Non sono rifugiati, non vengono dalla Siria ma dall’Etiopia, dall’Eritrea, dal Sudan e dalla Nigeria e non meritano il permesso come rifugiati. Quante volte avete sentito questa frase? Bene. Ieri il politico dell’opposizione e portavoce di un partito etiope, Yonatan Tesfaye, è stato dichiarato colpevole di incoraggiare il terrorismo per dei commenti fatti su Facebook e rischia fino a 20 anni di carcere.
Tesfaye è stato arrestato nel dicembre 2015 durante un’ondata di proteste anti-governative nella regione di Oromia che ha lasciato 600 cadaveri in strada. La sua colpa è aver scritto che, per affrontarle, le autorità aveva usato «la forza contro la gente anziché usare discussioni pacifiche». Amnesty International ha parlato di quelle accuse come “gonfiate”. Non è la prima volta che l’Etiopia viene criticata per usare le leggi anti-terrorismo per colpire le opposizioni. Lo stesso leader dell’opposizione che ha criticato lo stato di emergenza introdotto dal governo durante le proteste, è stato arrestato. Lo stato d’emergenza, a oggi, ha determinato l’arresto di 25mila persone ma le cronache riportano una tensione crescente nella regione sud del Paese.
La regione autonoma e ricca dal punto di vista delle risorse, sente di non godere del proprio potenziale benessere e di non giocare un ruolo nel governo del Paese. progetti di sviluppo che determinano la cacciata di agricoltori dalla loro terra – di proprietà statale – sono una delle principali fonti di disagio e protesta.
L’Etiopia ospita centinaia di migliaia di rifugiati provenienti da Somalia, Sud Sudan ed Eritrea (paese dove le condizioni per chi protesta sono peggiori) e con il Paese sono stati aperti corridoi umanitari. Molti dei richiedenti asilo africani che sbarcano sulle nostre coste vengono da quel Paese o sono possibilmente passati anche per il Paese. Quelli che vedete nella foto qui sopra invece sono Oromo che vengono sgomberati dalla famigerata giungla di Calais, il campo di rifugiati della cittadina francese e sventolano la bandiera della loro regione (nella foto in basso, invece, il vice campione olimpico Feyisa Lilesa sul podio di Rio fa il gesto che caratterizza la protesta Oromo).
Con Addis Abeba, così come con la Libia, l’Iraq, la Nigeria, l’Europa vorrebbe stipulare accordi simili a quello con la Turchia: risorse in cambio di chiusura delle frontiere. L’Europa che si vuole bastione dei diritti umani, dimentica quelli degli etiopi e delle popolazioni che nel Paese trovano rifugio perché fuggono da guerre e persecuzioni.