La notizia triste è che oggi è morto Chris Cornell, cantante e frontman dei Soundgarden e degli Audioslave e noto anche per aver cantato colonne sonore di 007, che aveva 52 anni e si era esibito poche ore prima a Detroit con la band che lo ha reso famoso nel mondo negli anni 90. Le cause della morte sono sconosciute e la cosa è del tutto inattesa, la famiglia fa sapere che lavorerà con i medici legali per determinarle.

Cornell in questi giorni era entusiasta del tour con i Soundgarden, qui sotto il suo ultimo tweet, non molte ore fa, proprio sul concerto a Detroit. Il tour era cominciato a fine aprile e sarebbe andato avanti ancora per tutto il mese.

 

Qui l'ultimo singolo di Cornell i cui proventi andranno tutti all'International Rescue Commitee, una Ong che si occupa di rifugiati

L'intervista a Kim Thayil, il chitarrista della band

(da Left numero 12 del 2017)

Riff che entrano dentro il cervello, feroci e repentini, con precisione e decisione. Quando nel 1988 i Soundgarden fanno irruzione nella musica, nulla rimane lo stesso. Tantomeno il grunge. È il 1984 quando la voce di Chris Cornell, il basso di Hiro Yamamoto (oggi tra le dita di Ben Shepherd) e le corde di Kim Thayil si incontrano, poco dopo arriverà la batteria di Matt Cameron. Così nascono i Soundgarden, rubando il nome a un’installazione di Douglas Hollis, a Seattle, dove il soffiare del vento tra i tubi di metallo e i pannelli produce insoliti suoni. I “quattro di Seattle” in trent’anni hanno prodotto una dozzina di lavori, tra album ed Ep, e venduto più di 20 milioni di copie in tutto il mondo. Del loro ritorno, di questi trant’anni e della capitale del rock sul Pacifico abbiamo chiesto a Kim Thayil. Padre del “drop D tuning”, l’accordatura “scordata” tipica del grunge, il centesimo miglior chitarrista di tutti i tempi, a giudizio di Rolling Stone.

Siete considerati tra i musicisti più tecnici e precisi al mondo. E la leggenda narra che nel 1988 non foste convinti del missaggio - soprattutto Cris Cornell - ma che l’immediato successo vi ha impedito di remixarlo e ristamparlo. È per questo che adesso tornate con Ultramega ok, vi pesava tanto quella “bassa qualità”?

Non credo che la competenza tecnica, o la precisione, sia una caratteristica importante in ciò che facciamo in modo creativo. In realtà, non è un fattore significativo nel successo di molti dei generi “popolari” tra cui rock, blues, country, R & B, hip hop, ecc... Può essere utile, ma non è necessario. Perciò, in questo caso semplicemente non ci piaceva il mix originale di Ultramega Ok. Perché, collettivamente, i Soundgarden hanno ritenuto che non rappresentasse al meglio il nostro sound, né la forza delle canzoni.

Il vostro primo full-length lo avete affidato alla piccola ma storica etichetta underground Sst Records, ma siete subito passati a una major, la A&M. Sinceramente, che cosa ha comportato?

Guarda che la Sst records era un’etichetta indipendente abbastanza grande e di successo nel momento in cui abbiamo pubblicato Ultramega Ok. Successivamente abbiamo negoziato un accordo con la A&M perché ci aveva offerto una maggiore distribuzione e il sostegno finanziario, ma la Sst è stata una grande label per noi, ci ha permesso di lavorare e ci ha dato una mano a raggiungere e sviluppare il pubblico che abbiamo avuto.

Torniamo all’album, che è una versione expanded. Noi possiamo contare i sei demo che avete aggiunto e possiamo ascoltarli, ma tu puoi spiegarci cosa c’è di diverso, o di più, in voi...

In verità, le sei tracce bonus di cui parli sono state originariamente registrate durante le sessioni per Screaming Life, il nostro primo Ep. A quell’epoca abbiamo deciso di non includerle, perché Sub Pop preferiva pubblicare un Ep a buon prezzo per il debutto di una nuova band, quali erano i Soundgarden. Per questo non sono proprio dei “demo”, ma sono piuttosto delle versioni inedite. E noi, trent’anni dopo, siamo cresciuti nella capacità e nella visione creativa, come chiunque altro.

Metal, psichedelia, hard rock e punk. Tutto insieme, è la fusione dell’anima di ognuno di voi o cosa?

Direi che abbiamo tutti gli stili che dici, insieme a molti altri, all’interno di ognuna delle nostre anime. Individualmente, e li condividiamo collettivamente.

Nirvana, Alice in Chains, Pearl Jam, Temple of the Dog. Ma davvero possiamo chiamare tutto “grunge”?!

