Luigi Manconi: «Io che l'ho proposto non l'ho votato. Della mia legge non è rimasto praticamente nulla». Eppure gli italiani volevano la legge, lo dice un'indagine Doxa per Amnesty

«Un brutto testo che non ho votato, io che l’ho depositato il primo giorno della legislatura». Il senatore Pd Luigi Manconi è lapidario: «Del disegno di legge sul reato di tortura che originariamente portava il mio nome non rimane praticamente nulla». Il senatore spiega nei dettagli cosa è successo questa mattina al Senato, dove è stato approvato un testo di legge stravolto rispetto al testo depositato, come dice il senatore, nel 2013. «Innanzitutto perché il reato di tortura viene definito comune e non proprio, come vogliono  invece tutte le convenzioni internazionali dal momento che si tratta di una fattispecie propria dei pubblici ufficiali o degli incaricati di pubblico servizio». Quindi un preciso abuso di potere. Anche le parole cambiate poi hanno un significato preciso. «Inoltre – continua Manconi in un suo intervento a caldo – nell’articolato precedente, si pretendeva che le violenze o le minacce gravi fossero “reiterate”. Questa formula è stata sostituita nel testo attuale da “più condotte”. Dunque il singolo atto di violenza brutale (si pensi a una sola pratica di water boarding) potrebbe non essere punito». Il testo di legge con l’articolo 613-bis che introduce in Italia il delitto di tortura è stato approvato questa mattina al Senato con 195 voti favorevoli, 8 contrari e 34 astenuti. Adesso il testo ritornerà alla Camera.

Quelle parole cambiate nel testo
In commissione Giustizia del Senato le ultime modifiche, che già ieri avevano fatto scattare la protesta delle associazioni Antigone e Amnesty che da sempre si battono per avere una legge che introduca in Italia un reato universalmente riconosciuto. L’altra modifica, oltre al fatto delle violenze che derivano da più condotte, riguarda le sofferenze psichiche. Vale la pena citare il primo testo: «Chiunque, con violenze o minacce gravi, ovvero mediante trattamenti inumani o degradanti la dignità crudeltà, cagiona acute sofferenze fisiche o psichiche» è stato cambiato in «acute sofferenze fisiche o un verificabile trauma psichico». È chiaro che su queste basi, sarà sempre più difficile dimostrare il trattamento inumano dal punto di vista psichico, perché in quel “verificabile” si nasconde un percorso a ostacoli nelle aule dei tribunali. Lo dice nero su bianco anche lo stesso Manconi: «la norma prevede perché vi sia tortura un verificabile trauma psichico. Ma i processi per tortura avvengono per loro natura anche a dieci anni dai fatti commessi. Come si fa a verificare dieci anni dopo un trauma avvenuto tanto tempo prima?».

Un testo che così è difficile da applicare
Un testo dunque dalla difficile applicazione, sostengono sia Antigone che Amnesty «nel limitare la tortura ai soli comportamenti ripetuti nel tempo (un’ipotesi ripudiata solo qualche anno fa dall’intero arco costituzionale) e a circoscrivere in modo inaccettabile l’ipotesi della tortura mentale». Qualcosa di assurdo, dicono, « per chiunque abbia un minimo di conoscenza del fenomeno della tortura nel mondo contemporaneo». E anche Manconi è sulla stessa lunghezza d’onda: «Tutto ciò significa ancora una volta che non si vuole seriamente perseguire la violenza intenzionale dei pubblici ufficiali e degli incaricati di pubblico servizio in danno delle persone private della libertà, o comunque loro affidate, quando invece è solo l’individuazione e la sanzione penale di chi commette violenze e illegalità a tutelare il prestigio e l’onore dei corpi e della stragrande maggioranza degli appartenenti”.

Una storia lunga
E dire che sono passati 29 anni da quando l’Italia ha sottoscritto la Convenzione Onu sulla tortura ma il Parlamento da quel lontano 1989 non è mai riuscito a tradurre quelle direttive in un atto normativo valido per lo Stato italiano. Soltanto buone intenzioni rimaste sulla carta. Un vuoto legislativo che è pesato soprattutto di fronte a episodi come quelli di Genova 2001. Tra l’altro proprio quest’anno ad aprile, l’Italia ha accettato di patteggiare un risarcimento di 45mila euro ai manifestanti che subirono violenze e quindi ha ammesso le proprie colpe. Se allora ci fosse stato il reato di tortura le cose sarebbero andate in maniera diversa e forse, chissà, casi come quello di Stefano Cucchi, non si sarebbero verificati. Perché il clima culturale avrebbe favorito un diverso atteggiamento da parte delle forze dell’ordine. E chiaro, sono ipotesi, ma è stato dimostrato quanto una legge possa incidere sull’opinione pubblica, soprattutto quando riguarda i diritti civili. In questo caso poi gli italiani si aspettavano una legge.

L’indagine Doxa per Amnesty international
Lo prova un’indagine realizzata da Doxa per Amnesty international. Oltre 6 italiani su 10 ritengono che nel nostro ordinamento dovrebbe essere previsto esplicitamente il reato di tortura. Sempre dalla stessa indagine emerge che per un italiano su 2 la tortura nel nostro Paese non esiste, una realtà riconosciuta solo dal  33% degli intervistati (un restante 17% non sa). «Da questa indagine emerge con chiarezza – afferma Riccardo Noury, portavoce di Amnesty – che dobbiamo continuare a lavorare con tutte le nostre forze per portare all’attenzione delle istituzioni, dell’opinione pubblica e dei media il tema della tortura, far crescere la consapevolezza su quello che avviene nel nostro paese e fuori dai nostri confini, dare voce a chi non ce l’ha”.

Riccardo Noury: «La sinistra ha fatto poco per i diritti umani»
Riccardo Noury è dal 2003 portavoce di Amnesty Italia. Come è andata in questo periodo, a proposito di percezione in Italia della tutela dei diritti umani? «Su molte questioni, come quello dell’immigrazione, l’Italia si è accodata ad una politica europea di chiusura, sia dal punto di vista delle politiche che dal punto di vista culturale. Lo abbiamo visto anche con i distinti accordi fatti con la Libia da governi dei destra e sinistra, da Berlusconi, Monti, Letta e Gentiloni». Per quanto riguarda invece i diritti civili in Italia, Noury conferma che il Paese in effetti rimase impressionato dai fatti di Genova. «Se ne parlava in continuazione anche negli anni successivi, la popolazione era interessata, ma non c’è stato un movimento così forte da far approvare la legge». «Questo dimostra che la sensibilità per i diritti umani è scarsa, adesso c’è una grande paura per il proprio destino e la tendenza a prendersela con i capri espiatori, come si vede per i migranti».
Nuoro continua: «Manca una cultura politica dei diritti umani e la sinistra purtroppo non ha fatto dei diritti umani un principio per cui lottare».
Lo abbiamo visto anche nell’aula del Senato oggi.

Una laurea in Filosofia (indirizzo psico-pedagogico) a Siena e tanta gavetta nei quotidiani locali tra Toscana ed Emilia Romagna. A Rimini nel 1994 ho fondato insieme ad altri giovani colleghi un quotidiano in coooperativa, il Corriere Romagna che esiste ancora. E poi anni di corsi di scrittura giornalistica nelle scuole per la Provincia di Firenze (fino all'arrivo di Renzi…). A Left, che ho amato fin dall'inizio, ci sono dal 2009. Mi occupo di: scuola, welfare, diritti, ma anche di cultura.