Nonostante i problemi di salute, il leader del partito progressista curdo è detenuto da novembre nel carcere di massima sicurezza di Edirne. Dal quale scrive: «Anche se siamo tra quattro mura, continueremo a essere parte della battaglia fuori di qui»

Aguzzino di Ankara e l’Obama curdo. Non è la trama accennata di un romanzo d’azione, ma la sintesi figurata di un crimine politico reale che si sta consumando nel silenzio complice della comunità internazionale e in particolare dell’Europa, che in spregio ai valori celebrati il 25 marzo nella Dichiarazione di Roma lascia marcire nella cella di un carcere di massima sicurezza Selahattin Demirtaş, parlamentare e leader dell’Hdp, il Partito progressista curdo terza forza politica del Paese, che il regime islamo-nazionalista del presidente Recep Tayyp Erdogan ha dichiarato fuorilegge.
Libertà per Demirtas. Una parola d’ordine, che va fatta vivere nelle aule parlamentari, nelle mobilitazioni di piazza. Libertà e vita per Demirtas. Perché l’obiettivo dell’Aguzzino di Ankara è quello di annientare, psicologicamente e fisicamente, quello che considera il nemico più pericoloso per il regime, perché Demirtas è il simbolo non solo della minoranza curda turca, ma più in generale di quella Turchia laica, plurale, che Erdogan sta cancellando con ogni mezzo: epurazioni di massa, carcere duro, giornali indipendenti chiusi con la forza, pulizia “culturale” nelle scuole e nelle università.
Le battaglie di libertà non possono durare il breve tempo di una interrogazione parlamentare o di un sit-in. Libertà per Demirtas è un impegno che va preteso dal governo italiano, una richiesta che va portata a Bruxelles, della quale deve farsi carico l’Alta rappresentante per la politica estera della Ue, l’italiana Federica Mogherini. Le accuse che hanno portato all’arresto del leader dell’Hdp sono fondate sul nulla, il processo a cui è stato sottoposto, una farsa. Demirtas è di fatto ostaggio di un regime che usa la magistratura come “arma legale” per regolare i conti con i suoi oppositori.
8 novembre 2016. «Ci aspettiamo e ci auguriamo che il popolo europeo e le istituzioni democratiche dell’Europa mostrino un approccio molto più efficace e produttivo contro gli atti illegali di oppressione» compiuti nella Turchia del presidente Erdogan, scrive dal carcere Demirtas arrestato quattro giorni prima, il 4 novembre, insieme ad altri 9 deputati. «Questo impero della paura si dissolverà presto. Continueremo la nostra lotta in qualsiasi condizione e senza perdere la fede nella politica democratica. Il fatto che noi siamo stati presi in ostaggio come risultato di quello che è un golpe civile non è solo un attacco a noi come individui, ma è un nuovo passo di quelli che, poco alla volta, attuano vari complotti per consolidare il governo di un solo uomo. Non bisogna dimenticare – aggiunge – che questo attacco, rivolto a noi difensori di uno stile di vita fraterno, paritario, libero e pacifico nel nostro Paese, è anche un attacco a tutte le forze della democrazia. Questo impero della paura sarà senza dubbio disperso presto. Continueremo la nostra battaglia in qualunque condizione e senza perdere la fiducia nella politica democratica. Anche se siamo tra quattro mura, continueremo a essere parte della battaglia fuori di qui». Il trattamento carcerario a cui è sottoposto il leader dell’Hdp viene denunciato dalle più importanti organizzazioni internazionali per i diritti umani.

12 dicembre 2016. Rinchiuso nel carcere di massima sicurezza di Edirne, ai confini con la Bulgaria. Un penitenziario che, insieme agli altri di tipo F, è stato oggetto nel 2006 di un rapporto del Comitato europeo per la prevenzione della tortura che parlò di condizioni potenzialmente degradanti e disumane. Il co-presidente dell’Hdp è colpito più di una volta da spasmi coronarici che se non curati appropriatamente,possono condurre anche all’infarto. Dopo aver richiesto un check-up medico è stato condotto, circondato da soldati, all’ospedale dell’Università della Tracia. Da allora, Demirtas si sarebbe ripreso e sarebbe tornato normalmente in carcere, dove vive in completo isolamento. Tuttavia il portavoce dell’Hdp, Ayhan Bilgen, ha dichiarato di voler far richiesta di un controllo medico indipendente: «Siamo preoccupati per lo stato di salute del nostro co-presidente. Chiederemo alla Doctor’s Union di far visitare Demirtas in un ospedale appropriato e sotto la supervisione di medici imparziali». A detta di Bilgen, infatti, sul report medico seguito al controllo, non sarebbe stato neanche menzionato il fatto che Demirtas abbia sofferto più di una volta di spasmi coronarici e che quindi non si tratti di un malore episodico. «L’isolamento è una forma di tortura e i nostri deputati e co-presidenti in questo momento stanno palesemente subendo torture» ha detto l’avvocatessa Meral Danış Beştaş.

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