Beh, se con “grunge” ti riferisci alla musica delle band che provengono dalla stessa scena di Seattle, sì. Suppongo che sia sufficiente a chiamare tutto “grunge”. E, per ironia della sorte, nessun altro qui usa il termine in modo diverso. Io, per esempio, non lo uso. Ma tocca vedere cosa risulti più conveniente ai media...

I media... che vi definiscono anche come i caposcuola del grunge e contemporanemante come gli innovatori. Vi sentite più l’uno o l’altro?

Vedo i Soundgarden sia come leader che come innovatori di quella che era la scena di Seattle. Ma non ci assocerei necessariamente al “grunge”. E credo che ormai il nostro lavoro possa essere compreso indipendente e oltre questo ambiente.

Cos’è rimasto oggi del grunge?

Non mi preoccupo di questo. I Soundgarden, i Melvins, i Mudhoney, i Pearl Jam, gli Alice in Chains, i Foo Fighters e gli altri stanno avendo tutti ancora successo, rendendo la loro musica unica e influente. E poi la record Sub Pop e altre etichette locali stanno andando più forte che mai. Il luogo rimane lo stesso. Il tempo è andato per sempre.

Vivi ancora a Seattle?

Sì.

Ed è ancora una fucina di creatività?

Lo è. Seattle è vitale come non lo è mai stata. Come in molte altre regioni del nostro Paese, e del mondo, ci sono una moltitudine di giovani musicisti e nuove interessanti band che esplorano opportunità creativa e di espressione.

Facci un esempio.

Ci sono molte band interessanti prodotte dalla Southern Lord Records, mi piace molto Courtney Barnet, il suo lavoro ricorda sia Kurt Cobain che Lou Reed. E anche i Pissed Jeans, sono davvero molto cool.

Un’ultima domanda Kim, cosa ascoltano i Soundgarden?

Ognuno di noi ha le sue preferenze. Certo, condividiamo molto e lo esprimiamo nel nostro lavoro. Ognuno di noi ascolta i Beatles, i Led Zeppelin, Captain Beefheart, i Pink Floyd, David Bowie e gli altri. A me, in particolare, piace ascoltare ancora i Black Sabbath, gli Stooges, Wire, i Pere Ubu, i Ramones, Sly & the Family Stone e i Motor City 5.

La notizia triste è che oggi è morto Chris Cornell, cantante e frontman dei Soundgarden e degli Audioslave e noto anche per aver cantato colonne sonore di 007, che aveva 52 anni e si era esibito poche ore prima a Detroit con la band che lo ha reso famoso nel mondo negli anni 90. Le cause della morte sono sconosciute e la cosa è del tutto inattesa, la famiglia fa sapere che lavorerà con i medici legali per determinarle.

Cornell in questi giorni era entusiasta del tour con i Soundgarden, qui sotto il suo ultimo tweet, non molte ore fa, proprio sul concerto a Detroit. Il tour era cominciato a fine aprile e sarebbe andato avanti ancora per tutto il mese.

 

Qui l’ultimo singolo di Cornell i cui proventi andranno tutti all’International Rescue Commitee, una Ong che si occupa di rifugiati

L’intervista a Kim Thayil, il chitarrista della band

(da Left numero 12 del 2017)

Riff che entrano dentro il cervello, feroci e repentini, con precisione e decisione. Quando nel 1988 i Soundgarden fanno irruzione nella musica, nulla rimane lo stesso. Tantomeno il grunge. È il 1984 quando la voce di Chris Cornell, il basso di Hiro Yamamoto (oggi tra le dita di Ben Shepherd) e le corde di Kim Thayil si incontrano, poco dopo arriverà la batteria di Matt Cameron. Così nascono i Soundgarden, rubando il nome a un’installazione di Douglas Hollis, a Seattle, dove il soffiare del vento tra i tubi di metallo e i pannelli produce insoliti suoni. I “quattro di Seattle” in trent’anni hanno prodotto una dozzina di lavori, tra album ed Ep, e venduto più di 20 milioni di copie in tutto il mondo. Del loro ritorno, di questi trant’anni e della capitale del rock sul Pacifico abbiamo chiesto a Kim Thayil. Padre del “drop D tuning”, l’accordatura “scordata” tipica del grunge, il centesimo miglior chitarrista di tutti i tempi, a giudizio di Rolling Stone.

Siete considerati tra i musicisti più tecnici e precisi al mondo. E la leggenda narra che nel 1988 non foste convinti del missaggio – soprattutto Cris Cornell – ma che l’immediato successo vi ha impedito di remixarlo e ristamparlo. È per questo che adesso tornate con Ultramega ok, vi pesava tanto quella “bassa qualità”?

