Equality Now, una organizzazione non governativa che si occupa di disuguaglianza di genere, ha pubblicato un rapporto dal titolo “The global rape epidemic” (“L’epidemia globale dello stupro”). Nello studio, gli autori dimostrano come la violenza sessuale sia ancora una problematica sociale, le cui proporzioni vengono largamente ignorate. Nel dettaglio, l’analisi monitora 82 giurisdizioni per capire come vengono trattati i crimini a sfondo sessuale nei vari contesti nazionali.
Tra i Paesi europei, Belgio, Olanda e Lussemburgo sono osservati speciali. In questi ultimi stati, lo stupro viene considerato ancora un crimine “morale”, invece che “violento”. Una definizione che rende meno severa la pena per chi viene giudicato colpevole. Il rapporto indica come il 35 per cento delle donne sul pianeta, abbiano subito episodi di violenza fisica o sessuale. Lo stupro è considerato legale in 10 delle 82 giurisdizioni analizzate.
Nel 2015, la Banca mondiale aveva invece pubblicato il rapporto “Women, Business and the Law: Getting equal”. I risultati della mappatura effettuata dall’istituzione internazionale, indicavano che in ben 100 Paesi (su un totale di 173 analizzati) le donne subiscono discriminazioni di genere sul posto di lavoro. In 18, gli uomini possono addirittura impedire alle rispettive mogli di lavorare. 155 ordinamenti prevedono norme che impediscono alle donne di godere di pari opportunità economiche.
In occasione della giornata mondiale delle donne, il The Guardian ha raccolto le voci di donne prominenti nella sfera politica e civile, chiedendo agli intervistati di indicare il prossimo passo da compiere nella direzione dell’uguaglianza di genere.
Secondo Nicola Sturgeon, leader del Partito nazionalista scozzese, nonché Primo ministro, va data «priorità assoluta alle politiche di investimento sociale nei confronti dei bambini sotto ai tre anni». La responsabilità di gestire gli affari famigliari rappresenwolta ancora l’ostacolo principale a una piena uguaglianza tra uomo e donna.
Settimana scorsa, l’eurodeputato Janusz Korwin-Mikke, 74, ha ribadito le sue posizioni discriminatorie nei confronti delle donne. Come riporta Euractiv, il politico polacco, orfano di un gruppo politico di appartenenza, avrebbe dichiarato che «è normale che le donne guadagnino meno degli uomini», visto che «queste ultime sono mediamente minute, meno possenti e meno intelligenti». In seguito a una riunione parlamentare, Korwin-Mikke rischia ora da una semplice multa, all’interdizione per alcune sessioni del Parlamento.
Le elette al Parlamento europeo dal 1979 e per Paese
Ieri, Martin Schulz ha promesso che, nel caso dovesse diventare futuro Cancelliere tedesco, il governo sarebbe composto per metà da donne. Un equilibrio perfetto che esiste già in Canada e in Svezia.
Ma il nord Europa rappresenta veramente un paradiso della parità di genere? Secondo un’inchiesta de El Pais, la risposta non può che essere ambigua. Le ricerche del quotidiano spagnolo dimostrano che in Svezia, nonostante decenni di politiche attive volte a ridurre le discriminazioni economiche e sociali, si riscontra uno dei tassi di “machismo” più elevati nell’Unione europea.
Nel frattempo, il Parlamento britannico sta discutendo sulla legalità dell’esistenza di codici di abbigliamento per donne sul posto di lavoro. 150mila cittadini hanno infatti firmato una petizione contro l’obbligo per le donne di dover indossare specifici indumenti. L’iniziativa era stata lanciata da Nicola Thorp vittima di un licenziamento ingiustificato, nel dicembre del 2015. La ragione? Si era rifiutata di indossare le scarpe con i tacchi.