpisce anche voi che Romeo – ed è cosa certa – finanziasse tanto il centrosinistra e la fondazione di Matteo Renzi che il centrodestra, con la fondazione di Quagliariello? A me moltissimo, perché è evidente che la politica non più c’entra nulla, e che il finanziamento non è una forma di militanza riservata a ricchi ma impegnati imprenditori. Si finanzia – mi pare – con un altro fine: ingraziarsi un decisore pubblico, presente o futuro, e creare un debito che, si scommette, sarà ripagato.

E allora: faccio una domanda. Siccome sul finanziamento pubblico pare proibito abbandonare la lettura demagogica ormai largamente maggioritaria (anche se dare risorse pubbliche ragionevoli alla politica segnalo che consentirebbe di chiudere a quelle private, almeno a quelle di entità e intenzione corruttive), non possiamo almeno stabilire che chi finanzia partiti o movimenti politici, amministratori o eletti, non debba avere rapporti economici, commesse o appalti, con la pubblica amministrazione?

La domanda, ovviamente, è retorica. Mi rispondo da solo: no, perché non si contano le fondazioni che alimentano ognuna una singola corrente del singolo partito. E prova ne sia le risposte – che non sono arrivate, non dai grandi partiti, almeno – all’invito di Sinistra italiana, che giusto qualche giorno fa ha presentato in parlamento un testo che andrebbe in questa direzione. Peccato.

Sono nato a Roma, il 23 febbraio 1988. Vorrei vivere in Umbria, ma temo dovrò attendere la pensione. Nell'attesa mi sposto in bicicletta e indosso prevalentemente cravatte cucite da me. Per lavoro scrivo, soprattutto di politica (all'inizio inizio per il Riformista e gli Altri, poi per Pubblico, infine per l'Espresso e per Left) e quando capita di cultura. Ho anche fatto un po' di radio e di televisione. Per Castelvecchi ho scritto un libro, con il collega Matteo Marchetti, su Enrico Letta, lo zio Gianni e le larghe intese (anzi, "Le potenti intese", come avevamo azzardato nel titolo): per questo lavoro non siamo mai stati pagati, nonostante il contratto dicesse il contrario.