Il Parlamento ungherese vota una legge che prevede che i richiedenti asilo vengano detenuti in centri fatti di container e circondati da filo spinato fino a quando la loro domanda non viene processata. Unhcr, Msf e Human Rights Watch denunciano. Orban qualche giorno fa aveva parlato di «omogeneità etnica»

Sarà bene ricordarlo: il diritto d’asilo è protetto da convenzioni internazionali e prevede tra le altre cose un trattamento umano per le persone che chiedono la protezione di un Paese straniero perché sono in fuga da guerre o persecuzioni. Sarà bene ricordarlo, l’Ungheria aderisce a quelle convenzioni internazionali e così fa l’Europa, che non sarà il massimo dal punto di vista delle politiche di bilancio, ma è ancora uno dei luoghi del mondo dove alcune regole di umanità si rispettano più che altrove.
Non nel Parlamento ungherese, che ha approvato una legge che prevede la detenzione di tutti i richiedenti asilo, vecchi e bambini compresi, nel periodo in cui la loro domanda viene vagliata. Le convenzioni lo vietano, l’Europa e l’Alta corte per i diritti dell’uomo avevano censurato una pratica simile – non stabilita per legge – già nel 2013. L’unica cosa consentita ai richiedenti asilo sarà tornarsene oltre il confine con la Serbia, ovvero fuori dall’Unione europea. La legge prevede anche l’accompagnamento al confine di persone entrate nel Paese senza titolo per farlo, ovunque si trovino in Ungheria – ad oggi le autorità potevano farlo se la persona veniva fermata entro i 10 chilometri da un confine. Ora, sottolineiamolo: una persona che vuole richiedere asilo non necessariamente sa come si fa, spesso non entra nel Paese con un titolo legale ma clandestinamente e può essere in confusione. Per il Parlamento di Budapest questo non è un problema: i richiedenti asilo possono farlo solo nelle zone di transito dove vengono rinchiusi e, dunque, se entrano nel Paese in altro modo, commettono un reato e possono finire in carcere.
La legge viene duramente criticata dalle grandi organizzazioni internazionali e dall’Unhcr, che non è una Ong ma l’agenzia Onu che si occupa di rifugiati. Questo un passaggio del testo diffuso: «Ogni richiedente asilo, bambini compresi, verrà detenuto in container per navi circondato da filo spinato per periodi lunghi, detenere bambini non è mai lecito». Già, perché i luoghi di detenzioni previsti dalla legge sono quei campi di transito aperti nei mesi in cui il flusso di persone lungo la rotta balcanica dei rifugiati era al suo apice. Erano inumani allora, lo sono ancora di più adesso, che il flusso di persone si è drasticamente ridotto.
Proprio il calo dei flussi getta una luce diversa sulla legge approvata dal Parlamento: la volontà del governo di Viktor Orban è quella di mostrare al popolo di lavorare contro l’immigrazione. Una scelta politico-ideologica in risposta a un’emergenza che al momento non c’è. Il provvedimento somiglia all’ordine esecutivo di Donald Trump, che blocca qualsiasi richiedente asilo dall’entrare negli Stati Uniti per i prossimi 120 giorni: ovvero fare qualcosa per affrontare un tema scottante che non ha soluzioni facili e immediate ma che, se si è promesso di risolverlo con i muscoli, ha bisogno di azioni vistose, anche se inutili.
Il corredo ideologico a queste misure, Orban lo ha fornito molte volte, l’ultima è di qualche giorno fa con un discorso alla Camera di commercio durante il quale ha parlato dell’importanza «dell’omogeneità etnica» dell’Ungheria perché «mischiarsi getterebbe il Paese nel caos». Farebbe ridere se non fosse inquietante. Tra l’altro il 2% della popolazione ungherese ha origini tedesche, il 3,2% è Rom e, sarà bene ricordarlo, l’Ungheria dopo il 1490 è stata parte dell’impero Ottomano e tra il 1867 e il 1918 è stata parte dell’Impero austroungarico. L’omogeneità etnica, dunque, è un’invenzione. Nel 1910, poi, c’erano anche il 5% di ebrei, ma forse a ripulire l’Ungheria da quelli ci ha pensato Adolf Hitler, che ne ha uccisi intorno ai 600mila (oggi sono lo 0,11% della popolazione, e sono preoccupati).
Le pratiche poliziesche dell’Ungheria nei confronti dei rifugiati sono diventate tristemente famose negli anni passati, con le detenzioni, i respingimenti e il rifiuto di Budapest di entrare a far parte di quel sistema di redistribuzione dei rifugiati messo in atto dalla Commissione europea – che a oggi ha ricollocato 13 mila rifugiati su 200mila che ne prevedeva.
Queste leggi e questo clima sono un incoraggiamento alluso di metodi brutali e violenti da parte della polizia. Diverse organizzazioni internazionali (MSF, Human Rights Watch tra le altre) hanno denunciato e documentato episodi da lager: pestaggi a freddo, persone lasciate nella notte in mezzo alla neve senza vestiti adeguati, altre costrette a strisciare attraverso rotoli di quei fili spinati taglienti, umiliazioni e selfie dei poliziotti con i pestati. Prima però gli viene fatta una foto con un cartello che dice che sono stati trattati bene.Il ministero degli interni ungherese smentisce seccamente. Medici senza frontiere ha diffuso alcune foto qui sotto. Giudicate voi.