Questa volta il messaggio si è evoluto. Niente tweet “stai sereno” e nemmeno rassicurazioni sorridenti come successe per Letta; ora il disarcionamento del Presidente del Consiglio (pur di sfamare le ambizioni personali di Renzi e compagnia) avviene con un logorio più sotto traccia, sottile: la sconfitta del candidato PD Pagliari ieri alla presidenza della Commissione Affari Costituzionali a favore dell’alfaniano senatore Torrisi è solo uno de tanti granelli infilati nel governo per provocarne lo stallo.
Un ballo dei pupi in piena regola. Il sempiterno Alfano ha il coraggio di dire che «l’elezione di Torrisi a presidente della commissione Affari Costituzionali è senz’altro un segno di stima da parte dei colleghi per il lavoro svolto in questi anni», come se non sapesse che il suo partito è stato utile e apprezzato come un muro quando si gioca di sponda e niente di più.
I capigruppi del Pd Zanda e Rosato fingono di non sapere che l’evento sia una pinta di cianuro servito a Gentiloni e cercano di buttarla in caciara dichiarando: «Il fronte politico che oggi si è formato per l’elezione del nuovo presidente della Commissione Affari Costituzionali al Senato riunisce in una singolare unità tutta l’opposizione, da Forza Italia ai Cinque Stelle passando per la Lega Nord. A voto palese litigano e si insultano, a voto segreto si muovono insieme. Oggi a questo inedito nuovo fronte si sono aggiunti, lo dicono i numeri, pezzi di maggioranza. Certamente non del Pd». Come dire: è colpa di tutti tranne noi. Come i bambini all’asilo.
Renzi (come al solito irraggiungibile nella simulazione della post verità) dichiara addirittura: «Che tristezza, mettono gli interessi personali davanti all’interesse del Paese».
Fingono di fare politica e sono convinti che da fuori gli si creda. E così anche la politica è fake.
Buon giovedì.