Dopo le denunce del Consiglio d'Europa e dell'Onu che additano l'Italia per l'altissimo tasso di obiezione di coscienza, la Regione Lombardia costringe a pagare le quattordicenni che si rivolgono ai consultori. "Una gravissimo attacco alla sanità pubblica e al diritto delle ragazze a una sessualità consapevole", dice la deputata Marisa Nicchi

Dopo le denunce del Consiglio d’Europa e del Comitato per i diritti umani dell’Onu che bacchettano l’Italia perché non garantisce i servizi di di interruzione volontaria di gravidanza dalla Regione Lombardia arriva un’altra ferale notizia per i diritti e la salute delle donne, a cominciare dalle giovanissime.

Dal primo aprile dovranno pagare la visita ginecologica le ragazze che si rivolgono allo Spazio giovane. Saranno a pagamento anche il controllo post partum e quello post interruzione di gravidanza.  Dai 14 anni in su chi va al consultorio dovrà pagare un ticket 28,50 euro.  Lo si legge in una circolare  inviata dal dirigente dell’Ats di Milano Aurelio Mosca.  Genocologi e medici  lanciano un allarme: se i consultori sono a pagamento, la prevenzione fra le giovanissime  è a rischio.  Da parte sua il dirigente sanitario si smarca dicendo di aver fatto ciò che gli veniva richiesto con la delibera regionale 6131 del 23/1/2017 che riguarda l’aggiornamento del tariffario delle prestazioni consultoriali in ambito materno infantile.

Così mentre il Comitato dell’Onu indica l’alto tasso di obiezione di coscienza in Italia come un ostacolo che impedisce di assicurare la disponibilità di aborti legali in osservanza ad una legge di stato, la 194/78,  ulteriori ostacoli alla sua piena applicazione ora vengono da questo provvedimento che in Lomboradia rende più difficile l’accesso ai consultori, già troppo spesso assediati da presidi di disinformazione organizzati da religiosi anti abortisti.

“I consultori sono un presidio fondamentale per le giovani ragazze e devono restare gratuiti”, commenta la deputata di Mdp Marisa Nicchi. “Se la Lombardia dovesse  davvero far pagare le ragazze che si recano ai consultori di ginecologia, sarebbe gravissimo, saremmo di fronte a un ulteriore attacco alla sanità pubblica che mette a rischio la maternità e la sessualità consapevole delle ragazze”. Ecco perché, aggiunge Nicchi “è quanto di più  sbagliato fare cassa andando a colpire i soggetti potenzialmente più fragili e più a rischio”.