I reati diminuiscono ma i detenuti aumentano. È questo lo strano fenomeno che avviene negli ultimi tempi nelle carceri italiane. Lo mette in evidenza Torna il carcere, il XIII Rapporto sulle condizioni di detenzione in Italia curato da Antigone che fornisce un prezioso quadro relativo alla popolazione carceraria. La presentazione oggi alla presenza del capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria Santi Consolo e del Garante nazionale dei detenuti Mauro Palma. Nel rapporto quattro sono le aree esaminate: le politiche e i numeri; tutti ne parlano; le emergenze; chi vive e chi lavora dentro. Dalla “radiografia” di Antigone che dal 1998 indaga le carceri italiane si possono trarre delle conclusioni che servono a spiegare anche i cambiamenti avvenuti nella società italiana negli ultimi anni. Il numero totale di detenuti è di 56.436. Negli ultimi sei mesi sono aumentati di circa 1.500 unità, mentre nel semestre precedente la crescita era stata di circa 1.100 unità. Dalla fine del 2015 alla fine del 2016 il tasso di affollamento è passato dal 105% al 108,8%, ed al 30 aprile 2017 eravamo già al 112,8%. I reati, come si diceva, sono diminuiti: nel 2015 il totale di quelli denunciati è stato pari a 2.687.249, contro i 2.812.936 del 2014. Sono diminuiti reati gravi come l’omicidio volontario (-15%), la violenza sessuale (-6,04), ma anche le rapine (-10,62%) e i furti (-6,97). Antigone fa il paragone con il 1991: gli omicidi erano stati 1.916 che nel 2016 sono passati a 396. Sempre nel 1991 i detenuti erano 31.053. «Dunque - si legge nel Rapporto - si ammazzava cinque volte di più, ma si finiva in galera due volte di meno. Non si era ossessionati dalla sicurezza». Perché dunque adesso l’aumento di detenuti? Secondo Antigone si tratta di una crescita dovuta al particolare stato dell’opinione pubblica in questo momento, ben diverso rispetto a qualche anno fa. E qui si comprende quanto conta una politica allarmistica e quando contano i media mainstream che seguono acriticamente i leader populistici il cui scopo principale è quello di destare insicurezza tra la popolazione. [su_divider text="In edicola " style="dotted" divider_color="#d3cfcf"]

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I reati diminuiscono ma i detenuti aumentano. È questo lo strano fenomeno che avviene negli ultimi tempi nelle carceri italiane. Lo mette in evidenza Torna il carcere, il XIII Rapporto sulle condizioni di detenzione in Italia curato da Antigone che fornisce un prezioso quadro relativo alla popolazione carceraria. La presentazione oggi alla presenza del capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria Santi Consolo e del Garante nazionale dei detenuti Mauro Palma. Nel rapporto quattro sono le aree esaminate: le politiche e i numeri; tutti ne parlano; le emergenze; chi vive e chi lavora dentro.

Dalla “radiografia” di Antigone che dal 1998 indaga le carceri italiane si possono trarre delle conclusioni che servono a spiegare anche i cambiamenti avvenuti nella società italiana negli ultimi anni. Il numero totale di detenuti è di 56.436. Negli ultimi sei mesi sono aumentati di circa 1.500 unità, mentre nel semestre precedente la crescita era stata di circa 1.100 unità. Dalla fine del 2015 alla fine del 2016 il tasso di affollamento è passato dal 105% al 108,8%, ed al 30 aprile 2017 eravamo già al 112,8%.

I reati, come si diceva, sono diminuiti: nel 2015 il totale di quelli denunciati è stato pari a 2.687.249, contro i 2.812.936 del 2014. Sono diminuiti reati gravi come l’omicidio volontario (-15%), la violenza sessuale (-6,04), ma anche le rapine (-10,62%) e i furti (-6,97). Antigone fa il paragone con il 1991: gli omicidi erano stati 1.916 che nel 2016 sono passati a 396. Sempre nel 1991 i detenuti erano 31.053. «Dunque – si legge nel Rapporto – si ammazzava cinque volte di più, ma si finiva in galera due volte di meno. Non si era ossessionati dalla sicurezza».

Perché dunque adesso l’aumento di detenuti? Secondo Antigone si tratta di una crescita dovuta al particolare stato dell’opinione pubblica in questo momento, ben diverso rispetto a qualche anno fa. E qui si comprende quanto conta una politica allarmistica e quando contano i media mainstream che seguono acriticamente i leader populistici il cui scopo principale è quello di destare insicurezza tra la popolazione.

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