Non credo che la competenza tecnica, o la precisione, sia una caratteristica importante in ciò che facciamo in modo creativo. In realtà, non è un fattore significativo nel successo di molti dei generi “popolari” tra cui rock, blues, country, R & B, hip hop, ecc… Può essere utile, ma non è necessario. Perciò, in questo caso semplicemente non ci piaceva il mix originale di Ultramega Ok. Perché, collettivamente, i Soundgarden hanno ritenuto che non rappresentasse al meglio il nostro sound, né la forza delle canzoni.

Il vostro primo full-length lo avete affidato alla piccola ma storica etichetta underground Sst Records, ma siete subito passati a una major, la A&M. Sinceramente, che cosa ha comportato?

Guarda che la Sst records era un’etichetta indipendente abbastanza grande e di successo nel momento in cui abbiamo pubblicato Ultramega Ok. Successivamente abbiamo negoziato un accordo con la A&M perché ci aveva offerto una maggiore distribuzione e il sostegno finanziario, ma la Sst è stata una grande label per noi, ci ha permesso di lavorare e ci ha dato una mano a raggiungere e sviluppare il pubblico che abbiamo avuto.

Torniamo all’album, che è una versione expanded. Noi possiamo contare i sei demo che avete aggiunto e possiamo ascoltarli, ma tu puoi spiegarci cosa c’è di diverso, o di più, in voi…

In verità, le sei tracce bonus di cui parli sono state originariamente registrate durante le sessioni per Screaming Life, il nostro primo Ep. A quell’epoca abbiamo deciso di non includerle, perché Sub Pop preferiva pubblicare un Ep a buon prezzo per il debutto di una nuova band, quali erano i Soundgarden. Per questo non sono proprio dei “demo”, ma sono piuttosto delle versioni inedite. E noi, trent’anni dopo, siamo cresciuti nella capacità e nella visione creativa, come chiunque altro.

Metal, psichedelia, hard rock e punk. Tutto insieme, è la fusione dell’anima di ognuno di voi o cosa?

Direi che abbiamo tutti gli stili che dici, insieme a molti altri, all’interno di ognuna delle nostre anime. Individualmente, e li condividiamo collettivamente.

Nirvana, Alice in Chains, Pearl Jam, Temple of the Dog. Ma davvero possiamo chiamare tutto “grunge”?!

Beh, se con “grunge” ti riferisci alla musica delle band che provengono dalla stessa scena di Seattle, sì. Suppongo che sia sufficiente a chiamare tutto “grunge”. E, per ironia della sorte, nessun altro qui usa il termine in modo diverso. Io, per esempio, non lo uso. Ma tocca vedere cosa risulti più conveniente ai media…

I media… che vi definiscono anche come i caposcuola del grunge e contemporanemante come gli innovatori. Vi sentite più l’uno o l’altro?

Vedo i Soundgarden sia come leader che come innovatori di quella che era la scena di Seattle. Ma non ci assocerei necessariamente al “grunge”. E credo che ormai il nostro lavoro possa essere compreso indipendente e oltre questo ambiente.

Cos’è rimasto oggi del grunge?

Non mi preoccupo di questo. I Soundgarden, i Melvins, i Mudhoney, i Pearl Jam, gli Alice in Chains, i Foo Fighters e gli altri stanno avendo tutti ancora successo, rendendo la loro musica unica e influente. E poi la record Sub Pop e altre etichette locali stanno andando più forte che mai. Il luogo rimane lo stesso. Il tempo è andato per sempre.

Vivi ancora a Seattle?

Sì.

Ed è ancora una fucina di creatività?

Lo è. Seattle è vitale come non lo è mai stata. Come in molte altre regioni del nostro Paese, e del mondo, ci sono una moltitudine di giovani musicisti e nuove interessanti band che esplorano opportunità creativa e di espressione.

Facci un esempio.

Ci sono molte band interessanti prodotte dalla Southern Lord Records, mi piace molto Courtney Barnet, il suo lavoro ricorda sia Kurt Cobain che Lou Reed. E anche i Pissed Jeans, sono davvero molto cool.

Un’ultima domanda Kim, cosa ascoltano i Soundgarden?

Ognuno di noi ha le sue preferenze. Certo, condividiamo molto e lo esprimiamo nel nostro lavoro. Ognuno di noi ascolta i Beatles, i Led Zeppelin, Captain Beefheart, i Pink Floyd, David Bowie e gli altri. A me, in particolare, piace ascoltare ancora i Black Sabbath, gli Stooges, Wire, i Pere Ubu, i Ramones, Sly & the Family Stone e i Motor City 5.