«Il G7 della cultura a Firenze è solo una vetrina per la politica, per rassicurare, e garantire che i problemi siano risolti, quando così non è», dice Tommaso Grassi, capogruppo di Firenze riparte a sinistra, invitando a guardare oltre l’apparenza dell’appuntamento voluto dal ministro Franceschini che si terrà a Firenze il 30 e il 31 marzo.
«È l’ennesima passerella per il governo Gentiloni-Renzi per rendere mediatica e spettacolare una riunione. È l’uso privato della nostra città con fini politici», aggiunge il consigliere comunale invitando ad un dibattito pubblico il 30 marzo alle 21 in piazza de’Ciompi insieme ai compagni di scranno Donella Verdi e Giacomo Trombi, a Mauro Romanelli e Claudio Riccio di Sinistra italiana, a Massimo Torelli de L’Altra Europa per Tzipras e alla Rete antirazzista fiorentina.
«Ci sarebbe piaciuto che fosse davvero un’occasione per parlare di cultura, arte, tutela del patrimonio e invece ci troveremo con i 7 ministri del G7 a parlare di “Cultura come strumento di dialogo tra popoli”. Al centro del vertice quindi si parlerà di lotta al terrorismo, di task force internazionali, e di traffico internazionale di opere d’arte. Tutto interessante ma dove mettiamo la gestione sempre più privatistica dei musei e dei monumenti, la carenza di fondi per la conservazione del patrimonio e l’ottica di saper coniugare l’arte moderna con contesti storici e artistici? Sappiamo bene che il momento che stiamo attraversando è molto delicato, ma questo non significa non affrontare tutta una serie di tematiche che hanno bisogno di una risposta urgente.
La Venere di Botticelli e i bronzi di Riace furono chiesti in prestito per l’Expo, Berlusconi voleva usare capolavori di Leonardo come feticcio, per farsi bello al G8. Grassi, cui prodest questo uso delle opere d’arte come ambasciatori globetrotter non considerando i rischi?
L’uso strumentale delle opere d’arte e dei monumenti a scopi commerciali o di celebrazione del proprio potere unisce perfettamente il governo Berlusconi a quello di Renzi e poi di Gentiloni. A Firenze, in piazza Signoria, da ieri c’è una riproduzione dell’arco di Palmira. Ho sentito che è lì in quanto simbolo di pace e resistenza contro il terrorismo. Direi che anche in questo caso si utilizzano le opere d’arte a fini del tutto contrari a quelli che ci dovremmo porre. Sventoliamo al mondo intero la nostra solidarietà alla Siria con una riproduzione? È così che l’Europa vuole affrontare la situazione internazionale? E poi basta con l’uso del patrimonio artistico come se fosse una merce da poter scambiare, di cui potersi vantare davanti ad amici e avversari. Oppure come merce su cui costruire entrate dai privati, che se lo possono permettere certo, ma solo perché il pubblico non investe nella conservazione del patrimonio e nella sua valorizzazione. L’arte e i monumenti sono una risorsa inestimabile per il nostro Paese e un volano per il turismo di qualità. Devono essere accessibili a tutti, non solo per pochi. Sono lo strumento che invoglia a visitare le nostre città d’arte, non è quindi accettabile che certi contesti siano privati dalla fruizione collettiva.
Il risultato del referendum nel dicembre scorso ha fermato chi voleva cambiare la Costituzione. L’articolo 9 della Costituzione però non è ancora pienamente applicato. Cosa rischia il patrimonio storico artistico in Italia oggi?
Il risultato del referendum è stato così chiaro e netto che non si presta a nessun altro tipo di interpretazione, se non che la Costituzione è bella così come è che dobbiamo applicarla piuttosto che sconvolgerla. L’articolo 9 sancisce in poche parole quello che dovremmo fare: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”. Il patrimonio artistico in Italia oggi rischia molto, ci sono elenchi e liste di opere d’arte che rischiano la distruzione, e sono disseminate in tutta Italia. Di soldi nei nostri musei ne entrano e ne sono testimonianza le file all’entrata dei musei più famosi: risorse che dovrebbero essere investite sulla conservazione del patrimonio, su progetti di recupero e per la promozione delle nuove e meno conosciute realtà ed invece si perdono nelle maglie di incarichi, spese per mega appalti e opere inutili. Bisogna affrontare il tema o qualcuno ha tutto l’interesse di chiudere entrambi gli occhi per continuare a far andare male le cose?
Come evitare che il centro storico di Firenze diventi una sorta di Disneyland a misura di un certo tipo di turismo?
Una Disneyland a cielo aperto, questa sta diventando Firenze e il suo centro storico. Ma siamo ancora in tempo per invertire la rotta. Dobbiamo mettere in campo politiche che non incentivino il turismo mordi e fuggi, ma mantenendo la Città accessibile a chiunque abbia voglia di assaporare l’arte e di conoscerne la storia e la cultura. Siano garantiti servizi sia alla cittadinanza residente che ai turisti, dia occasioni e appuntamenti culturali non solo rivolti al passato, ma che siano in grado di guardare all’oggi e al domani, valorizzando le realtà locali ma senza vendere Firenze ad artisti che ormai paiono più mercanti d’arte.
Quali soluzioni si potrebbero pensare?
Non siamo per l’accesso alla città a numero chiuso, perché neanche questa è una soluzione che risolverà il problema. Servono investimenti e contributi per favorire la residenza dei fiorentini in centro. Basta con l’assalto di uffici e residenze per turisti, le strutture ricettive attive sono più che sufficienti. E poi un netto miglioramento della mobilità e dei servizi di trasporto pubblico, queste sono le azioni per fermare il fenomeno da parco giochi. Non vorremmo una Firenze in cui le strade del centro si uniformano per tipologia e negozi al resto del mondo: valorizzare il piccolo commercio, l’artigianato e dare un freno alle vie del cibo per turisti di pessima qualità e di catene che si trovano in tutto il mondo è un obiettivo per il presente di Firenze. Firenze è una città unica e questo deve rimanere.
Discuterete di tutto questo il 30 marzo in piazza de Ciompi, luogo simbolo di rivolta popolare fin dal medioevo?
Il 30 marzo in piazza dei Ciompi ci troveremo con tutti e tutte le persone che vorranno davvero parlare di cultura. Per questo abbiamo definito una politica della non cultura e della non accoglienza quella del G7 in cui i temi di fondo saranno altri e abbiamo definito l’iniziativa “A Firenze oltre l’apparenza”. Certo i titoli e gli eventi che si svolgeranno nella due giorni danno l’idea che qualcosa si muova ma non ci sarà alcun confronto, cosa con cui invece abbiamo voluto caratterizzare la serata del 30. Il nostro sarà uno spazio aperto per il confronto e la chiarezza sui temi della cultura e dell’accoglienza. In molti pensano che siano temi lontani tra loro, ma saremmo ciechi a non vedere come si intrecciano ripetutamente nella politica europea e mondiale. Come si può parlare di cultura senza che ci sia accoglienza, e viceversa. Basta con le ipocrisie di facciata. Non abbiamo bisogno di chi nelle stanze del G7, con il vestito buono, venga a parlarci di come e cosa dobbiamo fare per tutelare il patrimonio artistico.