«Nel luglio scorso Rolling Stone pubblicò un mio articolo in cui davo un po’ di cifre sul riscaldamento climatico. L’articolo, lungo e – pensavo – un po’ noioso, usciva su un numero che in copertina aveva Justine Bieber. Dopo un paio di giorni il direttore mi chiama: la versione online dell’articolo stava superando Justine per numero di visite e condivisioni». Così raccontava Bill McKibben nel 2012, prima di salire sul palco per lanciare una campagna di mobilitazione nazionale. Era il 2012 e l’uragano Sandy aveva appena cambiato la percezione degli americani di cosa sia l’effetto serra e di quanto il cambiamento climatico sia un’emergenza da affrontare. Bill McKibben è un giornalista, autore e attivista ambientalista tra i più influenti degli Stati Uniti. Il Boston Globe lo ha definito «il più importante ambientalista americano» e Foreign Affairs lo ha inserito nella classifica dei 100 global thinkers più influenti. Il suo ultimo libro, Oil and Honey (2013), parte dalla storia di un apicoltore del Vermont per raccontare della necessità di mettere in connessione le azioni locali. L’obiettivo è fare pressione sui governi perché prendano decisioni risolutive per fermare il riscaldamento globale. Il suo primo libro, End of Nature, del 1989, è stato tradotto in 25 lingue. McKibben è tra i fondatori di 350.org, campagna ideata per spingere le fondazioni di università e Chiese a disinvestire dalle compagnie che estraggono idrocarburi. Una strategia che in alcuni Paesi, dove le università e i sindacati hanno fondi investiti, ha avuto e continua ad avere molta efficacia. Come attivista è stato protagonista della più importante azione di disobbedienza civile degli ultimi anni, a Washington, quando il movimento protestò contro la XL Keystone pipeline che dovrebbe trasportare petrolio estratto dalle sabbie bituminose del Canada verso gli Usa. McKibben e molti altri si fecero arrestare. Il progetto venne fermato da Obama e oggi viene rilanciato da Trump. Su Left in edicola, McKibben, intervistato da Michela Iaccarino, ci racconta di come gli ambientalisti possono e devono organizzarsi per fermare Donald Trump. Cosa fare e come farlo, perché, per fermare il riscaldamento climatico siamo già ampiamente in ritardo. Sempre su Left in edicola, un racconto-reportage dei giorni dell’uragano Sandy e di come cambiò le cose. Un racconto del passato che potrebbe essere la normalità del futuro: con parti importanti di New York City e delle coste del New Jersey che, se non cambierà la dinamica del clima, prima o poi finiranno regolarmente sotto l’acqua.
Su Left in edicola: Mobilitarsi e disinvestire: la cura McKibben per Trump di Michela Ag Iaccarino È uno dei più influenti e partigiani ambientalisti d’America. Ha guidato le proteste che fermarono la Keystone Pipeline prima che Trump la resuscitasse. Dialogo con Bill McKibben, che ora prova a fermare la lobby del carbone e del petrolio Manhattan sott’acqua. Cronaca di ieri e di domani di Martino Mazzonis Nell’ottobre 2012 la costa est degli Stati Uniti venne spazzata dall’uragano Sandy e scoprì la propria vulnerabilità. Da allora cambiò l’attitudine nei confronti delle trasformazioni del clima. Fino all’arrivo di Trump alla Casa Bianca. Reportage dal passato [su_divider text="In edicola " style="dotted" divider_color="#d3cfcf"]

L'intervista e la storia di Sandy sono su Left in edicola

 

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«Nel luglio scorso Rolling Stone pubblicò un mio articolo in cui davo un po’ di cifre sul riscaldamento climatico. L’articolo, lungo e – pensavo – un po’ noioso, usciva su un numero che in copertina aveva Justine Bieber. Dopo un paio di giorni il direttore mi chiama: la versione online dell’articolo stava superando Justine per numero di visite e condivisioni». Così raccontava Bill McKibben nel 2012, prima di salire sul palco per lanciare una campagna di mobilitazione nazionale. Era il 2012 e l’uragano Sandy aveva appena cambiato la percezione degli americani di cosa sia l’effetto serra e di quanto il cambiamento climatico sia un’emergenza da affrontare.

Bill McKibben è un giornalista, autore e attivista ambientalista tra i più influenti degli Stati Uniti. Il Boston Globe lo ha definito «il più importante ambientalista americano» e Foreign Affairs lo ha inserito nella classifica dei 100 global thinkers più influenti. Il suo ultimo libro, Oil and Honey (2013), parte dalla storia di un apicoltore del Vermont per raccontare della necessità di mettere in connessione le azioni locali. L’obiettivo è fare pressione sui governi perché prendano decisioni risolutive per fermare il riscaldamento globale. Il suo primo libro, End of Nature, del 1989, è stato tradotto in 25 lingue.

McKibben è tra i fondatori di 350.org, campagna ideata per spingere le fondazioni di università e Chiese a disinvestire dalle compagnie che estraggono idrocarburi. Una strategia che in alcuni Paesi, dove le università e i sindacati hanno fondi investiti, ha avuto e continua ad avere molta efficacia. Come attivista è stato protagonista della più importante azione di disobbedienza civile degli ultimi anni, a Washington, quando il movimento protestò contro la XL Keystone pipeline che dovrebbe trasportare petrolio estratto dalle sabbie bituminose del Canada verso gli Usa. McKibben e molti altri si fecero arrestare. Il progetto venne fermato da Obama e oggi viene rilanciato da Trump.

Su Left in edicola, McKibben, intervistato da Michela Iaccarino, ci racconta di come gli ambientalisti possono e devono organizzarsi per fermare Donald Trump. Cosa fare e come farlo, perché, per fermare il riscaldamento climatico siamo già ampiamente in ritardo.
Sempre su Left in edicola, un racconto-reportage dei giorni dell’uragano Sandy e di come cambiò le cose. Un racconto del passato che potrebbe essere la normalità del futuro: con parti importanti di New York City e delle coste del New Jersey che, se non cambierà la dinamica del clima, prima o poi finiranno regolarmente sotto l’acqua.


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Mobilitarsi e disinvestire: la cura McKibben per Trump di Michela Ag Iaccarino
È uno dei più influenti e partigiani ambientalisti d’America. Ha guidato le proteste che fermarono la Keystone Pipeline prima che Trump la resuscitasse. Dialogo con Bill McKibben, che ora prova a fermare la lobby del carbone e del petrolio

Manhattan sott’acqua. Cronaca di ieri e di domani di Martino Mazzonis
Nell’ottobre 2012 la costa est degli Stati Uniti venne spazzata dall’uragano Sandy e scoprì la propria vulnerabilità. Da allora cambiò l’attitudine nei confronti delle trasformazioni del clima. Fino all’arrivo di Trump alla Casa Bianca. Reportage dal passato

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