Mentre si indaga su un caso a Ravenna, ecco cosa sta accadendo in Russia dove l’inqueitante fenomeno Blue Whale ha preso avvio. Parliamo di un rituale che spinge a fare gesti “trasgressivi” e autolesionisti come andare in luoghi isolati, pericolosi o in cimiteri sempre di notte, facendosi selfie su tetti di palazzi o binari della ferrovia, per poi compiere un gesto estremo.
Boris, che succede con il sinij kit, la balena blu? «Vorrei poterti rispondere, ma non so di cosa parliamo, chiedo domani a Daria». Pasha, e la balena blu? È vera questa storia? «Non ne so molto, se vuoi, cerco qualche articolo su internet». Più o meno le risposte erano uguali e l’argomento non all’ordine del giorno, nelle redazioni contattate a Mosca. Tra balene blu o bufale di un altro colore, solo una notizia è certa: il tasso di suicidio tra i bambini russi è altissimo. I dati parlano di una Russia che, dopo Suriname e Kazakistan, è terza per numero di minori che ogni anno scelgono di togliersi la vita, scrive il quotidiano Kommersant. Nel mondo, nel 2020, il suicidio diventerà la prima causa di morte dopo cancro e malattie cardiovascolari, mentre adesso rientra tra le prime dieci, dice l’Unicef. Sono cifre impressionanti, a seconda degli istituti i dati cambiano, ma la Russia c’è sempre.
Se c’è adesso un “effetto Werther” digitale è troppo presto per capirlo. Per le condizioni sociali, per povertà, per violenza domestica, per depressione, per l’alcolismo di un genitore o di entrambi. Di fatto, però, l’alta incidenza di suicidi fra i minori russi è tutta da indagare. La colonna dei motivi è vasta. Sono vite non sempre storte, che non sempre rasentano gli abissi, ma tutte, secondo i giornalisti, avrebbero in comune un passaggio nel circuito digitale di quelli che hanno cominciato a chiamare «gruppi della morte». In Russia i gruppi della morte su internet sono tanti, non c’è solo sinij kit, la balena blu.
«La Russia è dura con i suoi bambini»: comincia così un articolo del Washington Post del 2012 che titola «i teenager che scelgono la morte in Russia». La vicenda di allora riguardava Yelizaveta Petsylya e Anastasia Korolyova, stessa età, 14 anni, stessa scuola, la numero 8, stesso paese, Lobnya, 40 minuti da Mosca. Le due erano amiche e, scrive l’autrice, «hanno fatto quello che migliaia di teenager russi hanno fatto». In comune con le vicende di oggi c’era l’ultimo salto dal tetto ma non ancora internet.
I bambini muoiono da un capo dall’altro del Paese, da Chelyabinsk, a Krasnodar, a Tula, a Ussurijsk e nelle due capitali, Mosca e Pietroburgo. E se non tutti i giornali hanno seguito la questione, lo hanno fatto le autorità. Il 19 aprile, grazie alle pressioni della deputata della Duma Irina Jarovaja, è stato approvata una modifica al disegno di legge del codice penale e codice di procedura penale, all’articolo 110, comma 1, per promozione del suicidio, e comma 2, per “attività che coinvolgono e danno impulso a commettere suicidio”. La punizione da scontare può arrivare anche a sei anni di reclusione, se viene riconosciuta la responsabilità penale per “istigazione al suicidio”. Delle indagini ad essi collegate se ne occupa e indaga adesso il Roskomnadazor, il servizio federale per la sorveglianza del diritto dei consumatori e benessere della persona. L’ultima notizia che riguarda il caso è che il 4 aprile scorso a Stavropol hanno punito degli studenti per aver giocato alla balena blu e hanno sanzionato il personale della scuola per responsabilità disciplinare e mancata prevenzione adeguata.
Continua su Left in edicola