Hanno sequestrato un milione di euro a Gianfranco Fini. Un milione di euro diviso in due polizze da 495.000 euro l’una (queste sì, polizze su cui indignarsi) stanate dal Servizio centrale di investigazione sulla criminalità organizzata come potrebbe succedere a una mafiosetto moccioso, un corrotto provincialotto o un ebete ingordo.
Ma non è il sequestro e nemmeno l’indagine a interessarmi. Non ora. Ci sarà il processo, la giustizia e tutto il resto.
Mi interessa piuttosto un’immagine che non sono mai riuscito a togliermi dalla testa. Accadde a Genova. Nel 2001. Ed era Gianfranco Fini (che diventerà Presidente della Camera dei Deputati, per dire) che pontificava a reti unificate sul G8, la scuola Diaz e Bolzaneto dicendo al mondo che il suo polso aveva permesso di mantenere l’ordine pubblico lì a Genova. Era quella strana idea di sicurezza in salsa parafascista che crea il deserto e lo chiama pace. Come va di moda oggi anche in un certo centrosinistra.
Ed era quel Gianfranco Fini che ci veniva rivenduto come statista, con fior di giornalisti che si stendevano ai suoi piedi per leccargli la bava e con una classe politica che lo adorava come fulgido esempio. Ricordatevi gli editoriali, l’entusiasmo e addirittura un certo complesso di inferiorità di una qualche sinistra (che infatti era di destra). Andate a rileggere i nomi, le firme degli editoriali.
Ecco non mi sconvolge scoprire (si sapeva da un pezzo per chi si occupa di criminalità e gioco d’azzardo) che Fini fosse vicino a quel Francesco Corallo che nonostante il curriculum criminale è arrivato fino alle vette delle slot con il beneplacito del governo ma piuttosto mi domando come sia possibile che perduri quel sottobosco lì, di lestofanti morali che volevano rivendercelo per statista. Dove sono, gli scendiletto di Fini, oggi?
Buon martedì.