Insieme a Bersani, Speranza e Rossi, Miguel Gotor ha lasciato il Pd, un progetto tradito dalla «stagione renziana». L’idea però è sempre quella del centrosinistra, sperando di riuscire a ricucire con i tanti elettori spinti dall’ex premier verso Grillo e l’astensione

«C’è vita sulla terra». Ci dice così Miguel Gotor, senatore bersaniano, quando gli chiediamo come si sta, alla fine, fuori dal Pd, finalmente all’aria aperta. Dice che si sta bene. Lui, d’altronde, è uno che questo passo lo avrebbe fatto da tempo, consigliere ascoltatissimo di Pier Luigi Bersani, “guru” della campagna elettorale del 2013. Anche se poi pure lui sapeva bene che bisognava attendere che «si chiarisse il quadro», perché a determinare la rottura del Pd è stata il definitivo superamento del modello bipolare, con il ritorno del vento proporzionale dopo la vittoria del No al referendum costituzionale. Per questo, ad esempio, disciplinato, ha votato tutte le fiducie richieste, nel mentre, dal Jobs act alla Buona scuola.

È uno storico, Gotor – che intervistiamo sul numero di Left, che trovate da sabato 11 marzo in edicola con la copertina dedicata alle fakenews. È esperto di santi, Gotor, che non rinnega l’intuizione del Pd, l’idea di unire, in un unico partito e non solo in una coalizione, pur duratura, popolari e socialisti. Pazienza che questo abbia obbligato la sinistra a fare due volte un compromesso, la prima dentro il partito, la seconda in Parlamento. L’idea era buona. «La vocazione del Pd», ci dice Gotor, semmai, «è stata tradita dalla stagione renziana». Per questo, anzi, lui – con Speranza, Rossi e Bersani – su quell’idea continua a muoversi, ripetendo ogni passo, infatti, che la nascita del Movimento democratici e progressisti – Articolo 1 non è la rinascita di una “cosa rossa”.

Il rapporto col Pd resta, dunque, e l’obiettivo è semmai (condiviso con Pisapia) quello di diversificare l’offerta.

Perché la convinzione di Gotor è che – come leggerete in edicola – «l’Italia ha bisogno come il pane di fare incontrare culture politiche diverse come quella socialista, quella cattolico democratica e cristiano sociale, quella ambientalista, quella di una sinistra più radicale disposta a condividere responsabilità di governo. Per questo motivo è necessario costruire un nuovo centrosinistra che sia aperto anche al civismo e al mondo dell’associazionismo e bisogna continuare a seminare questo campo largo e profondo».

L’intervista integrale a Gotor è uno dei pezzi che trovate sul numero di Left in edicola

 

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